La fotografia come macchina del tempo: intervista a Elina Brotherus
Un'artista che da vent'anni lavora sull'autoritratto, senza compiacimenti ed esibizionismi. La finlandese Elina Brotherus racconta la propria poetica in questa video-intervista
Chi è Elina Brotherus (Helsinki, 1972)? È una straordinaria fotografa finlandese che da vent’anni scatta, prevalentemente, autoritratti. Nessuna vena narcisistica, però, nessun orpello o make up alla Cindy Sherman, nessuna impersonificazione di personaggi celebri alla Yasumasa Morimura o morphing digitali con derive kitsch e neopop alla Orlan. Ciò che ritrae, con una semplicità disarmante, non è se stessa. Non sembra riconoscersi in quelle immagini. È un essere umano, una modella, una figura, un corpo. Nessun selfie ante litteram, nessun pathos autoerotico, nessun effetto sensazionalistico: ciò che resta impresso nella foto è un essere umano con le sue fragilità, le paure, le gioie, le angosce. Qualcuno che mostra i segni del tempo come una time machine. Unici elementi ricorrenti nelle sue immagini sono gli specchi, le superfici riflettenti (una piscina, un lago, un fiume) i paesaggi silenziosi e potenti. La figura umana, spesso ritratta nella sua nudità, senza alcuna valenza erotica, è un elemento che convive con scenari mozzafiato. Con una natura, all’apparenza, incontaminata. In atmosfere spesso nordiche, nebbiose, fredde, nostalgiche, romantiche alla Caspar David Friedrich.
Le immagini, ci dice l’artista, parlano di lei ma dicono qualcosa anche di noi che le osserviamo. In questa breve intervista, Elina Brotherus condensa in tre minuti la sua poetica, mentre scorrono decine e decine di sue immagini. “Non è la mente”, afferma Elina, “che decide l’immagine, è l’occhio”.
– Daniele Perra
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