Il caso Barcolana e la censura leghista. Marina Abramović, i migranti e la regata di Trieste

Brutta pagina politica a Trieste, dove l’amministrazione, dal 2016, è in mano al centrodestra. La storica regata di barche a vela, la Barcolana, compie 50 anni e affida a Marina Abramović il manifesto ufficiale. Ed esplode il caos. Toni da censura inaccettabili e ricostruzioni visionarie, utili a una certa propaganda.

Dopo Palermo, anche Trieste. Agosto al sapore di polemiche e censura. Con una differenza: il primo caso, esploso intorno all’opera a tema erotico-botanico dell’artista Zhang Bo, in mostra per Manifesta 12, ha indignato parte dell’opinione pubblica ma non ha trovato alcuna sponda nell’amministrazione comunale, che ha anzi difeso l’indipendenza di artista e curatori; l’episodio triestino, invece, si è trasformato in una mesta, preoccupante vicenda di taglio politico, in cui l’arte è diventata oggetto di un chiaro tentativo di repressione.

IL MANIFESTO D’ARTISTA E LO SLOGAN DELLA DISCORDIA

Succede che un’artistar del calibro di Marina Abramović progetti il manifesto della prossima edizione della Barcolana, la storica regata velica, nata nel 1969 nella suggestiva cornice del Golfo di Trieste. Attesa tra il 5 e il 14 ottobre 2018, la karmesse vede tra i suoi sostenitori anche illycaffè, leader dell’industria del caffè, azienda intimamente legata al capoluogo friulano, di cui è originaria la famiglia Illy. Una famiglia di collezionisti d’arte contemporanea, che proprio intorno a questa passione ha costruito l’immagine del marchio, sostenendo eventi di portata internazionale, offrendo commissioni ai migliori artisti del mondo, coinvolgendoli nella messa a punto della comunicazione aziendale. E ci sono proprio loro dietro la realizzazione del manifesto firmato da Abramović per la prossima Barcolana.
L’opera è, non solo prestigiosa, ma anche ben riuscita. Sintesi grafica massima, tutta sui toni del rosso e del bianco (che sono anche i colori di Illy), tra pattern geometrici che elaborano il logo di Barcolana, ispirato alla forma di una vela, linee oblique e un font maiuscolo a bastoni, con molto carattere e senza fronzoli. Al centro c’è lei, Marina. In mano una bandiera al vento, che recita lo slogan della discordia: WE ARE ALL IN THE SAME BOAT. Siamo tutti sulla stessa barca. La vocazione dell’immagine, che cita una certa iconografia rivoluzionaria – è chiaramente engagé: tutti sotto lo stesso cielo, tutti cittadini di un mondo senza confini reali, di cui prendersi cura, a cui appartenere, da difendere e abitare con coscienza.
“Anche a bordo di barche diverse, anche quando competiamo per il miglior risultato”, hanno spiegato Abramovic e Illy agli inizi di luglio, quando il poster venne presentato alla stampa,“navighiamo tutti sullo stesso pianeta, che va custodito e protetto giorno dopo giorno”. Subito conquistato dal progetto il presidente della Società velica di Barcola e Grignano, Mitja Gialuz: “Siamo rimasti affascinati da questo messaggio che si associa perfettamente alla nostra regata”, ha dichiarato, lieto della prestigiosa collaborazione. Una formula che ha dei precedenti importanti, con gli ultimi manifesti realizzati dal grande Michelangelo Pistoletto, dal compianto critico e storico ultracentenario Gillo Dorfes e dal fotografo Maurizio Galimberti. Per Andrea Illy, Presidente di illycaffè, “Il manifesto ha permesso di uscire dagli schemi classici della comunicazione e sensibilizzare in modo delicato il pubblico delle grandi manifestazioni su temi importanti”.

Paolo Polidori, vicesindaco di Trieste (Lega)

Paolo Polidori, vicesindaco di Trieste (Lega)

IL VICESINDACO CENSORE

Ma qualcuno non ci sta. Ad andare su tutte le furie è il vicesindaco leghista Paolo Polidori, che prende la parola non cercando nessun tipo di mediazione politically correct. Considerazioni e proclami dai toni inquietanti. “Quel manifesto deve sparire”, ha intimato con durezza. “Via dai pieghevoli, dagli inviti e dalle brochure ufficiali. Proibito a Trieste e nel resto del mondo. Con gli organizzatori sono stato chiaro: o sparisce quell’orrore, o salta la convenzione con il Comune. Significa stop a 30mila euro di finanziamenti, Frecce Tricolori, permessi per l’occupazione del suolo pubblico, sicurezza…”. Ricatto, minaccia, abuso di potere, censura: ampia la gamma di definizioni disponibili per inquadrare una presa di posizione così aggressiva, così assoluta. Tutta improntata alla repressione. Cancellare un’opera d’arte, occultare il messaggio di un artista, di un grosso sponsor e di una società privata che è a capo di una manifestazione sportiva. E intanto paventare la sospensione dei fondi pubblici, tradizionalmente riservati alla gara velica. Perché? “Un manifesto che fa inorridire”, ha spiegato il vicesindaco, “diffuso proprio mentre il Ministro degli Interni è impegnato a ripulire il Mediterraneo. […] Inaccettabile e di pessimo gusto, una propaganda immorale. Inutile tentare di conferire significati culturali ad uno slogan sovietico e a un’immagine da Corea del Nord. […] Solo alla task force staliniana della Abramovic non è venuto prima il sospetto di interferire con l’azione del Governo“.

manifesto Barcolana50 Il caso Barcolana e la censura leghista. Marina Abramović, i migranti e la regata di Trieste

Marina Abramović, We’re all in the same boat, manifesto per Barcolana50

CHE CI AZZECCANO SALVINI, IL GOVERNO E I MIGRANTI?

