Una casa in galleria. Intervista a Maria Livia Brunelli
Maria Livia Brunelli apre una home gallery a Porto Cervo, fondata sui concetti di sinergia e ospitalità, che mira a esposizioni istituzionali in Italia e all’estero. Il progetto partecipato si articola in quattro esposizioni a tema, inaugurate ogni venerdì al tramonto e comprensive di cena preparata dagli artisti coinvolti, ispirata alle opere esposte e riservata a soli dieci invitati. Maria Livia Brunelli ci ha raccontato tutti i dettagli.
Già fondatrice di MLB home gallery a Ferrara, hai deciso di aprire la tua casa di Porto Cervo all’arte contemporanea: qual è la motivazione che ti ha spinto a fare questa scelta?
Ho pensato di celebrare i dieci anni di attività con una nuova sede estiva, ma sempre una home gallery, la casa dei miei lunghi soggiorni in Sardegna da quando sono nata, nel 1972. Per me quella sarda è stata una terra terapeutica: arrivata per motivi di salute da una Ferrara nebbiosa e umida, il sole e l’aria mi hanno guarita da una malattia ai polmoni, a due anni. Da allora ho un legame profondo con questi luoghi, fatto di amicizie vere e di riconoscenza, di affetti. Qui visse mio papà appena rimase orfano di sua mamma, perché mio nonno si trasferì ad Alghero per lavorare alla Bonifica della Nurra, partecipando all’edificazione di Fertilia insieme ad altri ferraresi.
Da queste motivazioni nasce il progetto. In molti ricordano, negli anni passati, le intense performance collettive alla Tomba dei Giganti (dove abbiamo realizzato una vera e propria “agopuntura del pianeta”), o il coccodrillo di Stefano Bombardieri sospeso sulla piazzetta della Promenade, dal cui ventre affioravano borse e scarpe, per una sensibilizzazione sulla caccia a questi animali. Ho pensato quindi non solo a una serie di mostre, ma a un progetto più ampio e ambizioso: una riflessione partecipata con collezionisti, galleristi e direttori di museo su temi come la fotografia, il ricamo, la memoria. Per arrivare dalla Sardegna a centri dell’arte internazionale.
Ci spieghi come è nato il progetto Contaminazioni di energie e in cosa consiste?
L’ospitalità è la chiave del progetto, compresa la granitica accezione che tale parola ha nella terra di Sardegna rappresentata dalla Galleria MACCA di Claude Corongiu che svolge, con solitaria forza, il compito appassionante di creare ponti tra l’arte internazionale e il panorama artistico isolano. Il programma prevede una visita guidata alle mostre che cambiano di settimana in settimana, snodandosi tra gli ambienti della casa; e, solo su prenotazione, una cena che consiste in una serie di piatti creati dagli stessi artisti con un legame diretto con le opere esposte, perché, dopo tutto, come disse Frank Lloyd Wright, “una buona cena è ed è sempre stata una straordinaria opportunità artistica”.
Quali sono le tematiche che hai già sviluppato e quelle che svilupperai nei prossimi appuntamenti di questo tuo progetto estivo?
Il progetto si articola in quattro esposizioni, dal 7 luglio al 7 agosto, con cadenze settimanali, ognuna dedicata ad artisti e temi diversi: la memoria, l’arte del ricamo, il rapporto tra arte contemporanea e fotografia.
Tanti gli ospiti tra collezionisti, giornalisti, curatori, artisti e addetti ai lavori: puoi farci qualche nome?
Si incontrano a cena artisti come Mustafa Sabbagh, Silvia Camporesi, Ketty Tagliatti, Janaina Mello Landini, Paulina Herrera Letelier, Maurizio Camerani, ma anche giovani talenti: Anna Di Prospero, Marcello Carrà, Giovanni Gaggia, Marilisa Cosello, Giovanni Scotti, Sonia Lenzi, Barbara Capponi.
