Finis Mundi. L’apocalisse dei Sunn O))) a Parma
A distanza di cinque anni dal suo ultimo tour italiano, il gruppo drone doom metal statunitense è tornato in Italia per un’unica e imperdibile data nel Labirinto della Masone a Fontanellato. Un evento corroborato dalla videoinstallazione “Finis Mundi” a cura di N!03, in omaggio ai trent'anni della morte di Jorge Luis Borges.
DA BORGES ALL’APOCALISSE
Finis Mundi è un crocevia spazio temporale di ricorrenze, culti e presagi. Tanto per cominciare si commemora Borges a trent’anni dalla morte. Fu proprio Franco Maria Ricci, fondatore del Labirinto, a pubblicare l’ultimo libro dello scrittore argentino, Finimondi, con le illustrazioni di John Martin, immagini queste a loro volta rievocate nelle proiezioni dello studio N!03, che segue in apertura ai tamburi dei Fudentaiko. Il pubblico è iniziato al rito con un percorso esoterico lungo il labirinto, fino al raggiungimento della piramide al centro. Qui è ormai pronto a ricevere l’apocalisse definitiva dei Sunn O))) (Stephen O’ Malley, Greg Anderson e Attila Csihar con Tos Nieuwenhuizen e Steve Moore). Tutto è predisposto nei minimi dettagli per rendere il luogo, già di per sé affascinante, un’enorme vasca sensoriale.
UN RITO TRASCINANTE
Il concerto inizia alle 23 in punto; come un anacoreta reietto, Attila Csihar appare sulla trabeazione della piramide. È sul punto più alto, un pulpito ancestrale da cui osserva, giudica e compiange il nuovo medioevo in cui viviamo. Il suo cantato ha il sapore di plumbee profezie e d’antichi anatemi, mentre risuona solenne nel vuoto della notte nel labirinto più grande del mondo. Siamo in una sfera sacra senza tempo, dove la musica s’approccia a diventare altro, teatro, performance, insomma è nuda di fronte all’ambizione di sacrificarla in nome d’un rituale collettivo magico, tetro e infernale.
ABBANDONARSI ALLA FINE DEL MONDO
Ma è solo l’inizio. Poi l’officiante svanisce, con esso la piramide e il silenzio si disperdono. Dal palco si alzano fumi rossi, mentre Anderson e O’Malley, a braccia tese verso il cielo, mostrano le lame per il sacrificio, in altre parole le chitarre da cui si libera una bordata di drone monolitici che sommergono il silenzio e ogni cosa. Le vibrazioni potenti raggiungono le vene e gli organi vitali degli astanti, svelando la vulnerabilità della carne nella sua intera pochezza. Sul finale il cantante si tramuta in un dio di un mondo sconosciuto, un essere senza volto corroso dalla condanna eterna al dolore umano, una divinità coronata di spuntoni affilati che urla e si contorce in una muta di specchi. Impossibile sottrarsi. Il pubblico vive estasiato le due ore e venti di spettacolo, di suono tenace e trascendente, lasciandosi trasportare, concedendosi, proprio abbandonandosi all’incedere sinistro di quest’evento apocalittico, unico e irripetibile.
Domenico Russo
https://sunn.southernlord.com/
http://www.labirintodifrancomariaricci.it/
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