Lino Baldini, fondatore di Placentia Arte, riapre la sua galleria? Dopo averla disinfestata
Con una performance in cui simula una disinfestazione degli spazi della galleria, Lino Baldini, fondatore di Placentia Arte, accusa apertamente il team curatoriale, cui aveva passato il testimone, di “inadeguatezza”. Ma i curatori non ci stanno e rilanciano: “Abbiamo fatto un ottimo lavoro”
Nel vedere Lino Baldini, storico gallerista e fondatore di Placentia Arte, intento a ripulire gli spazi della sua galleria, con tanto di tuta di protezione e mascherina, si potrebbe pensare a qualche infestazione in quel di Piacenza. E invece no. I parassiti da debellare, spiega il gallerista in una newsletter inviata a tutti i suoi contatti, sono altri: gli “pseudo-artisti e simili” che negli ultimi tre anni hanno affollato gli spazi di Placentia Arte. Tre anni, tanti quanto quelli trascorsi da quando il gallerista ha passato il testimone del suo spazio a Piacenza ad un team di giovani curatori, giudicato oggi da Baldini assolutamente inadeguato. Ma procediamo con ordine.
LA GALLERIA
La Placentia Arte è una storica galleria piacentina, fondata da Lino Baldini nel remoto 1991. Per oltre 25 anni il gallerista ha diretto lo spazio trasformandolo in un punto di riferimento per la ricerca e in un osservatorio interessante sui giovani artisti. Qui, tra gli altri, hanno esposto ancora giovanissimi artisti come Sislej Xhafa, Anri Sala, Adrian Paci, Yuri Ancarani e Filippo Berta, personalità oggi protagoniste assolute del sistema. Ma tantissimi sono gli artisti passati per gli spazi di Piacenza – anche il famigerato Luca Rossi -: alcuni sono diventati famosi, altri meno, altri hanno abbandonato. La regola della galleria era quella di dedicare agli artisti solo una mostra personale di lancio; a seguire la carriera degli artisti ci avrebbero pensato altri. Nel 2015 la scelta di passare il testimone ad un team di quattro giovani curatori, Marta Barbieri, Riccardo Bonini, Paola Bonino, Michele Cristella, che hanno gestito per tre anni la galleria, in una maniera che Baldini oggi giudica “inadeguata rispetto al prestigio della struttura”. L’ex gallerista inoltre avrebbe contestato la decisione del team di chiudere di fatto la galleria senza neppure annunciarlo.
LE VOCI DEI PROTAGONISTI
Abbiamo sentito tutti i protagonisti della vicenda per capire come sono andate realmente le cose. Lino Baldini non ha voluto aggiungere nulla in più rispetto al comunicato inviato, con gusto che giudichiamo discutibile e sconfessando il lavoro di un gruppo di curatori da lui stesso prescelti come suoi eredi. Ha promesso, tuttavia, che tornerà a “farsi sentire” quanto prima con una serie di novità che riguardano il suo spazio, ma non ha confermato né smentito la volontà di riaprire nuovamente la galleria sotto la propria gestione. Non ci stanno, invece, i quattro curatori che hanno gestito Placentia Arte negli ultimi tre anni, a veder messa in dubbio la bontà del lavoro svolto e la loro reputazione. “Non ci interessa commentare le azioni degli altri”, racconta ad Artribune Marta Barbieri, portavoce del team. ”Per tre anni abbiamo lavorato con passione e i risultati raggiunti sono sotto gli occhi di tutti. Abbiamo partecipato a fiere importanti come ArtVerona, Artefiera ed Artissima, ottenendo sempre degli ottimi riscontri. In questi tre anni, abbiamo lavorato soprattutto con artisti italiani, giovani ma di grande spessore come Simone Monsi, che ha vinto il Francesco Fabbri Prize 2017, nella sezione Emerging Art o Lucia Cristiani, che ha vinto durante Artist for the Gam durante ArtVerona 2017 e tanti nostri artisti sono stati selezionati per residenze o mostre internazionali”. Un triennio importante che proseguirà altrove. “Riapriremo in una nuova sede, dove una parte del team (Marta Barbieri e Paola Bonino ndr), proseguirà il lavoro intrapreso”. Resta aperta la questione del nome Placentia Arte che la Barbieri sostiene appartenga ancora a loro quattro, mentre Baldini lo rivendica per sé. Quel che rimane, per ora, è la triste scena di un gallerista che per contestare altri colleghi (e gli artisti) arriva a considerarli appestati o meritevoli di qualche strano trattamento fitosanitario. Se doveva far ridere non fa ridere, se doveva far discutere non fa discutere, se doveva far riflettere non fa neppure riflettere…
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