Pillole di danza da Oriente Occidente. A Rovereto

Eclettismo, multiculturalità e innovazione. Il festival di danza Oriente Occidente ospita a Rovereto i nomi più importanti della danza internazionale. Tra questi la Compagnie La Baraka di Abou Lagraa con il debutto in prima mondiale di “Wonderful one” e il coreografo tibetano Sang Jijia che fa dialogare Oriente e Occidente nel rapporto tra Pathos ed Ethos.

Un coreografo di fama internazionale di origine tibetana, attivo in Cina, Sang Jijia, e una delle compagnie indipendenti di danza contemporanea più prolifiche del panorama italiano: la Spellbound Ballet. Il festival Oriente Occidente, in nome di quei dialoghi che costituiscono il DNA del cartellone, ha ospitato a Rovereto PA/Ethos, che già nel titolo replica la dualità come forma dell’armonia. Morale e sentimento, direbbe Aristotele e non Austen, perché il lavoro è la transizione possibile tra la gestualità sociale, quotidiana, cronachistica e la regola cadenzata nelle arti marziali, nel corpo che medita.
Materia e forma, dove la prima, come da tradizione artistica, freme di carne e caos al solo “pensiero” del confine e del limite. Gli equilibri fragili della vita sociale si liberano in un corpo attivo, pulsante di emozioni. Il bello, l’estetico comunica solo in un’esperienza etica.
La quotidianità sembra essere un reticolo di relazioni che stancamente si ripetono dentro stilemi stereotipici. La grammatica della prima parte è paratassi regolare in cui una accentuata punteggiatura segna pause e sospensioni. Più cupa la seconda, affidata ai danzatori dello Spellbound. Con i volti coperti di cerone si slegano e si tengono sospendendosi tra pensiero e azione e svelando che anche le pause sono tenerezza, inquietudine, rabbia, paura. I corpi in una giostra ritmata dalla musica sono un carosello di inarcamenti e curvature stagliandosi e mimetizzandosi in un gioco di chiaroscuri dal fondale alla Daniel Buren. Questo ci dice Sang Jijia con le due parti dello spettacolo illuminate da Marco Policastro e dalle proiezioni di Luca Brinchi e Roberta Zanardo di Santasangre. La loro operazione rende mobile la scenografia dando tridimensionalità al fondale bianco.  Il beat elettronico di Dickson Dee rende l’atmosfera electro-minimalist, spaziando dall’elettronica al new classical.

Sang Jijia, PA/Ethos. Photo Maurizio De Virgiliis

Sang Jijia, PA/Ethos. Photo Maurizio De Virgiliis

ABOU LAGRAA E LA MERAVIGLIA

Il festival intanto aveva aperto con Abou Lagraa e la Compagnie La Baraka, tornati a Rovereto con la prima mondiale, Wonderful one. “Le mie origini algerine” – aveva detto Lagraa – “sono incise nella mia filosofia di vita e soprattutto nel mio corpo. Ridondante e ‘chiacchierona’ la mia gestualità delle braccia; l’origine dei movimenti è nel bacino. Per mia fortuna, i miei genitori non avevano alcun tabù nell’espressione dei sentimenti, nonostante mi sia nutrito di cultura del Maghreb”.
E nessun tabù per raccontare in Wonderful one la complementarietà di maschile e femminile, soprattutto se quest’ultimo si libera dai divieti imposti dalla società coranica. Sul palco dello Zandonai prima un duetto maschile e poi un trio femminile per cercare, come ricorda il titolo, “la meraviglia custodita dall’essere umano”.
Il duetto maschile è un equilibrio tra meccaniche da pupi siciliani e ferina animalità. Un combattimento orchestrato su quello di Tancredi e Clorinda di Claudio Monteverdi.
Uno spartito per un unico copro sospeso su un filo rosso che permea le carni di ambiguità, dubbi. L’energia che attraversa i due danzatori è forzata fino al limite fisico e alla trance. Il trio femminile, invece, una festa di liberazione dell’individualità sostenuta da voci emblematiche di celebri cantanti del mondo arabo come l’egiziana Uum Kalthum e la libanese, di origine cristiana, Soeur Marie Keyrouz. Le tre danzatrici, uscite da una sorta di gabbia di Mona Hatoum si creano uno spazio di libertà interpretativa ed espressiva spezzando le linee di una forma antica scritta sui codici lontani delle danze tribali.

Simone Azzoni

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Simone Azzoni

Simone Azzoni

Simone Azzoni (Asola 1972) è critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea presso lo IUSVE. Insegna inoltre Lettura critica dell’immagine e Storia dell’Arte presso l’Istituto di Design Palladio di Verona. Si interessa di Net Art e New Media Art…

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