Ai Weiwei, i migranti, la politica. Alla Mostra del Cinema di Venezia
Ai Weiwei, in concorso alla 74. Mostra del Cinema di Venezia, porta sul grande schermo un’istantanea, sociale e politica, che ritrae il fenomeno della migrazione. Lo fa con i colori della povertà, della disuguaglianza e della ricerca di una opportunità.
I gommoni del dolore o della salvezza. Le tempeste nel deserto. La povertà e la ricerca di una vera opportunità di benessere. Human Flow è il film, a tratti documentario, di Ai Weiwei. L’artista, nei panni del regista, si avvicina con una reflex o con il proprio smartphone ai migranti di 22 Paesi, attraverso 40 campi profughi. Si avvicina come per osservare, raccontare e catturare un “fenomeno” sociale senza essere invadente. Human Flow è in concorso alla 74esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. È un film che attirerà una notevole attenzione internazionale, non per la logica o la sperimentazione registica, ma per la grande umiltà di ripresa e racconto. Quello di Ai Weiwei è un percorso al contrario. La sua è una “analisi” che non inizia dai luoghi di destinazione, ma da quelli originari, di partenza.
ESSERE ATTIVISTA PER I MIGRANTI
Ai Weiwei è un dissidente e lotta per i diritti civili. Il governo del suo Paese, la Cina, non lo tiene in grande considerazione, anzi. Negli anni l’artista ha difeso le sue idee al punto di finire in carcere, sempre coerente, da sempre impegnato nei confronti dei migranti. La sua è stata un’infanzia difficile: prima in un campo di rieducazione militare per le idee del padre contrario al Partito Comunista cinese, poi confinato nel deserto dei Gobi. Nel 1981 Ai Weiwei lascia il suo Paese alla volta di New York, lì si innamora dell’arte concettuale di Marcel Duchamp e della Pop Art di Andy Warhol. È qui che diventa popolare, anche per il pensiero anticapitalista che imprime alle sue opere. “My activism is a part of me. If my art has anything to do with me, then my activism is part of my art”, questo è il suo motto.
REALTÀ SENZA DRAMMA
“Cadono missili come fosse pioggia”, racconta alla telecamera un uomo. È l’immagine forte della guerra, di coloro che scappano a causa del fuoco armato, della povertà, in cerca di un riscatto. Con Human Flow, Weiwei compie un’azione di grande civiltà: pone il suo sguardo e quello dello spettatore oltre il confine del dolore e del dramma, mira alla realtà. Chi sei? Da dove vieni? Dove sei diretto? Questi gli interrogativi che pone a diversi uomini e donne. Sono migranti, sono in cerca di rifugio. Chi sono i rifugiati? Sono persone che scappano da condizioni difficili, precarie, di persecuzione. Sono persone che sognano l’Europa! Cercano asilo politico nei Paesi europei, in Paesi che però non hanno norme di integrazione ben definite e per questo, il più delle volte, alla richiesta di “essere riconosciuti come esseri umani” si risponde con distacco, allontanamento e, perché no, anche terrore.
UN FILM POLITICAMENTE CORRETTO
Ai Weiwei presenta un film politicamente corretto. Un percorso che mostra terre povere con persone in povertà. Un cammino di arrivo per molti rifugiati: in Germania, Italia, Francia, Svezia… Un inno al grande valore dei diritti internazionali, di integrazione, alla necessità di creare opportunità e piani di lavoro e scolarizzazione. Quello di Human Flow è un inevitabile e giusto approccio geopolitico, quasi accademico. Una piccola lente in un grande “mare” di persone che si muove da una terra a un’altra, da una vita a un’altra. I protagonisti di Ai Weiwei non sono immigrati o clandestini, sono migranti e rifugiati. Una distinzione di termini necessaria da fare. Perché si tratta di una realtà oggettiva, sociale e culturale, che il nostro tempo vive. Una realtà che appartiene al passato e forse anche al futuro. Human Flow non è un capolavoro cinematografico. È un inno, un grido silenzioso e ordinato, per nulla rumoroso, di libertà e rispetto umano. E unico e coerente è il pensiero del regista: migrare è un diritto, una conseguenza dovuta alla disuguaglianza. Un po’ come disse Franklin Delano Roosevelt: “Ricordate sempre che tutti noi, io e voi in special modo, discendiamo da immigrati e rivoluzionari”. Human Flow serve a conoscere e non a giudicare.
‒ Margherita Bordino
www.labiennale.org/it/cinema/2017
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