Sensi vs materia. Effimera a Modena
MATA, Modena – fino al 7 maggio 2017. Con le sue sedi espositive comunali, Modena consolida il suo ruolo di centro pulsante d’arte contemporanea. Negli spazi del MATA è nato una sorta di laboratorio per indagare, attraverso opere recentissime, l’uso avanzato della tecnologia nell’arte.
Tre opere ambientali, tre artisti italiani, tre generazioni (quelle dei nati negli Anni Sessanta, Settanta e Ottanta): sono i numeri della seconda edizione di Effimera, che quest’anno si concentra su un sottotitolo d’impronta estremamente sensoriale, coinvolgendo soprattutto la vista e l’udito. Suoni, luci e visioni sono quindi le parole chiave che creano un percorso immersivo tra le opere di Carlo Bernardini (Viterbo, 1966), Sarah Ciracì (Grottaglie, 1972) e Roberto Pugliese (Napoli, 1982), costituite rispettivamente da un’installazione luminosa in fibra ottica, da un “affresco digitale” – come viene definito il video della seconda artista –, e da un’installazione sonora.
L’associazione dei differenti stili e lavori è per i curatori Fulvio Chimento e Luca Panaro occasione per riflettere sulle modalità del fare artistico contemporaneo, sull’immaterialità delle opere che caratterizza gli ultimi decenni, sull’uso della comunicazione e della tecnologia all’interno delle poetiche scelte dagli artefici più giovani (ricordiamo che la precedente edizione si concentrava sull’utilizzo del web come strumento di conoscenza artistica e relazionale).
IL LEGAME CON LO SPAZIO
Quel che emerge con grande forza nelle tre sale del percorso è il profondo rapporto con lo spazio: evidentissimo ed esplicitamente dichiarato nei disegni di luce generatori di forme geometriche piane di Bernardini – che si relazionano quasi sempre con le architetture per le quali vengono progettati, dando spesso vita a un inedito dialogo tra edificio antico e nuove tecnologie – lo spazio in un certo senso è centrale anche nel lavoro di Roberto Pugliese, che in Emergenze acustiche elabora appositamente i suoni “servendosi dei dati relativi alle risonanze acustico-architettoniche dell’ambiente in cui l’opera è installata” (Luca Panaro). E lo spazio – inteso questa volta come universo – compare anche nelle immagini di Sarah Ciracì: sia in Like An Ocean With Its Waves… sia in altri video del passato, compaiono spesso astronavi stereotipate, stelle e fotografie della Terra.
TRA PASSATO E PRESENTE
Insomma, le tre opere vogliono essere espressioni di un’arte “in grado di ‘colonizzare’ la dimensione reale e di estendersi anche ai luoghi del vivere abituale” (Fulvio Chimento), ma senza dubbio tengono conto di un passato che ha visto nella nascita dell’arte programmata e cinetica un modello cui ispirarsi. Debitori nei confronti di Lucio Fontana, Gianni Colombo e – per scavare ancora più a fondo alla ricerca delle radici – dei Futuristi, gli artisti di oggi sembrano recuperare il rapporto tra opera e ambiente, innestandovi una sempre più importante componente high tech.
– Marta Santacatterina
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