Gustav Klimt, Giuditta e la seduzione. In dialogo a Mestre

Centro Culturale Candiani, Venezia-Mestre – fino al 5 marzo 2017. Ultimi giorni di tempo per visitare il primo esperimento dialogico messo in campo dalla Fondazione Musei Civici di Venezia nell’ambito della propria collezione. Stavolta i riflettori illuminano il maestro della Secessione Viennese, punto di partenza per un confronto a più voci su un tema sempre attuale.

È un’operazione che fa ben sperare nel tanto atteso rilancio della terraferma veneziana quella avviata dalla Fondazione Musei Civici della città lagunare. L’obiettivo è chiaro ed efficace: instaurare un ciclo di “conversazioni” creative attorno alle opere appartenenti alle collezioni civiche di Venezia, rispolverandone il prestigio e dando vita a efficaci cortocircuiti visivi fra epoche e artisti. È spettato al nume tutelare della Secessione Viennese aprire le danze, attraverso uno dei suoi dipinti più iconici: l’ipnotica Giuditta. Simbolo femminile complesso e ammaliante, il soggetto scelto da Gustav Klimt (Baumgarten, 1862 – Vienna, 1918) affonda le radici nella tradizione biblica, cui si affianca, tuttavia, una fitta trama di valenze profane, legate alle molteplici sfumature del femminino. Emblema di coraggio e ferocia – condensati nel taglio della testa di Oloferne –, Giuditta è una donna che incute timore e affascina, che seduce e respinge. Ed è proprio la seduzione il fil rouge dell’intera rassegna, costellata di oltre ottanta opere, provenienti perlopiù dalle collezioni veneziane, che animano un racconto corale incentrato sulle tante anime della femminilità e sulla percezione di esse, spesso distorte dal pregiudizio.

Jacopo Amigoni, Giaele uccide Sisara, 1739-52, olio su tela

Jacopo Amigoni, Giaele uccide Sisara, 1739-52, olio su tela

I VOLTI DI GIUDITTA

Giuditta II (Salomè), conservata presso Ca’ Pesaro, è il centro propulsivo di un allestimento sapientemente orchestrato da Pier Luigi Pizzi. Disposte su quinte nere, che virano dall’opaco al lucido, le opere in mostra paiono trarre linfa dal capolavoro klimtiano, collocato in una posizione non centrale, ma astutamente studiata per farne percepire la costante presenza. Attorno a essa, come su un palcoscenico teatrale illuminato con maestria, si avvicendano volti e gesti, sguardi e allusioni che catapultano lo sguardo nella profondità dell’universo femminile e dell’iconografia associata a esso. Ecco allora emergere dagli sfondi cupi i corpi nudi immortalati da Mariano Fortuny y Madrazo nei suoi scatti o quelli tratteggiati da Egon Schiele, le donne-demoni raffigurate da Edvard Munch e la Giuditta settecentesca di Jacopo Amigoni, eternata nel gesto di uccidere Oloferne. A controbilanciare gli equilibri cromatici degli allestimenti, il poderoso fregio di Vittorio Zecchin, omaggio ai decori secessionisti e a una figura femminile lontana dai tumulti dei sensi. A uno sguardo d’insieme, la rassegna mantiene le promesse dialogiche, includendo nei propri orizzonti anche la contemporaneità, testimoniata dagli oli iperrealistici di Rocco Normanno e dal materasso consunto di Sarah Lucas.

Arianna Testino

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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