Il Marina Abramović Institute non si farà. L’artista rinuncia al progetto per mancanza di fondi
La celebre performer ha dichiarato di aver rinunciato ad aprire a New York un istituto votato ad accogliere e promuovere le arti performative. Il motivo? Gli oltre 30 milioni di dollari richiesti dall’archistar Rem Koolhaas per la realizzazione del progetto
Questo istituto non s’ha da fare. Sembrerebbe essere questa – almeno per il momento e salvo colpi di scena – la conclusione a cui è giunta Maria Abramović (Belgrado, 1946) in merito all’apertura di una sede fisica del MAI – Marina Abramović Institute, l’organizzazione fondata dalla celebre artista serba per promuovere le arti performative e favorire il dialogo e la collaborazione tra arte, scienza, tecnologia e spiritualità. Purtroppo però l’ambizioso – e soprattutto oneroso – sogno della regina della performance sembrerebbe destinato a rimanere chiuso in un cassetto, come ha rivelato la stessa Abramović durante un talk tenutosi nei giorni scorsi alla Serpentine Sackler Gallery di Londra.
IL PROGETTO. DAI PRIMI ENTUSIASMI…
L’idea di fondare il MAI – Marina Abramović Institute risale al 2010, anno in cui l’artista presenta al MoMA di New York The artist is present, performance che ha visto Abramović impegnata per ben 716 seduta e in silenzio davanti a oltre 700mila visitatori giunti al museo per assistere al suo lavoro. Tra questi anche l’ex compagno Ulay, protagonista insieme a lei di una telenovela fatta di tira e molla, cause e riappacificazioni. Ispirata dalla partecipazione e dall’interesse del pubblico nel voler condividere con lei l’esperienza performativa, Abramović matura così l’idea di creare un’istituzione – e il relativo istituto – “per proteggere e preservare l’eredità intellettuale e spirituale delle arti performative dagli anni Settanta in poi e che servirà come omaggio all’arte temporale e immateriale”. Detto, fatto. Marina acquista a New York un ex teatro del 1936 per 950mila dollari, e nel 2013 apre una campagna di crowdfounding sul sito Kickstarter, appellandosi alla generosità dei fan e degli amatori delle arti performative. La cifra raccolta, oltre 600mila dollari, sono stati utilizzati dall’artista per pagare agli archistar Rem Koolhaas e Shohei Shigematsu di OMA il progetto preliminare di conversione del vecchio edificio a istituto votato alle arti performative.
…ALLA RINUNCIA PER MANCANZA DI FONDI
Stando alle dichiarazioni rilasciate da Abramović, Rem Koolhaas ha ideato una serie di piani “assolutamente belli” per gli oltre 30mila metri quadrati di superficie dell’edificio, ma anche assolutamente onerosi: l’architetto infatti avrebbe richiesto alla performer serba 31 milioni di dollari per realizzare il progetto. “Mi è mancato il respiro”, ha ammesso l’artista. “In qualità di performer, non potrei mai raccogliere 31 milioni di dollari, a meno che un meraviglioso ragazzo degli Emirati o qualche russo firmi un assegno perché crede in me. Ma nella vita reale, questo non accade”. “Probabilmente lo venderò”, ha concluso l’artista con non poco rammarico, ammettendo di avere accettato il fatto che un istituto per l’arte immateriale non può che essere esso stesso “immateriale”: “quando le istituzioni ci inviteranno a esporre, faremo il lavoro presso le loro sedi. D’ora in poi il nostro slogan sarà: ‘non venite da noi, veniamo noi da voi’”.
– Desirée Maida
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