Pittura lingua viva. Parola a Lorenza Boisi
Viva, morta o X? Quinto appuntamento con la rubrica dedicata alla pittura contemporanea in tutte le sue declinazioni e sfaccettature attraverso le voci di alcuni dei più interessanti artisti italiani: dalla pittura "espansa" alla pittura pittura, dalle contaminazioni e slittamenti disciplinari al dialogo con il fumetto e l’illustrazione fino alla rilettura e stravolgimento di tecniche e iconografie della tradizione.
Lorenza Boisi (Milano, 1972) vive a Milano e sul Lago Maggiore. Ha studiato sia in Italia che all’estero, presso la Royal Dutch Academy de L’Aia, Villa Arsona a Nizza e CERCCO a Ginevra. Conta personali e collettive presso musei e gallerie internazionali, fra cui: MIC, Faenza, 2017; Ribot, Milano, 2016, MIDeC, Laveno Mombello, 2016; Musée Ariana, Ginevra, 2015; Musei di Villa Torlonia, Roma, 2015; Museo del Paesaggio, Verbania Pallanza, 2014; Espace Sicli, Ginevra, 2014; Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia, 2014; Villa Necchi Campiglio, Milano, 2013; Museo del Novecento, Milano, 2013; Triangle Arts Association, New York, 2012; MARCA, Catanzaro, 2011; Italian Embassy, NYC, 2011; CIAC, Genazzano, Roma, 2010; Ca’ Pesaro, Venezia, 2009; Biennale di Praga, Praga, 2009; Museo di Storia Naturale di Rovereto, Rovereto, 2008; National Museum of Fine Arts, Hanoi, 2007; MUSEION, Bolzano, 2007. Inoltre, residente presso: Civitella Ranieri, Umbertite, 2016; Triangle Arts Association, New York, 2012; M4Gastatelier, Amsterdam, 2008.
Come ti sei avvicinata alla pittura?
Sono arrivata alla pittura tardivamente, con tutto il pudore che un adulto, con un background accademico, poteva esprimere davanti a una tale ricchezza dell’Umano.
A che artisti guardi?
Da sempre sono una “regular” dei grandi della pittura con escursioni verso tutta l’Art Brut e l’illustrazione per l’infanzia. Mi interessa ogni forma di pittura medianica, di disegno automatico… quanto mi appassionano le arti decorative, la decorazione ceramica e il design tessile. Amo quello che molti amano e mi appassiono a quanto non interessi nessuno. Lontano dalla storia dell’arte e dalle sue appendici, sono vicinissima alla letteratura come “forma dipinta”.
Come nasce un tuo dipinto? Sei spesso sospesa tra la fascinazione per il corpo e quella per la natura, quasi tra loro fusi insieme in molte tue opere.
La mia pittura è oggetto e soggetto di sé. Ogni mio quadro, pur tangente il limite dell’astrazione, è un’opera figurativa, un autoritratto. Non faccio che ricordarmi chi io sia, opera dopo opera, intrecciandomi in ogni figura e contro-figura, in ogni riferimento iconografico, in ogni ridondanza del motivo, in ogni abbandono informale.
La letteratura ha una forte influenza sul tuo lavoro, penso ad esempio al titolo Maybe there is a beast… Maybe it’s only us della tua personale alla galleria Ribot di Milano, rimando a un momento topico del romanzo di William Golding, Il Signore delle Mosche. Quali altre sono le tue fonti di ispirazione?
La mia vita è un vasto palinsesto di referenti letterari. La mia quotidianità è fortemente caratterizzata dal gusto e dalla pratica del linguaggio e della lingua. La Parole, in ogni sua forma, è pure codice figurale e iconico, è sapore, carattere, spesso cliché esausto. Non mi interessano i libri che si leggono nell’oggi, mi interessano i libri che hanno meritato di esser letti nei secoli, i libri che sopravvivono alle epoche, quei libri a cui mondi diversi hanno riconosciuto un valore che trascende la fruizione sincronica, libri che sopravvivono ai loro autori, libri che sono espressione universale dell’Uomo, trascendendo il loro tempo e il loro contenuto.
Da anni ti misuri con la ceramica. Come, e se, questo approccio alla materia si ritrova nella tua pittura e, viceversa, quanto del tuo essere pittore trasmetti in essa?
Io sono e resto un pittore. Come molti, prima di me, cedo alla tentazione della tridimensionalità, del peso dei vuoti e dei pieni, delle proiezioni delle ombre e dei riflessi delle luci. La ceramica è, per come la intendo, quanto la pittura, un mezzo vivo, un’avventura tra corpo e materia, tra indole e resistenza. La frequenza, sempre crescente, della mia pratica di ceramica, ha certamente influenzato la mia pittura che si è fatta più attenta al dettaglio e più considerata tonalmente. I miei gesti sono meno spavaldi, non si adombrano nell’essere, talvolta, minuti, ricamati… credo sia una concessione romantica alla mezza età.
