Architettura e comunità. Il Portogallo di Álvaro Siza
Mettersi al servizio dell’uomo e della città è l’obiettivo primario dell’architetto portoghese. Il quale è partito dalla storia del proprio paese per elaborare un modo di progettare e costruire che tenga conto della dimensione umana, unità di misura fra le più antiche.
IL PROGETTO UNIVERSO
A Oporto ho assistito alla conferenza del premio Nobel per la fisica John C. Matter, astrofisico della Nasa, chiamato in causa per parlare di felicità, “I feel happy when I am…”. Una magia disarmante. Ha citato i suoi maestri Galileo e Einstein per spiegare l’architettura del progetto universo, le sue origini, i suoi limiti illimitati, la sua precarietà, la certezza dell’imprevisto inevitabile. Ha definito i presenti in platea “fatti” dalla stessa materia, stardust, la polvere di cui ogni cosa è “fatta”. Mi sono sentito piccolo, il racconto sul paesaggio cosmico mi ha riportato sul pianeta Terra, il maestro delle stelle mi ha condotto a quello degli spazi, da Matter a Siza.
SIZA, L’UOMO E LA CITTÀ
“Il paesaggio è tutto quello che esiste nel campo visivo”, dice Álvaro Siza, ciò che risiede nel nostro sguardo, il campo di azione con l’uomo al centro della scena, il nostro universo limitato.
Trasformazione, un processo evolutivo inevitabile risultato dell’operato sul campo di azione, dal momento in cui si pensa fino alla messa in scena, alla pratica del pensato; ricostruzione è il processo di “trasformare lo spazio allo stesso modo in cui trasformiamo noi stessi”, atto intrinseco della pratica architettonica. Ciò che importa è dare continuità, trasformando con cautela. Raccogliere e continuare quello che è stato lasciato, “partendo da spazi isolati cerchiamo lo spazio che li sostiene”, utilizzando i reperti, modificandoli, contributo per cambiamenti futuri. L’obiettivo è migliorare la qualità degli spazi e, di conseguenza, le condizioni di vita di chi li utilizza. Per Siza diviene così fondamento imprescindibile dell’architettura il mettersi al servizio dell’uomo e la città, l’uomo nel suo universo limitato.
L’ESEMPIO PORTOGHESE
A partire dagli Anni Settanta, l’Europa si interessa al Portogallo, all’esperienza e alla pratica di un metodo a misura d’uomo, soprattutto dopo la rivoluzione dei garofani che – senza sparare un colpo – aveva deposto il regime totalitario. Gli architetti aiutarono le popolazioni a organizzarsi al fine di partecipare alla trasformazione dei quartieri, costruendosi le proprie case. Le abitazioni collettive di Bouça e di São Victor a Porto sono un magnifico esempio di community empowerment, un atto irripetibile di democrazia.
È un momento unico, di instabilità politica e sociale in tutta Europa.
“Senza conflitto non esiste partecipazione, esiste manipolazione”, disse e dice Siza. L’esperienza portoghese divenne un modello da copiare, da riproporre in altri contesti. Da quel momento l’architettura di un Paese e suoi protagonisti sono presenze costanti nel dibattito internazionale, nelle riviste, congressi, università, musei, biennali e triennali.
“La natura come dimora dell’uomo, e l’uomo, come creatore della natura, assorbono entrambi tutto, accettando o respingendo ciò che aveva una forma transitoria, perché tutto lascia in essi il segno” (Álvaro Siza, Premessa in Professione poetica, Electa, Milano 1986)
Roberto Cremascoli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #29
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