Un’arte a doppio taglio. La fotografia di Werner Bischof a Venezia
Casa dei Tre Oci, Venezia ‒ fino al 25 febbraio 2018. Nella sede che oggi a Venezia punta a diventare la casa della fotografia, ha inaugurato l’antologica dedicata a Werner Bischof, tra gli autori di riferimento del secolo scorso.
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Quando Werner Bischof (Zurigo, 1916 ‒ Trujillo, 1954) iniziò gli studi alla Scuola di Arti e Mestieri di Zurigo, ripiegò sul corso di fotografia poiché quello di pittura era saturo di allievi. E non sorprende che al culmine della sua carriera, attraversando le risaie dell’Indocina o sperimentando il colore lungo i parcheggi di New York City, quando era già stato ingaggiato da riviste come Vogue e Life e continuava a operare al fianco di Capa e Cartier-Bresson all’agenzia Magnum, si reputasse un artista, non un fotoreporter. È sufficiente osservare pochi scatti per credergli: Bischof ha fatto della composizione un messaggio che può rendere più tollerabile la vista del dolore; le storie che ci sottopone, quale che sia il contenuto, fanno i conti con la grazia.
LA MOSTRA
L’esposizione, curata dal figlio Marco Bischof a cento anni dalla nascita di Werner, raccoglie 250 fotografie. Al pianterreno sono alcuni tra i suoi primi still life realizzati in Svizzera, come la suggestiva Tin Soldiers (per la cui realizzazione lo studio aveva corso il rischio di un incendio), e la testimonianza di un’Europa piegata dalla guerra; il primo piano è dedicato ai reportage in Asia, dove l’occhio si apre su rituali, gesti di lavoro quotidiano come di ordinaria miseria. Al terzo piano si va in America, del Nord e del Sud, dove i segni del capitalismo, da un lato, e del culto per la natura, dall’altro, sono incorniciati da un rigore illuminato e illuminante. A questa sezione si accosta un nucleo di venti fotografie inedite scattate nel nostro Paese.
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Werner Bischof, Golden Gate Bridge, San Francisco, USA, 1953 © Werner Bischof/Magnum Photos
BISCHOF VS LA STAMPA
Alla conferenza stampa sono intervenuti Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci, Emanuela Bassetti, che nel 2018 festeggia i dieci anni di vita di Civita Tre Venezie e Andrea Holzerr, responsabile della Magnum, che ci ricorda come Bischof sia stato uno dei primi fotografi a concepire gli scatti non come un oggetto editoriale all’interno di un giornale, ma come soggetto di una mostra o di un libro. E in effetti i rapporti con la stampa sfociarono nella conflittualità: “Ormai il lavoro qui non mi dà più la gioia della scoperta; qui quello che conta più di qualunque cosa è il valore materiale, il fare soldi, fabbricare storie per rendere le cose interessanti. Detesto questo genere di commercio di sensazioni… È stato come prostituirsi, ma ora basta”, sosteneva Bischof nel ’52.
Tenuto conto della strumentalizzazione delle immagini ancora in atto e della ricerca del sensazionalismo, oggi siamo davvero pronti per fruire il lavoro di un autore come Werner Bischof? Un dato è certo, il suo atteggiamento critico ci racconta anche il nostro presente.
‒ Lucia Grassiccia
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