Un Barocco moderno. Elisabetta Sirani a Firenze

Dopo la retrospettiva bolognese di Palazzo dell’Archiginnasio nel 2005, la pittrice torna protagonista a Firenze con 34 opere fra dipinti e disegni, in una mostra curata da Roberta Aliventi e Laura Bettina Da Rin presso la Sala Detti e la Sala del Camino della Galleria degli Uffizi. Una personalità da ricordare nella Giornata internazionale della donna.

Ad affascinare e stupire i suoi contemporanei, non fu soltanto la bellezza che la caratterizzava; Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665) fu una donna di straordinario talento artistico ‒purtroppo non completamente espresso a causa della prematura scomparsa ‒, così come di energica personalità, che ad appena ventiquattro anni le permise di assumere la guida della bottega pittorica del padre, gravemente malato di gotta e impossibilitato a dipingere. Anche per questa ragione, oltre all’indiscusso talento, Elisabetta divenne una delle figure principali di quel movimento pittorico seicentesco noto come Scuola Bolognese, che aveva avuto in Lavinia Fontana una “madrina” d’eccezione.
Abile promotrice di se stessa, Elisabetta non mancava mai di firmare i suoi dipinti, quando ancora ciò non era una consuetudine diffusa, e si divideva instancabilmente fra la direzione della bottega del padre e la sua attività pittorica. E forse lo stress da superlavoro può essere stata la causa di quella morte per un attacco di peritonite seguita alla rottura di un’ulcera peptica. Aveva appena ventisette anni, e per lungo tempo dopo la sua scomparsa circolò la leggenda secondo cui fosse morta avvelenata, per mano dell’allieva Ginevra Cantofoli, gelosa della sua bellezza e sua rivale in amore. Anche all’epoca non mancava il gossip.

Elisabetta Sirani, Madonna col Bambino e San Giovannino, 1664. Pesaro, Musei Civici – Palazzo Mosca

Elisabetta Sirani, Madonna col Bambino e San Giovannino, 1664. Pesaro, Musei Civici – Palazzo Mosca

UNA PITTURA GENTILE E INNOVATIVA

Bella, gentile e dai modi raffinati, era considerata la “gemella” di Raffaello, e a lui accomunata anche dalla tragica coincidenza di una morte in giovane età. Come alla giovane età datano i suoi esordi pittorici, appena diciassettenne, dopo la formazione nella bottega del padre Giovanni Andrea, già allievo di Guido Reni, la cui lezione le giunse appunto in maniera indiretta. Il suo stile rivela una grazia che precorre quella settecentesca, un tocco leggero e una mano rapida e sicura nell’esecuzione, e queste ultime due caratteristiche erano ritenute appannaggio dei soli pittori maschi. Inoltre, disegnava con rapidità, e questa “facilità di mano” le valse il riconoscimento di “Maestra” e di lei si diceva come l’ispirazione le nascesse nella mano ancor prima che nella mente. Nei bozzetti tratteggiava i soggetti con rapidi schizzi e li perfezionava con l’acquarello. La mostra fiorentina, pur non particolarmente estesa, permette comunque di apprezzare la doppia abilità della Sirani, nel disegno come nel dipinto; per il primo utilizzava la penna e l’inchiostro, diluito con il pennello, mentre in pittura vantava una pennellata materica, attraverso cui cercava la sintesi fra Reni, i Carracci, il Guercino, e il conte bolognese Carlo Cesare Malvasia, collezionista e critico d’arte ante litteram, fu il primo ad accorgersi di questo vibrante eclettismo, che già aveva apprezzato negli stessi Carracci.
La pittura della Sirani ebbe registri espressivi diversi, dalle Madonne per la devozione privata alle grandi pale d’altare (dalla teatralità che riecheggia Guercino) fino alle allegorie mitologiche, nelle quali emerge tutta la grazia femminile con cui illuminò e illeggiadrì uno stile sussiegoso e malinconico come il Barocco. Dinamica che emerge più marcatamente nella seconda fase della sua carriera, a partire dal 1664, anno in cui ricevette la prestigiosa commissione del Cardinal Leopoldo de’ Medici.

