Basel top&flop. 3 cose memorabili e altre 3 da dimenticare
Altro che settimana dell’arte. Quest’anno, complice Manifesta 12 a Palermo, l’art week basilese si è di fatto ridotta a una quattro giorni sincopata. Siamo tuttavia riusciti a vedere una gran parte degli eventi e delle fiere in programma e questo è – come al solito – il meglio e il peggio a nostro insindacabile giudizio.
TOP – LE MOSTRE
C’è l’anno in cui si meritano 10 meno, ma il livello è pressappoco sempre quello: eccellenza intergalattica. Se possibile, quest’anno Fondazione Beyeler e Schaulager si sono superati. La prima con una mostra che ha messo in dialogo Francis Bacone Alberto Giacometti, con prestiti da ogni parte del mondo e allestimenti impeccabili, con punte da sindrome di Stendhal. Se pensate che, dietro un pannello nella sala introduttiva, si sfioravano dirimpetto il Nasodello svizzero e una Headdegli Anni Cinquanta dell’irlandese… All’altro capo della città, il museo/storage della Laurenz Foundation ha addirittura disallestito le opere permanenti al piano -1 per far spazio a una retrospettiva spettacolare di Bruce Nauman: tutto, ma proprio tutto lo ritrovate qui, disposto su due piani, con una cura maniacale per ogni dettaglio e una doppia pubblicazione che fa il punto in maniera fondamentale. Come dire: per una decina d’anni almeno, sarà impossibile proporre una mostra di Nauman, almeno in Europa. Pensate che per istituzioni di tale calibro sia “vincere facile”? E invece anche realtà più piccole, come l’HeK – Haus der elektronischen Künste, nel sempre più interessante distretto di Dreispitz, quest’anno hanno dato il meglio di sé: da vedere la mostra/laboratorio di Lynn Hershman Leeson. Altro che certe robette pseudo-scientifiche datate di vent’anni che si vedono dalle nostre parti.
www.fondationbeyeler.ch
www.schaulager.org
www.hek.ch
TOP – STATEMENT
Una fiera deludente quella di Basilea quest’anno. Galleristi poco coraggiosi, ripetitività che si fa fatica a scusare, grandi nomi del mondo del mercato che si sono presentati col loro supermercatino per miliardari e così via. Faceva un po’ storia a se però la sezione Statement con le sue mostre personali di giovani artisti emergenti presentate da gallerie di ricerca.
https://www.artbasel.com/artists?showId=601§ors=-13
TOP – VOLTA
Non siamo mai stati teneri, con Volta, una delle fiere collaterali storicamente presenti durante l’art week svizzera (e non solo). Non siamo stati teneri perché il punto di partenza era alto e le prime edizioni, ad esempio quelle newyorchesi di fine Anni Dieci, erano di buon livello. Poi, sostanzialmente, una débâcle. Quest’anno, invece, anche grazie al cambio di location, il mood è cambiato. Certo, siamo ancora distanti dalle prime edizioni, ma il segnale è importante. L’unica continuità, benvenuta, è il livello sempre sopra la media delle gallerie italiane qui presenti in forze, con una menzione d’onore per Montoro 12 di Roma.
FLOP – ART BASEL
Nessuna emozione quest’anno ad Art Basel. Chiaramente qualità elevata, chiaramente prezzi da urlo, chiaramente vendite billionarie ma forse quest’anno si inizia ad intravedere un po’ di stanchezza. Forse non è il caso, insomma, che questo colosso fieristico stia sperimentando altre strade come quella di Buenos Aires dove partirà il progetto Art Basel Cities. Noia, ripetitività e liturgia possono anche far legittimamente pensare che l’ultra tradizionale format fieristico potrebbe non essere eterno.
https://www.artbasel.com/basel/the-show
FLOP – LISTE
Liste sta nei flop non perché mancasse di bei progetti, anzi. Molte le gallerie ad essersi impegnate portando stand di grande interesse. Però anche molte, e questo non va bene, le gallerie ad esporre facile pittura di pronto consumo fatta da artisti che magari fino a ieri pittori non erano e che si sono convertiti alla forma più attualmente richiesta da mercanti, case d’asta e collezionisti. Così il gioco è troppo facile e vi sgamiamo subito…
FLOP – LA CITTÀ
Sicuramente la “colpa” è pure della coincidenza con Manifesta, e quindi il gap fra Basilea e Palermo. Un gap galattico. La ricchezza della cittadina svizzera porta senz’altro con sé una marea di benefici da ogni punto di vista, ma altresì la rende ostica, al limite della vivibilità. Sarà una nostra fissazione, ma la questione del cibo e dell’alloggio sono fondamentali per chi viene qui a lavorare, foss’anche soltanto per qualche giorno: il rapporto qualità/prezzo è avvilente, con loculi affittati a 300 franchi svizzeri a notte e sbobbe clamorose a 40 franchi il piatto. Risultato: sciami di operatori alla ricerca di lunch offerti dalle più disparate realtà e una fretta fisiologica di andarsene in città più umane.
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