Dunque, secondo Polidori, dietro il progetto di Marina Abramović si celerebbe – con tanto di sfacciata estetica comunista – un riferimento ai clandestini e alle navi ONG. L’interpretazione è categorica, ma anche abbastanza paranoica: parlando di barche e di destini condivisi il leghista e il populista doc non possono non tirare fuori la solita solfa sull’immigrazione, la solita retorica sulla propaganda mondialista, anti-sovranista, anti-identitaria, filo-islamica, buonista, terzomondista, pro invasione e a favore del multiculturalismo più sfrenato. E l’elenco di luoghi comuni è servito.
L’opera, in realtà, era stata progettata tra gennaio e febbraio 2018, prima delle ultime elezioni, come specificato dal Presidente Gialuz, il quale lo corso 30 giugno, durante un evento a Venezia con la Fondazione One Ocean, aveva anticipato i contenuti della campagna elaborata per la cinquantesima edizione della regata: “Siamo tutti sulla stessa barca, siamo tutti sullo stesso pianeta: chi ama il mare ama la terra e chi ama la terra ama il nostro futuro”. Il tema era ed è chiaramente di taglio ecologico e ambientalista. Dunque nessun complotto contro il governo Lega-Cinquestelle, contro la politica dei porti chiusi e le scelte del Ministro degli Interni Salvini.
Ma ammesso anche che un accenno alla questione calda dei migranti ci sia, nascosto tra le righe, dove sarebbe il problema? La forza del messaggio e l’efficacia della comunicazione starebbe, in questo caso, proprio nel rimando discreto e non ideologico a un tema delicatissimo: libera interpretazione e nessuna forzatura o sciacallaggio. In ogni caso il messaggio sociale c’è e si concentra non sui migranti, quanto sui topos della barca e del mare come metafore universali, dense di significati e di declinazioni possibili.

Marina Abramović

Marina Abramović

PROPAGANDA E PULIZIA. QUANDO L’ARTE è STRUMENTO DI CONFLITTO

Ci sta dunque che l’artista, nella sua idea di umanità solidale, coesa dinanzi ai destini del mondo ed esposta ai flussi dell’esistenza, abbia potuto riservare un pensiero alle tragedie del Mediterraneo e alla necessità di recuperare il senso di un’empatia necessaria. E’ un’ipotesi. Ma cosa ci sarebbe di male? Dove sarebbero la colpa e il reato?
Il politico leghista non vede l’enormità delle sue posizioni. Interferire coi piani del governo, esprimere posizioni contrarie a chi è al potere, mettere in dubbio, produrre altri significati e indicare altre direzioni, per Polidori è roba eversiva. Così solerte, il vicesindaco, nel criticare (giustamente) il pugno duro dei regimi comunisti, ma per nulla preoccupato della piega fascista dei suoi proclami. Talmente sfacciato da assegnare all’arte una dovuta e doverosa compiacenza nei confronti delle forze di governo e della linea dominante. Guai a mettersi contro: saltano sponsor, risorse, accordi istituzionali.
La scusa è quella della parzialità di un siffatto manifesto, che non risponderebbe alle posizioni di tutti i triestini. “Per quanto riguarda i grandi eventi cari alla cittadinanza – continua Polidori, su cui ho la delega, io mi adopererò per analizzare la convenzione con il comune. Se sono stati violati alcuni passaggi per la realizzazione di questa grafica io interverrò con l’intenzione di arrivare fino in fondo e restituire un evento di prestigio a tutti i triestini – conclude -, non solo a quelli con un determinato credo politico”.

Matteo Salvini e la campagna sui social per chiudere i porti italiana ai migranti

Matteo Salvini e la campagna sui social per chiudere i porti italiana ai migranti

E l’orrore è già tutto in quel termine – “ripulire” – usato con leggerezza per descrivere il pugno duro di Salvini e dell’esecutivo Conte nella gestione dei flussi migratori e degli sbarchi clandestini: se le parole hanno una potenza semantica, che diventa subito estetica, etica politica, culturale, quel richiamo alla “pulizia” restituisce subito la radice spietata di una certa visione delle cose, a proposito di esseri umani, di persone in fuga da fame, guerra, regimi illiberali, di corpi consegnatisi alla ferocia di traversate infinite e mortali.
Chiedere agli artisti di farsi di parte, di uniformarsi e non disturbare, è parte integrante del copione. Così come questa ossessione per determinati temi, necessari alla costruzione di consensi fondati sul mix di istinto e paura: la faccenda dei migranti è l’esempio principe di questa fase storica. Anche l’arte diventa così occasione per condurre il gioco, per rafforzare l’azione di indottrinamento e la pratica del sospetto. E anche un manifesto innocente diventa bersaglio, nemico, utile miccia per accendere conflitti, sulla scorta dell’antico divide et impera. Vecchie logiche, per nuove crociate.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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