Lione. Intervista con la direttrice della Biennale

“Dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva”. Si potrebbe forse riassumere con questi celebri versi di Friedrich Hölderlin la rilettura della modernità che Emma Lavigne, direttrice della 14. Biennale di Lione, proporrà nei prossimi mesi. Noi l’abbiamo intervistata.

Christine Macel, capo curatrice del Pompidou a Parigi, alla direzione della Biennale di Venezia; lei, direttrice del Pompidou Metz, curatrice della Biennale di Lione: a livello internazionale è un momento importante per l’istituzione parigina.
Bisogna dire che la Biennale di Venezia è una manifestazione importantissima, mentre quella di Lione è una Biennale più piccola, benché abbia una ricca storia alle sue spalle. Quindi sì, siamo molto felici che il nostro lavoro al Pompidou sia riconosciuto da queste Biennali.

Come si spiega la doppia nomina?
A dire il vero, non saprei individuare una ragione specifica. Il Centre Pompidou è un’istituzione che porta avanti un lavoro molto originale: abbiamo l’abitudine di rapportarci con ambiti anche molto diversi della creatività – l’architettura, le arti performative, la letteratura… Non è “soltanto” un museo, ha un Dna molto particolare e ciò potrebbe aver influenzato le scelte delle due Biennali.

In effetti – sin da quando lei lavorava alla Cité de la Musique, e poi naturalmente al Pompidou di Parigi – lei ha studiato e proposto al pubblico i rapporti fra la musica, le arti performative e l’arte contemporanea.
Sono arrivata al Pompidou nel 2008 per lavorare, proprio insieme a Christine Macel, alla mostra Danser sa vie [allestita poi nel 2011/2012, N.d.R.], che ragionava sui rapporti fra la danza e l’arte contemporanea. Prima avevo lavorato in Canada e negli Stati Uniti per una grande mostra che si intitolava Warhol Live e che era focalizzata sui rapporti fra Warhol, la musica e la danza, e poi con Christian Marclay, Pierre Huyghe, Dominique Gonzalez-Foerster… La questione che mi interessa maggiormente è quella del suono, ma non è la sola; in generale, trovo interessante quando due o più campi della creatività si intersecano.

Cosa succede quando ciò avviene?
L’opera d’arte si trasforma in qualcos’altro. Al Pompidou di Metz sto continuando a lavorare in questo senso, ad esempio – nella primavera scorsa – con una mostra, Printemps cosmique, sul giardino come luogo di metamorfosi.

Questa ricerca la ritroveremo anche alla Biennale di Lione?
Sì, ritroverete alcuni argomenti sui quali lavoro da tempo, come il suono e la nozione di opera aperta. Come lei sa, a Lione il direttore artistico, Thierry Raspail, dà una parola al curatore invitato, e per questa edizione la parola è “moderno”…

Un tema enorme!
Effettivamente… Mi ha molto ispirata la rilettura del moderno proposta da Umberto Eco in Opera aperta. La scena artistica italiana di quel periodo [il libro di Eco esce nel 1962, N.d.R.] ha avuto una grande influenza su di me come curatore: penso allo Studio di fonologia musicale della RAI e a Luciano Berio, il quale aveva trasformato quello studio in un luogo di creazione che aveva a che fare più con le arti plastiche che con la musica. A livello individuale, penso ad esempio a Lucio Fontana, che in maniera materiale e simbolica apre l’opera d’arte sullo spazio. E poi c’è la letteratura di James Joyce…

… che interessava molto sia a Berio, che nel 1958-59 scrive Thema (Omaggio a Joyce), sia a Umberto Eco, che nel 1966 pubblica Le poetiche di Joyce. In mostra a Lione ci saranno quindi artisti italiani che hanno lavorato in quel periodo?
Sì, ci saranno alcune opere che risalgono a quel momento, che a mio avviso è estremamente importante nella storia dell’arte. È un momento forte di passaggio e di snodo fra l’arte moderna e il campo dell’arte contemporanea.

Il titolo della mostra è però Mondes flottants (Mondi fluttuanti), traduzione della parola giapponese Ukiyo-e.
Va però intesa in senso molto ampio (ci sono soltanto due artisti giapponesi in mostra). Quando sono stata invitata a curare la Biennale, era il periodo degli attentati in Francia: un momento di grandi interrogativi, di grande preoccupazione. Questo crollo delle certezze non è tuttavia inedito: già Rainer Maria Rilke si interrogava su queste forme che iniziano a saltare proprio quando invece si pensava che tutto fosse perfettamente strutturato. Ma il tema dell’ukiyo-e risale a ben prima del contemporaneo e del moderno: è la grave crisi che ha luogo improvvisamente in un tempo ciclico.

Che ruolo ha l’arte in questi momenti di frattura?
La poesia, l’arte, le immagini ci permettono di capire, anche in momenti estremamente turbolenti, che il mondo semplicemente è… bello! In questo senso, rileggo la modernità con opere d’arte che ci permettono di riconnetterci, di rimetterci in contatto gli uni con gli altri. La modernità che mi interessa è quella della poesia aperta di Mallarmé, della musica di Debussy. È stato questo il punto di partenza del mio progetto.

Avevo pensato a una “lettura giapponese” della modernità liquida di Zygmunt Bauman, ma vedo che il suo punto di vista è molto diverso.
Non volevo fare una mostra che si limitasse a constatare la violenza del mondo attuale. Nell’esposizione c’è un paesaggio un po’ zen, meditativo; penso sia importante avere opere immersive, che ci conducano a un’attitudine in qualche modo contemplativa.

Vorrei chiudere con una domanda relativa al Pompidou di Metz. Qual è la sua esperienza sinora e come valuta l’incidenza del museo sul territorio?
È un’avventura appassionante! Abbiamo il 60% dei visitatori che proviene dalla regione e il 25-30% di visitatori stranieri. Stiamo per inaugurare una grande stagione giapponese proprio dentro l’edificio di Shigeru Ban, con mostre sull’architettura giapponese e sulle arti visive del Paese. Sono molto soddisfatta.

– Marco Enrico Giacomelli

Lione // dal 20 settembre 2017 al 7 gennaio 2018
14. Biennale de Lyon – Monde flottantes
a cura di Emma Lavigne
http://www.labiennaledelyon.com/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

Scopri di più