Porti avanti un’importante attività di promozione dell’arte contemporanea attraverso MARS a Milano e CARS a Omegna, facendo scouting ma anche creando un importante network relazionale e professionale. Ora da direttore artistico del MIDeC di Laveno Mombello ti occupi anche della valorizzazione del design ceramico. Raccontaci queste esperienze.
Se mi volto a guardare quanto ho fatto, mi coglie la vertigine del tanto (forse troppo) tempo che ho dedicato all’arte “degli altri”, mi mordono l’ingratitudine e, possibilmente, la diffidenza che ho suscitato. Ma, se mi volto indietro, riconosco la stima e l’affetto, il rispetto intellettuale e umano dei tanti che apprezzano e condividono i miei sforzi e la mia passione, quasi cristologica, per l’arte… per l’equità, per dare opportunità a chi non ne avrebbe di altre, in un sistema che valorizza, sempre maggiormente, chi le occasioni le ha ereditate o le può comprare ed è falsamente inconsapevole dei privilegi sociali che lo promuovono, a discapito del merito altrui. L’incarico presso il MIDeC, è molto differente dalle molte attività di militanza culturale svolte nel circuito indipendente, un circuito di cui io e pochi altri siamo stati pionieri e che, solo taluni, sostengono in maniera del tutto filantropica e non personalistica.
Cos’è il MIDeC e qual è il tuo programma?
Il MIDeC, Museo Internazionale del design ceramico, è un museo civico, incluso tra i musei della Regione Lombardia. Il mio breve incarico sana un momento di trasformazione dell’istituzione stessa. Nel periodo concessomi, mi propongo di incentivare nuovi pubblici e di ricondurre il MIDeC alla filiera ceramistica, che ne è specifica natura. Il MIDeC, nel periodo della mia conduzione, presenterà mostre di arte contemporanea a orientamento ceramico, monografiche di grandi figure storiche dell’arte ceramica e del design (come la mostra su Carlo Zauli, co-curata con Matteo Zauli, in collaborazione con il Museo Carlo Zauli di Faenza), un progetto residenziale estremamente misterioso e alcune attività a carattere partecipativo che saranno divulgate a breve.
Hai riportato l’attenzione sul recupero della pittura en plein air con LANDINA. Com’è nato e strutturato questo progetto?
Parafrasando: LANDINA c’est moi. LANDINA è il mio progetto più amato, il progetto che mi concede il massimo della soddisfazione intellettuale, artistica e personale. Non ci sono molte attività, che comprendano più che me e il mio gatto, che tanto incarnino il mio ideale di esistenza micro-societaria utopica: un gruppo di amabili pittori di diverse età e ricerche, riuniti in un luogo magnifico a far null’altro che dipingere il paesaggio, parlare delle stelle e condividere una birra, tra le fresche frasche di una rivetta, sopra un poggio ben riparato o davanti a una languida distesa d’acqua. Il progetto è nato parecchi anni fa, dall’idea di valorizzare la pittura italiana, la vittima di mille angherie e piaggerie… riunire artisti tra loro, concedendogli di conoscersi e condividere il momento della creazione, il momento più intimo. La pittura en plein air, oggi facile preda, era allora un pretesto talmente improbabile da risultarmi irresistibile, soprattutto in relazione alla realtà del Museo del Paesaggio di Verbania che offriva un pregresso storico ben documentato e il fondamento di riflessione che molti artisti, intimiditi e spaesati, necessitavano per potersi avventurare in LANDINA. LANDINA continua… e, a dispetto di tutto, sarà sempre l’unica amata immortale.
Quanto influisce l’inquietudine nel tuo lavoro?
Ho avuto una vita non facile. Una vita sfortunata, dicono alcuni. Questa vita mi ha lasciato i chiari segni che tutti vedete. Se sulle mie mani è dipinta la mia inquietudine, il mio lutto, la mia malattia, nel mio studio io sono libera da ogni miseria, sono, nonostante la mia tremenda umanità, del tutto cosmica, eterica, eterna fanciulla e a me Superiore.
Che cos’è il tempo per te?
Il tempo è insufficiente. Non so cosa sia la noia, solo le persone e le cose sono troppe, il tempo non è mai abbastanza.
Ricollegandosi al libro di Julian Bell – dal titolo Che cos’è la pittura? – mi viene istintivo concludere chiedendoti: che cos’è la pittura italiana contemporanea?
Questo si dovrebbe domandare ai curatori che mi escludono dalle mostre che si propongono di volerti rispondere.
– Damiano Gullì
Pittura lingua viva #1 ‒ Gabriele Picco
Pittura lingua viva #2 ‒ Angelo Mosca
Pittura lingua viva #3 ‒ Gianluca Concialdi
Pittura lingua viva #4 – Michele Tocca
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