Right to the City. Atlas of Transitions Biennale a Bologna
“Right to the City” è la prima tappa di “Atlas of Transitions Biennale”, curata da Piersandra Di Matteo e promossa da ERT. Un progetto europeo che mappa la città di Bologna coinvolgendo tutto il tessuto sociale in eventi performativi, installazioni, happening, dj set, house concert, film (il festival si incrocia con la programmazione del Biografilm) e in tante altre pratiche partecipative.
L’azzurro, la terra, detriti sparsi, una struttura malmessa, una bottiglia di plastica, una porta spalancata. È una delle immagini scattate da Matteo de Mayda nel Ghetto di Rignano Scalo, a Foggia, un luogo in cui un anno fa sono morti due migranti, che vivevano nella baraccopoli, a causa di un incendio. Capitanata, una pianura dal nome bizantino ancora rigogliosa di frutti: è da qui infatti che viene prodotto il 40% dei pomodori in Italia. Ma è anche l’immagine con cui si presenta Right to the City, le prime dieci giornate (15-24 giugno) di Atlas of Transitions Biennale, curate da Piersandra Di Matteo e realizzate in collaborazione con Cantieri Meticci e il Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna. Un progetto europeo co-finanziato dal programma Creative Europe, di cui Emilia Romagna Teatro Fondazione è capofila tra i dieci paesi partner.
Prima tappa di Right to the City: visita guidata della collezione permanente del MAMbo, con cui è stata presentata l’opera collettiva concepita da Muna Mussie, artista eritrea residente a Bologna. Punteggiatura, un libro di stoffa realizzato in collaborazione con la Scuola delle Donne del Pilastro e la Biblioteca Italiana delle Donne, in cui le parole vengono ricamate sul tessuto, come a voler concretizzare, rendere tangibile, ciò che per sua natura è strumento evocativo di immaginari. E il filo conduttore del nostro cammino si avvolge al filo che imbastisce le frasi, gli schizzi, le direzioni, ci tira fino a farci posizionare intorno all’opera, ci abbandona alla voce di Kimia Ghorbani (prima donna a fare musica di strada sotto il regime degli ayatollah), spezzata imprevedibilmente dal canto urlato, segnato dal tempo, di una donna eritrea, un canto che prende allo stomaco, increspa gli animi più imperturbabili.
VAGABONDARE IN CITTÀ
Ci muoviamo con “smania vagabonda”, come ama definirla la curatrice citando Robert Walser. La stessa smania che ci aiuta a intelare una mappa, a concretizzare “l’idea del vagabondare senza una meta che per Walser diventa quasi una dimensione esistenziale. Si parte dall’idea che la città deve essere la protagonista, creando nuovi modi di interazione tra cittadini, residenti italiani e stranieri, migranti, richiedenti asilo, rifugiati politici”.
Così ci avviciniamo a Vedute Prossime, percorso visivo e sonoro inaugurato nel Garage dell’Arena del Sole, visitabile fino alla fine del festival, in cui, oltre a imbatterci nuovamente in Punteggiatura, posizionata quasi al centro della stanza, si incontra Capture from Unleashing Ghosts, collage di 200 istantanee che ripercorrono le fasi di studio di un gruppo di giovani, “mappature corporee” realizzate con il metodo EM Tools, creato da Alessandro Carboni, artista sardo attivo tra Europa e Giappone interessato a catturare/estrarre lo spazio urbano attraverso il corpo.
Ci si guarda intorno, ci si siede su una panca. Si ascoltano le “mappature sonore” di (In)visible sound, pensate da Anna Raimondo, artista italiana di stanza a Bruxelles, che amplifica, con ironia, intimità e profondità, le voci senza volto, i ritratti in prima persona di coloro che vivono lo stato di clandestinità quotidianamente. Intanto il Garage pare diventare una piazzetta in cui i visitatori esplorano e si bloccano inevitabilmente in Tentativi di esaurimento di alcuni luoghi bolognesi di ZimmerFrei, inaspettati fermo immagine che incollano lo sguardo allo schermo, o si soffermano a osservare le cartografie macchiate dall’inchiostro nero di Cities by Night_Bologna, esito visuale della performance Bologna by Night di Valentina Medda già presentata a Danza Urbana 2017, da cui nascono nuovi confini tracciati da donne di diversa età chiamate a camminare da sole di notte.
“Si parla spesso del rapporto centro-periferia. È stato subito chiaro che questa relazione non dovesse essere “cosmetica”, volevamo occuparci di un luogo, guardarlo, conoscerlo” – continua Piersandra. “Abbiamo coinvolto il Centro Sociale del Biacco e Hub Mattei, il più importante centro d’accoglienza dell’Emilia Romagna, entrambi situati vicino a Piazza dei Colori, una delle tappe periferiche del festival, un posto poco conosciuto fatto di case di edilizia popolare, in cui vivono perlopiù immigrati di prima e seconda generazione e abitanti di Bologna”.
IL CONFRONTO CON LA REALTÀ
Un racconto, dunque, che inevitabilmente “si sporca” di realtà, soprattutto quando durante l’incontro con Rachid Benzine, islamologo e politologo di origini marocchine, programmato nella seconda giornata nel Chiostro dell’Arena del Sole, scopriamo che Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale qui in veste di coordinatrice, è assente perché chiamata d’urgenza a Valencia per la complessa questione di Aquarius. Ascoltiamo Rachid dire che il teatro ha il dono di mostrare una realtà diversa, che il teatro è un’esperienza collettiva sublime con un potere straordinario che non viene sfruttato abbastanza. Ci interroghiamo allora sul nuovo governo italiano, su come il diritto alla città si stia trasformando in un mosaico di incertezze, su come l’arte si possa adattare a urgenze sociali di cui si sente sempre di più il bisogno di parlare.
Come spiega la curatrice: “L’arte e le pratiche partecipative possono insegnare un nuovo modo di vivere la città, a riscrivere nuove traiettorie che vadano anche in controsenso, che rallentino il ritmo, che facciano incontrare le persone, le identità. Atlas dimostra che la città non è un palcoscenico, ma è un posto in cui addirittura le presenze si mimetizzano. L’obiettivo è: non cadere nella retorica del “povero migrante”. Abbiamo lavorato con tutte le associazioni culturali locali, abbiamo mosso un nuovo tessuto sociale. Il mio lavoro come curatrice si è trasformato in un grande esercizio di umanità. Credo che immergersi in tali processi sia un modo per dare un volto incarnato a questa lotta. Tanti piccoli tasselli fanno una costellazione. Il diritto alla città è un diritto che ha a che fare con una forma di resistenza attiva. C’è una mobilitazione in atto… la vera necessità è quella di trovare i modi per renderla visibile”.
‒ Alessandra Corsini
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