Il genio innovatore di Turner. A Roma

Attraverso 92 opere fra acquerelli, bozzetti, pitture a olio ‒ tutte provenienti dalla collezione personale dell’artista e acquisite dalla Tate nel 1856 ‒, la mostra allestita al Chiostro del Bramante racconta la spinta innovatrice del pittore britannico, che ha anticipato l’Impressionismo e il Novecento.

Talento precoce affascinato dalle potenzialità dei colori, appassionato viaggiatore animato dalla curiosità di scoprire nuovi paesaggi, Joseph Mallord William Turner ((Londra, 1775 ‒Chelsea, 1851) è ancora oggi l’artista più celebre in Gran Bretagna, colui che John Ruskin definì il “padre dell’arte moderna”. Dopo gli esordi di gusto storicista, sviluppò ben presto una pittura che assumeva di volta in volta sfumature naturaliste, romantiche, pre-impressioniste o pre-espressioniste. La particolarità delle sue opere risiede nella loro atemporalità: sembrano dipinte appena ieri, ma potrebbero anche essere pensate domani, perché il suo non fu un approccio meramente estetico, ma toccava anche e soprattutto l’aspetto emozionale del colore.

IL COLORE E LA LUCE

Ammiratore dello stile “sublime” di Nicolas Poussin e Claude Lorrain, Turner tuttavia si sentiva più attratto dalle questioni cromatiche che da quelle formali, e l’accuratezza del disegno ebbe un ruolo sempre meno centrale nella creazione di opere che potremmo definire pre-romantiche, con atmosfere lunari o nebbiose, dove il segno perde di precisione a vantaggio di un’indeterminatezza formale e concettuale. Lui stesso aveva affermato: “L’indeterminatezza è il mio forte”. Le opere dovevano “parlare” al pubblico attraverso i colori, “colonne portanti” degli effetti luminosi. L’applicazione di queste teorie la si può apprezzare nelle opere selezionate dal curatore David Blayney Brown, che Turner realizzò libero dai condizionamenti dei gusti del pubblico e del mercato. Si tratta di sperimentazioni in libertà dal carattere innovatore: maestro dell’acquerello, già nei primi anni dell’Ottocento aveva superato il concetto di bozzetto per un’idea di natura ideale, classicheggiante, dove la storia si fonde con il presente.

Joseph Mallord William Turner, Venice. Looking across the Lagoon at Sunset, 1840. Tate

Joseph Mallord William Turner, Venice. Looking across the Lagoon at Sunset, 1840. Tate

I SOGGIORNI IN ITALIA

Sulla scia della moda del Grand Tour, anche Turner si recò in pellegrinaggio artistico in Italia; la prima volta, nel 1820, toccò Milano, Torino, Venezia, Roma, Napoli e Paestum. Vi tornò nel 1828, visitò Firenze e tornò poi nell’Urbe, la cui bellezza lo aveva affascinato. L’ampio respiro dei paesaggi mediterranei dilatò il pensiero pittorico di Turner, che sperimentò il superamento dell’impianto prospettico e letteralmente immerse la tela in un bagno di luce e colore che applicò anche ad ambienti geografici differenti, come la Normandia, le Alpi italo-francesi o la regione del Reno in Germania.  L’Italia vista da lui rifulge di luce e si ammanta di un’aura onirica, che non è ancora divisionista né simbolista, ma comunque rappresenta una profonda innovazione nel panorama pittorico dell’epoca.
Venezia, con i suoi tramonti sulla laguna, è immortalata con piglio moderno, intuita in lontananza, più che vista con lo sguardo. E la gondola che si allontana suggerisce l’idea del peregrinare dell’individuo in quel vasto mare che “fu sopra noi richiuso”. A Roma, diversamente dagli altri stranieri che ne fecero il loro soggetto pittorico, Turner supera la reverenza storicista, e ancora una volta immerge la città e i suoi monumenti in un’atmosfera emotiva che va oltre il tempo, con reminiscenze delle nebbie inglesi viste tante volte in patria, oppure con la luce mediterranea che splende sul Foro. Ma la veduta non è documentaria, tende a ritrarre Roma come luogo dell’anima, un centro del mondo che diventa centro della memoria collettiva, eterno e non storico.

Joseph Mallord William Turner, Land’s End Cornwall, 1834. Tate

Joseph Mallord William Turner, Land’s End Cornwall, 1834. Tate

UN ROMANTICISMO PRECURSORE DEI TEMPI

Come Hieronymus Bosch anticipò il Surrealismo, così Turner anticipò correnti come Impressionismo, Espressionismo, Astrattismo. Dallo stile realista, poco dinamico, degli esordi, si alternano, già sul finire del Settecento, opere che potremmo definire pre-romantiche, dominate da quell’indeterminatezza cui alludeva l’artista. Sarà questo tratto la cifra della sua personale interpretazione del Romanticismo, dove l’impeto della passione è interamente sostenuto dal colore. A partire dal 1840, la sua pittura si identifica con il colore, scompare quasi del tutto la figurazione, ne restano solo blandi suggerimenti a tutto vantaggio dei cromatismi. Una pennellata larga e sfuggente con cui mare e cielo ‒ elementi ricorrenti nelle sue opere ‒ si fondono senza soluzione di continuità, lo spazio si dilata, l’animo dell’osservatore si sente trasportato in una dimensione eterna.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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