La GAM di Torino si rinnova. Pareti rosa shocking e verde acido per le sale delle collezioni
Nuovo allestimento delle collezioni di ‘800 e ‘900 della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino che abbandona l’ordinamento tematico per tornare a quello cronologico. Ma dai colori spiazzanti.
A Torino, dopo la Galleria Sabauda dei Musei Reali, anche la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea cambia veste con un nuovo allestimento permanente. E lo fa abbandonando l’ordinamento tematico a favore, invece, di un ritorno al passato, scandito da un percorso storico-cronologico di entrambe le collezioni di ‘800 e ‘900, che culmina in un’esibizione shock dell’arte ottocentesca, presentata nelle ultime sale su pareti rosa fucsia e verde acido. “È il primo museo al mondo che riallestisce le proprie collezioni secondo due livelli di lettura: la storia dell’arte e la storia della sua museologia”, ha affermato durante la conferenza stampa la sua Direttrice Carolyn Christov-Bakargiev che ha guidato l’intero riordino. Il percorso è curato per l’Ottocento da Virginia Bertone con Fabio Cafagna e Filippo Bosco, e per il Novecento da Riccardo Passoni con Giorgina Bertolino. Il riallestimento delle collezioni ricompone, infatti, la storia del primo Museo Civico d’Arte Moderna d’Italia e racconta la storia dell’arte moderna attraverso le proprie raccolte, le acquisizioni e le politiche culturali promosse dai suoi direttori, tra i quali Pio Agodino, il primo alla guida del museo, Emanuele d’Azeglio, Vittorio Avondo, Enrico Thovez, Lorenzo Rovere, Vittorio Viale e Luigi Mallé.
I META MUSEI
A tutto questo si aggiungono i “metamusei”: pareti che, attraverso immagini d’epoca, documenti d’archivio e testi, offrono focus di approfondimento sulle vicende artistiche e storiche del museo e della Città, in rapporto agli avvenimenti italiani e del mondo. “Si tratta di un disallestimento delle collezioni precedenti”, ha spiegato ad Artribune il Vicedirettore della GAM Riccardo Passoni, “che ha interessato la movimentazione di 1000 opere in 45 giorni, per presentarne alla fine 400. Di queste, almeno un centinaio provengono dai depositi e non sono state esposte da circa quindici anni”. Il percorso comincia al secondo piano, dove sono presenti dipinti e sculture che accompagnano il visitatore dalla nascita del museo nel 1863 fino ai primi anni del Novecento, con un allestimento filologico che rispecchia i gusti dell’epoca: panchine al centro della sala e quadrerie su pareti rosso pompeiano e verde oliva che digradano poi – come abbiamo già anticipato – verso toni acidi; al primo piano sono esposte, invece, le opere datate dagli anni dieci del Novecento fino alla Pop art. “L’allestimento si chiude intorno al 1965, prima dell’arte povera”, conclude Christov-Bakargiev. “Speriamo l’anno prossimo di riallestire il contemporaneo”. Tagli di bilancio (e di personale) permettendo.
– Claudia Giraud
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