Il design e la crisi. Parla Silvana Annicchiarico
Come di consueto, è stata l’inaugurazione della nuova edizione del Triennale Design Museum a dare inizio al Salone del Mobile. Prima di tuffarsi nella frenetica design week meneghina, è bene infatti ricordare che cos’è il design italiano. Il direttore Silvana Annicchiarico ci spiega perché il design migliora in tempi di crisi.
Il design italiano oltre la crisi: ha inaugurato appena prima del Salone una mostra di assoluta attualità. Una via per comprendere certi aspetti della crisi attraverso il design e la sua storia?
Sicuramente l’edizione di quest’anno offre nuove chiavi di lettura per interpretare il tema delle crisi. E, allo stesso tempo, fornisce una nuova possibile risposta alla domanda “cos’è il design italiano?”, che sta alla base di ognuna delle edizioni del Triennale Design Museum. Ancora una volta, il design italiano viene indagato da una prospettiva inedita e differente in un rapporto di complementarietà con i percorsi, con le risposte e con le storie degli anni precedenti. Quest’anno, la settima edizione – a cura di Beppe Finessi, con l’allestimento di Philippe Nigro e la grafica di Italo Lupi – indaga la peculiare capacità del design italiano di reagire alle crisi epocali dell’ultimo secolo, elaborando strategie creative e produttive che – dall’autarchia degli Anni Trenta all’austerity degli Anni Settanta, via via fino all’autoproduzione dei giorni nostri – rivelano una straordinaria capacità di innovare, trasformando vincoli e costrizioni in opportunità.
La settima edizione del TDM accompagna all’Expo. Un modo di far trovare il museo già preparato al prossimo, impegnativo anno?
In realtà questa edizione si inserisce perfettamente nel solco del percorso intrapreso ormai sette anni fa dal museo. Si rafforza così sempre di più l’autonomia del Triennale Design Museum e l’idea di un museo mutante che, alle soglie dell’Expo, si prepara per mettersi sinergicamente al servizio della città e dei temi proposti.
L’attenzione e le opere selezionate focalizzano tre periodi ben precisi: Anni Trenta, Anni Settanta e Anni Zero. Perché?
Questi tre periodi sono caratterizzati da un’attitudine a reagire alla crisi in tre distinte modalità, sintetizzate dal sottotitolo dell’edizione: autarchia, austerità e autoproduzione, parole chiave delle possibili soluzioni.
Quindi è vero il paradigma secondo cui le crisi stimolano la creatività?
L’assunto teorico alla base dell’edizione del museo è proprio il fatto che il progettare negli anni delle crisi economiche sia una condizione particolarmente favorevole allo stimolo della creatività progettuale. Ha detto bene Paul Auster: “I momenti di crisi raddoppiano la vitalità degli uomini. O forse, più in soldoni: gli uomini cominciano a vivere appieno solo quando si trovano con le spalle al muro”.
Cosa vedranno gli spettatori di questa edizione del museo?
Il percorso si sviluppa cronologicamente: si comincia con una stanza dedicata a Fortunato Depero, il primo “maker”, e alla sua bottega “Casa d’Arte” a Rovereto, e termina con una stanza a cura di Denis Santachiara dedicata al design autoriale che si autoproduce con le nuove tecnologie. In mezzo, un racconto che mette in scena diversi protagonisti che dagli Anni Trenta a oggi hanno saputo sperimentare in modo libero, creando nuovi linguaggi e nuove modalità di produrre; fra questi, Enzo Mari con la sua autoprogettazione.
Per la messa in scena sono stati scelti materiali poveri ed evocativamente “autarchici”, come l’OSB (materiale composito di pezzi di legno di pioppo del Monferrato), impiegato per quella che ho ribattezzato “strada novissima” che attraversa uno scenario urbano fatto di fronti, cortine e scorci che accolgono i nuclei tematici (come quella di Portoghesi, in occasione della Biennale del 1980, metteva in scena una ricognizione epocale sul postmoderno, così Triennale Design Museum cerca oggi di sviscerare un tema altrettanto forte e urgente). Il percorso lineare si interrompe in corrispondenza degli Anni Settanta, dove gli oggetti esposti si dispongono più liberamente nello spazio, senza coordinate, come se rimarcassero uno spaesamento. Gli ambienti del Triennale Design Museum sono rivisitati in maniera inedita. L’allestimento procede per pieni e vuoti e gioca sulla dialettica finito/non finito. La luce è naturale.
Simone Zeni
Milano // fino al 22 febbraio 2015
Il design italiano oltre la crisi. Autarchia, austerità, autoproduzione
a cura di Beppe Finessi
TRIENNALE DESIGN MUSEUM
Viale Alemagna 6
02 724341
[email protected]
http://www.triennale.it/
Articolo pubblicato su Artribune Magazine Speciale design
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