Elisabetta Sirani, San Girolamo. Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe

Elisabetta Sirani, San Girolamo. Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe

BOLOGNA, DOTTA E INDUSTRIOSA

Fra il XVI e il XVII secolo, Bologna era una città florida, sede di lavorazioni che la resero famosa in tutta Europa, dove trovavano un vasto mercato. Fra i prodotti principali, spiccavano i filati e veli di seta ottenuti all’interno delle mura cittadine, che ne garantivano la segretezza delle procedure, utilizzando il mulino da seta alla bolognese, tra i più efficienti all’epoca, dotato di incannatoio meccanico collegato agli organi di trasmissione del filatoio, che riduceva i tempi di produzione dei filati e migliorava la qualità del prodotto. Anche grazie alla seta, a Bologna esisteva un’aristocrazia aperta all’Europa, che aveva nell’etica dell’industria comunanza con quella protestante, e i commerci intrattenuti con Paesi quali Germania, Olanda, Francia contribuivano alla circolazione delle idee e al progresso sociale.
Per questo, nel plumbeo panorama degli Stati della Chiesa negli anni della Controriforma, la città felsinea rappresentava una straordinaria eccezione, considerando il vivace clima culturale e sociale che la caratterizzava. Le donne vi godevano una particolare considerazione, e ricoprivano cariche importanti sia in ambito civile sia in quello religioso, così come ricevevano adeguato sostegno tutte quelle artiste che avessero dimostrato talento. Come accennato, Elisabetta fu al centro di una scena artistica femminile che in Italia non aveva eguali (la sua bottega aveva solo allieve, ad esempio), e che oltre alle pittrici vantava personalità come Lucrezia Vizzana, gentildonna che fu monaca nel Convento di Santa Cristina della Fondazza, e celebre compositrice di musica sacra nonché cantante e organista.

Elisabetta Sirani, Anna Maria Ranuzzi ritratta come la Carità, 1665. Bologna, Collezioni d'Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

Elisabetta Sirani, Anna Maria Ranuzzi ritratta come la Carità, 1665. Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

UNA FAMA EUROPEA

Oltre al padre, anche il Malvasia fu un grande estimatore della pittura di Elisabetta, e insieme i due svolsero un’intensa attività di promozione della sua pittura sia presso le famiglie aristocratiche bolognesi, sia, per loro tramite, presso altre famiglie italiane, a cominciare dai Medici di Firenze; i quali, nel 1664 ‒ per tramite del Cardinal Leopoldo, raffinato collezionista ‒, le commissionarono il ciclo allegorico delle Virtù. A Bologna aveva ottenuto grande successo fra la nobiltà locale, con la creazione di ritratti sociali allegorici, come quello esposto a Firenze della Contessa Anna Maria Ranuzzi in veste della Carità. Fra le sue estimatrici, anche la Duchessa di Parma e quella di Baviera.
Personalità energica, che conduceva la bottega di famiglia con carattere, dedicandosi all’amministrazione e anche al suo lavoro di pittrice, per il quale aveva compreso l’importanza dell’organizzazione affiancata al talento: le quasi 200 tele che realizzò furono da lei diligentemente annotate nel diario di lavoro Nota delle pitture fatto da me Elisabetta Sirani (pubblicato postumo dal Malvasia). Assistita dal padre e dal Malvasia, fu una brillante “manager” di se stessa, che dedicò la sua breve vita interamente al lavoro. A distanza di secoli, oltre alle sue opere, di lei resta la memoria di una personalità innovativa, socialmente all’avanguardia, e di un talento che avrebbe potuto offrire ancora nuove strade alla pittura, se non fosse stato spento da una morte prematura.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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