Morto a Milano Gualtiero Marchesi, lo chef che amava l’arte. Aveva 87 anni
Si è spento nella sua casa di Milano Gualtiero Marchesi, artista della cucina che guardava al lavoro degli artisti visivi. Nei suoi piatti Pollock, Burri, Piero Manzoni.
Milano piange uno dei suoi figli più celebri, non solo una grande nome della ristorazione italiana, maestro indiscusso di più generazioni di cuochi, ma un uomo di profonda cultura, appassionato di arte e di musica classica. È morto, nella sua casa milanese, per arresto cardiaco in seguito ad una lunga malattia, Gualtiero Marchesi. Il primo chef italiano a raggiungere le tre stelle Michelin aveva 87 anni.
LA PASSIONE PER LA CUCINA
Nato a Milano nel 1930 da una famiglia di ristoratori e albergatori, Gualtiero Marchesi decide di non seguire da subito le orme dei genitori e va a formarsi in Francia dai grandi maestri dell’alta cucina degli anni Settanta. Solo nel 1977, non più ragazzino, torna in Italia e fonda a Milano il suo primo mitico ristorante in Via Bonvesin della Riva. Nei due anni successivi subito due stelle Michelin. Diviene una star della ristorazione internazionale quando riceve nel 1986, primo chef in Italia, le tre stelle della guida francese che poi restituisce nel 2008 come forma di protesta. Nello stesso anno diventa titolare del ristorante Il Marchesino in piazza della Scala, nel frattempo nel 1993 in una Milano falcidiata da Tangentopoli trasferisce il suo ristorante in Franciacorta ad Erbusco.
Marchesi ha ottenuto un numero infinito di premi e di riconoscimenti tra cui, nel 1991, il titolo di commentatore conferitogli dal presidente Cossiga. È stato il maestro indiscusso di più generazioni di cuochi e quasi tutti gli chef italiani più famosi si sono formati nella sua cucina. Nel 2004 ha fondato ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana con sede a Parma, per formare cuochi e pasticceri come racconta in questa lunga intervista ad Artribune.
E QUELLA PER L’ARTE
Da sempre appassionato di arte contemporanea, Marchesi è stato amico di alcuni dei più importanti artisti del Novecento come Lucio Fontana, Piero Manzoni e Michelangelo Pistoletto. Un interesse profondo che si è manifestato fin dalle origini della sua carriera visto che già nel suo primissimo ristorante, lo chef aveva scelto di adornare ogni tavolo con una scultura di Arnaldo Pomodoro (il design tutto intorno era Castiglioni). Marchesi, che amava definirsi “cuoco compositore”, non ha mai fatto mistero di essersi ispirato ad alcuni capolavori dell’arte nella costruzione dei suoi piatti. Esempi? Il celeberrimo “Dripping di pesce”, maionese e verdurine, ispirato alle tele di Jackson Pollock o “l’uovo al Burri” o gli “Achrome di branzino” che richiamano i lavori di Piero Manzoni. Recentemente è stato giustappunto protagonista su Sky Arte di un programma televisivo con Francesco Bonami in cui svelava il rapporto tra alcune opere d’arte del Novecento e i suoi piatti più celebri.
LA FONDAZIONE MARCHESI
Negli ultimi anni Marchesi si è impegnato a fondo nella sua Fondazione creata nel 2010 in occasione del suo ottantesimo compleanno e gestita da suo genero Enrico Dandolo. Una fondazione impegnata “nell’insegnamento del buono e la cura del bello”, in particolare nella diffusione delle arti attraverso il gusto. Non si tratta però di una organizzazione finalizzata solo al sapere culinario. La fondazione offre corsi di musica, di pittura, di scultura, laboratori teatrali e culinari per studenti. Il progetto più recente della Fondazione è legato ad un vecchio sogno dello chef milanese, quello di creare una casa di riposo per cuochi che sorgerà a Varese e i cui lavori inizieranno nel 2018. Il modello di riferimento è la casa di riposo Giuseppe Verdi a Milano che accoglie gli ex musicisti. Un luogo voluto da Marchesi per accogliere i cuochi anziani che potrebbero mettere il loro bagaglio di esperienze al servizio di giovani studenti. Unica richiesta per poter accedere alla casa di riposo è aver lavorato effettivamente come cuoco per tutta la vita. Ultimo lascito di un personaggio cruciale per l’identità italiana dell’ultimo quarantennio.
– Mariacristina Ferraioli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati