Verdena e Iosonouncane, lo split. Tra carne e diluvio

Un gruppo che ha fatto la storia dell'indie rock italiano: oltre 15 anni di lavoro, diversi dischi all’attivo e una malinconia ruvida tutta loro. Dall’altro lato un talento emergente, che mette insieme campionamenti, chitarre e testi raffinati. I Verdena e Iosonouncane si scambiano due brani a testa, in un nuovo EP a quattro mani.

DUE NOMI, QUATTRO BRANI, UN DISCO
Uno di quei casi in cui due nomi insieme preannunciano, a occhi chiusi, qualcosa di buono. Con la speranza di ricavarne anche un po’ di stupore. E però, finché non vedi, non credi. La metafora visiva qui ci sta tutta. Parliamo di dischi. Ma se c’è una cosa che accomuna i Verdena e Iosonouncane, a parte l’essere due stelle della scena indipendente italiana, quel qualcosa ha a che fare con la capacità di generare immagini, suonando. Evocativi per vocazione: un piede nella terra e uno nell’iperuranio, un salto fra le profondità più oscure e un giro fra le stelle.
Diversi nell’approccio ai testi – più ricercato e letterario quello di Iacopo Incani, più punk e intimista quello del terzetto di Bergamo – diverse le generazioni, i background, le strutture armoniche e i suoni: veterani del rock i primi, più giovane l’altro, bricoleur di campionamenti elettronici e perle cantautoriali. La potenza visiva, però, ha la stessa frequenza, lo stesso passo.

Questo piccolo progetto lo avevano annunciato lo scorso giugno. E tra i fan fu subito entusiasmo. Il 2 settembre, finalmente, è arrivato. Uno split, prodotto dalla Universal, che simmetricamente assegna due pezzi della band al collega, e viceversa. Iosonuncane rilegge Diluvio e Identikit, tratti dall’ottimo doppio album Endkadenz, mentre i Verdena ricambiano facendo alla loro maniera Tanca e Carne, due brani del sorprendente DIE. Entrambi i dischi tra le migliori produzioni italiane a cavallo tra il 2015 e il 2016.
E a proposito d’immagini, partiamo dalla cover psichedelica del vinile (sole 1.500 copie in edizione limitata, subito sold out), che è una specie di sole mistico, a metà tra allucinazione lisergica e pattern new age. Onirici, fin dalla presentazione. E così procede anche l’EP, che a sentirlo – dicevamo – lo stupore è arrivato eccome: un piccolo gioiello, in cui si rinnova l’orgoglio di una scena indipendente seria, forte, che resiste e che lavora. Facendo buoni numeri e macinando ottime intuizioni.

I Verdena

I Verdena

I VERDENA SECONDO IOSONOUNCANE
Nessuno stravolge niente, eppure lo sguardo dell’altro tira fuori forme e qualità nascoste di ogni pezzo. I brani mantengono la struttura, mentre trasmutano. Incantevole Diluvio, che scioglie la sua malinconia analogica in un tappeto elettronico ampio, dilatato, ieratico, trovando altre cadenze percussive, cori, sussurri, cavità, chiaroscuri, meditazioni. L’emotività iniziale si fa preghiera, inno sacro, lungo il flusso nostalgico della versione di partenza. “Di nuovo scompaio se te ne vai / Insieme noi siamo pari / Su di noi non crescerà un mai / Ma tu cresci in me…”: marchio di fabbrica Verdena, con la trama vocale che trova qui un respiro nuovo, in lentezza.
Identikit si tinge invece di una cupezza sinistra, fatta di echi, folate di vento, sospensioni, aperture improvvise. Iosouncane lavora di atmosfere, con un tocco coltissimo, ancora nel rispetto del brano, ma senza limitarne le possibili estensioni. Ipnotica la coda strumentale, ripresa dall’originale, e risolta con stratificazioni ossessive di drum, bassi, beat martellanti. Intorno una nebbia rarefatta, che nell’immaginazione diventa pulviscolo, dissolvenza. Poi, la quiete. Lo spirito del suono che rimane.

Jacopo Incani aka Iosonouncane

Jacopo Incani aka Iosonouncane

IOSONOUNCANE SECONDO I VERDENA
Tanca è una specie di poema, un dipinto che rispolvera il sentimento del sublime, il ritratto di un paesaggio fertile, diurno: pieno di sole, di pathos, di sale. Qui precipitato in una inevitabile pasta post rock. E intanto “è freddo il sonno, è grande il mare, è alto il giorno che cadrà”. Le chitarre malate dei Verdena aggrovigliano i volumi aulici di Incani, li sfaldano, li rompono, poi li ricuciono tra inserti melodici avvolgenti. Quindi la chiusa in grande stile, tra dinamiche sincopate e lamenti dal sottosuolo. E i paesaggi diventano astratti, interiori.
Attacco deciso per Carne: il graffio lontano è quello della voce di Alberto Ferrari, che snocciola il testo di Incani insieme a un distillato di suoni rauchi, attorcigliati. Ancora una volta dolcemente, selvaticamente rock.  E sembrano quasi parole loro, canticchiate come ninnananne gotiche, lasciate tra i denti senza troppo pensare: “Batte scirocco sulle prore, / batte alle porte e prende il mare. / Ogni giorno si sveglia e muore, / ogni giorno si sveglia e cade”.
Coerente, quasi sfornato da un’unica mano, lo split rinnova il senso e la bellezza dello scambio. E lo fa costruendo quella che potremmo definire una sintesi perfetta. Una miscela organica di voci e intenzioni, di storie e sperimentazioni. Scomparsa la linea di separazione tra il prima e il dopo, tra l’uno e l’altro, l’architettura si compie, nel lusso della differenza e del ritorno. Un intero disco nuovo di zecca, scritto, suonato e prodotto insieme, potrebbe essere la sfida di domani.

Helga Marsala

www.verdena.com
www.iosonouncane.it

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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