Tra gli invitati alle cene, personalità come la direttrice del Guggenheim Circle Gabriella Rinaldi Barbini da Venezia, i galleristi e curatori Pierre Andrè Podbielski da Berlino e Claudio Composti da Milano, il giornalista di Radio3 ed economista dell’arte Diego Mantoan, il curatore della Galleria d’Arte Moderna di Cagliari Efisio Carbone, ma anche personalità del mondo dell’arte di Alghero, Sassari e Oliena, oltre naturalmente a noti collezionisti e appassionati di arte contemporanea.
Fino a ora le tue aspettative sono state soddisfatte?
Decisamente sì, perché sono nate le sinergie e le idee che speravamo. Gli incontri si sono sempre svolti in una atmosfera particolare, passando senza soluzione di continuità dal conviviale all’operativo, dal professionale al colloquiale. Sono nate proposte concrete per San Paolo del Brasile e Miami, ma soprattutto ognuno ha tratto vantaggio dal contatto con le esperienze degli altri. Avremmo certamente potuto organizzare questi incontri in luoghi più comodi a livello logistico come Bologna o Milano, ma qui si respira qualcosa in più. Poi, chi arriva qua apposta con l’aereo, o dopo ore di auto, è già molto motivato a creare qualcosa insieme.
Hai incontrato difficoltà? Se sì, quali?
L’unica difficoltà è quella di confrontarci con la fama del luogo, perché nell’immaginario attuale Porto Cervo è sinonimo di sfarzo, lusso, lustrini e paillettes, quando invece l’idea dei fondatori era quella di un buen retiro in cui godere della natura e dell’otium creativo.
Dopo alcuni decenni di starlette, ora stanno riaffiorando le energie più autentiche di questa terra antica che noi vorremo contribuire a coltivare ed esportare in un connubio virtuoso.
Quali vantaggi potrebbe trarre la terra sarda da questo tuo progetto partecipato?
Faccio un esempio concreto: sto organizzando una grande mostra per la Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia sul tema del ricamo nell’arte. Come già indagato da Cristiana Collu, i collegamenti con la Sardegna sono fortissimi, dallo straordinario lavoro di Maria Lai ai workshop che designer e artisti realizzano a Samugheo con le artigiane della tessitura. Portare queste ricchezze sarde a Venezia, creare una contaminazione tra artisti che utilizzano la fiber art e la tradizione artigianale del merletto di Burano, diventa una operazione importante per ridare valore alla artigianalità del made in Italy innovandola, anche con il supporto delle nuove tecnologie.
Quali sono gli obiettivi della MLB a Porto Cervo?
Vorremmo che tutto ciò che nasce in questo progetto partecipato collettivo venisse poi esportato in realtà estere. Sono già arrivate proposte da una home gallery di livello museale a San Paolo del Brasile, ma anche un tour in case di collezionisti italiani a Miami. Penso anche a Magazzino, che ha appena aperto vicino a New York, con l’obiettivo di dare un supporto alla conoscenza dell’arte italiana in America. Una operazione di questo tipo, patrocinata dal Ministero che ci segue con attenzione e forse curiosità, illuminerebbe di nuova luce tesori preziosi che occorre far conoscere. Fondatore di Magazzino è un sardo di Iglesias… e allora se la mostra sul ricamo la curasse Antonio Marras, il cerchio sarebbe chiuso!
E per quanto riguarda Ferrara, quali sono i progetti futuri?
Una serie di mostre museali, una indagine sulla figura di Pellegrino Prisciani, alchimista e astrologo di corte degli Estensi, una riflessione sul concetto della nostra casa galleria, ospitata in un palazzo del Quattrocento davanti al Castello di Ferrara, definita da Cesare Pietroiusti “galleria relazionale”, che intende coinvolgere artisti come Mustafa Sabbagh e Alberto Garutti. Quando una persona suona al campanello della MLB, non immagina di entrare in una vera casa abitata, e di visitare le mostre nei due saloni della galleria, progetti site specific ispirati alle mostre del Palazzo dei Diamanti, per poi finire la visita guidata nella parte più privata. Come dice mio marito, “abbiamo la camera da letto più affollata d’Italia”.
‒ Roberta Vanali
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