Liu Bolin, un cinese in Sicilia. Performance e foto con i profughi. Retorica sui migranti?
Un celebre artista cinese, noto anche per la bella campagna pubblicitaria per Moncler, realizzata con Annie Leibovitz, mette in scena le sue performance camaleontiche in Sicilia. Il tema è quello dei migranti e dei naufragi. Le foto, il video e i dubbi…
Pittura, performance, fotografia. Liu Bolin, classe 1973, fra le star dell’arte contemporanea cinese, mette insieme diversi linguaggi per costruire una personale dimensione immaginativa intorno al concetto di camouflage, spesso toccando temi sociali legati agli effetti dell’inquinamento. È l’ossessione di sparire, di perdere i contorni propri e trasfondersi nei luoghi: la pelle come confine invisibile, il corpo dipinto come prolungamento del paesaggio. Un’intuizione declinata in mille contesti, fino a farne maniera.
MIGRANTI COME MONOCROMI
In Sicilia Liu Bolin guarda ai migranti. E lo fa con Migrants, un progetto realizzato nel 2015, insieme a un gruppo di profughi ospitati dal C.A.R.A. di Mineo. Sono loro i protagonisti di tre azioni pubbliche e delle relative documentazioni fotografiche: scatti studiati con estrema cura, in cui l’epica umanitaria schiaccia l’occhio al pop e si risolve in una illustrazione sentimentale del dolore. E sono corpi di migranti come monocromi compatti, una enfatica pietà laica dipinta di blu come blu è la bandiera di un’Europa senza stelle e senza frontiere: due continenti fusi, in un destino solo. Poi una massa color sabbia sulla riva – in apparenza dei cadaveri, in realtà superstiti riemersi dal ventre marino – e un’altra con la speranza disegnata addosso, in punta di pennello e a caratteri cubitali: Future, uno statement, uno slogan, una decorazione. Altre foto rimettono al centro la figura dell’artista, mimetizzato con uno scorcio del porto di Catania, tra i pescherecci dell’orrore.
Oggi a Palermo, ai Cantieri Culturali alla Zisa, un evento presenta il lavoro – prodotto dalla galleria Boxart di Verona – nell’ambito di BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, un festival promosso dall’assessorato comunale alla Cultura.
L’INSIDIA RETORICA
L’intenzione socio-politica e la spinta emotiva ci sono tutte. E nel coinvolgimento diretto dei clandestini, nella volontà di raccogliere le loro storie, nell’accortezza di scansare dettagli luttuosi, il lavoro è sottratto all’insidia della strumentalizzazione.
Eppure non basta. In generale, l’urgenza di confrontarsi con un tema drammatico come quello delle migrazioni e dei cimieri in mare, è direttamente proporzionale alla difficoltà di azzeccare una chiave autentica, priva di artifici o forzature, né didascalica né estetizzante. Un fatto raro. E Liu Bolin è qui che inciampa.
Confezione retorica per una questione immensa, che stordisce e sospende giudizi, logiche, strategie. Tutto troppo grande, troppo straziante. Troppo, per piegarsi a una formula codificata, reiterata, divenuta esercizio di stile.
– Helga Marsala
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