L’arte al tempo di Expo. Parla Rossella Vodret
Ritardi e mazzette, megaconsulenze e bandi oscuri. Non stupisce che, in un’occasione come Expo, l’Italia abbia dato il peggio di sé dal punto di vista dei vizi che l’attanagliano da decenni. Dal canto nostro abbiamo cercato di capire, insieme ai protagonisti, cosa riserverà il Paese ai visitatori dell’evento globale. Quali mostre, quali iniziative, quali linee guida. Iniziando da Rossella Vodret, ex Soprintendente della Regione Lazio e ora impegnata nella supervisione del percorso artistico del Padiglione Italia.
Qual è il suo ruolo nell’ambito del Padiglione Italia?
Sono stata chiamata come consulente dal commissario, Diana Bracco, che ha scelto di rappresentare un tema fondamentale come il nostro immenso patrimonio storico-artistico, assoluta eccellenza italiana e nutrimento essenziale per lo spirito e per la crescita di tutto il genere umano, attraverso l’esposizione alcune icone eccezionali della storia dell’arte del nostro Paese, tutte attinenti al tema base di Expo 2015.
Quali e quante opere d’arte saranno presenti?
Sono cinque, verranno collocate all’interno di Palazzo Italia, centro del Padiglione nazionale, lungo un percorso ideato dal responsabile del concept, Marco Balich. Le opere, selezionate in accordo col commissario generale di sezione Diana Bracco, sono la Ebe di Antonio Canova, concessa in prestito dai Musei Civici di Forlì , la Vucciria di Renato Guttuso, di proprietà dell’Università di Palermo, e tre tesori dell’archeologia, testimonianza della grande stagione dell’arte classica. Precisamente, due sculture di Demetra, provenienti dagli Uffizi e dai Musei Vaticani, e un sostegno di mensa, in marmo dipinto, risalente al IV secolo a.C. Opera, questa, fortemente voluta non solo per il suo indiscutibile valore storico e artistico.
Il trapezophoros, questo il nome dell’opera, è il simbolo di una delle attività di eccellenza del nostro Paese: quella del recupero dei capolavori dell’arte e dei reperti archeologici trafugati, svolta dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico. Trafugato negli Anni Settanta durante gli scavi nell’area archeologica di Ascoli Satriano, in Puglia, il sostegno di mensa raffigurante due grifi che mangiano una cerva è stato restituito nel 2007 dal Paul Getty Museum di Los Angeles in seguito alle indagini avviate dall’Arma. Anche questa operazione rappresenta per noi un’eccellenza della rete informatica creatasi in Italia in questi anni.
In generale, questi cinque elementi sono opere selezionate per la loro attinenza con la fertilità, con la potenza della nostra terra, capolavori che verranno messi in risalto con l’allestimento e custoditi da teche blindatissime, climatizzate. Si ritiene che saranno visitati da quasi venti milioni di persone.
E i Bronzi di Riace?
La proposta non è mai stata presa seriamente in considerazione, essendo stata fin dall’inizio una mozione personale di Vittorio Sgarbi. Peraltro conosco bene i calabresi e non credo che Reggio li avrebbe mai potuti rilasciare: sono il simbolo della loro terra. Inoltre, data la loro grande fragilità, risultano opere non trasportabili.
Come verranno allestiti i capolavori?
Ho visto numerosi rendering al riguardo. Balich lascerà che sia sempre l’opera a parlare per prima, creando teche e basi del tutto particolari. Postazioni che permetteranno di non creare code ai visitatori pronti a rimirarne le fattezze, moltiplicando gli aspetti percettivi dei capolavori attraverso diversi media.
Quali temi dovrà rappresentare l’arte all’interno del “cappello” generale di Expo, Nutrire il Pianeta?
La selezione delle cinque opere è avvenuta secondo due criteri: la forte attinenza con i grandi temi dell’evento, dal concetto di alimentazione a quello di vivaio, e il significato iconico che ognuna delle opere potrà avere all’interno del progetto di mostra-percorso multisensoriale studiato da Balich come direttore artistico. La Vucciria, ad esempio, avrà una collocazione privilegiata, nonostante non sarà all’ingresso del Padiglione, un posizionamento di rilievo e spettacolare. Con la sua esplosione di luci e colori violentissimi, il capolavoro di Guttuso offre un’intensa rappresentazione dello storico mercato palermitano. L’obiettivo del progetto è di affiancare all’emozione dell’esperienza visiva una cornice multimediale, capace di dare un senso ampliato alla visita, proponendo un nuovo focus su uno degli scorci più intensi delle nostre tradizioni.
Dunque, a livello coreografico, cosa vedremo entrando nel Padiglione Italia?
La Ebe di Canova sarà posta all’inizio, come una sorta di benvenuto per chiunque acceda al Padiglione. L’interno sarà concepito come un bellissimo spazio aperto, un paesaggio ricco e movimentato con una forte presenza di odori e rumori. Sembra infatti che, in prossimità della Vucciria di Guttuso saranno trasmesse via etere anche le voci dei venditori, registrate durante questi mesi e anni di preparazione.
Quale budget è stato stanziato per l’allestimento delle opere?
Date le spese di trasporti, assicurazioni e le condizioni richieste da ciascun ente prestatore, non siamo ancora in grado di conferire un ordine di grandezza preciso all’intera operazione di esibizione delle opere. Lavori che comunque saranno gli ultimi, ultimissimi componenti a essere installati nel Padiglione, a qualche ora dall’apertura ufficiale.
Con che staff ha lavorato?
Lo staff di Balich è composto da ragazzi molto giovani, è stato davvero piacevole interagire con loro. Per quanto riguarda la parte organizzativa, ho collaborato anche con MondoMostre di Roma, ente tra i più importanti per quanto riguarda l’esposizione di opere di una certa rilevanza storica.
Ritardi e arresti: quale immagine sta fornendo l’Italia all’estero?
Ovviamente ne siamo rimasti tutti dispiaciuti, ma quel che importa è che ci siamo risollevati e abbiamo continuato a lavorare serenamente, saldi dei lunghi, intensi mesi di preparazione che hanno preceduto il periodo di crisi dell’immagine di Expo 2015. Ne è un esempio il successo del prestito più importante ottenuto: il grande quadro della Vucciria (olio su tela di tre metri per tre), conservato in Palazzo Steri a Palermo, sede del Rettorato dell’Università del capoluogo siciliano. Nella Vucciria, dipinta nel 1974, Guttuso ci offre un’intensa rappresentazione del famoso, storico mercato palermitano, di cui abbiamo notizia fin dal XII secolo, che si estende vicino al porto, nelle strade intorno a via Roma. Tra caos e profondità.
Quali sono state le maggiori difficoltà e quali le vittorie di cui è invece orgogliosa?
Grosse difficoltà non ce ne sono state, a parte forse l’iniziale selezione dei lavori, che ha dovuto rispecchiare perfettamente la visione di Balich. Le vittorie sono state comunque molte di più. Ad esempio, per dare ai nostri beni culturali tutto il rilievo cui hanno diritto, è nata l’idea di diffondere su tutto il territorio iniziative in stretto collegamento con tema di Expo, coinvolgendo i più importanti musei e complessi monumentali, in maniera tale da permettere non solo a Milano, ma a tutto il “sistema Italia”, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, di partecipare direttamente al grande evento del 2015. Uno stimolo fondamentale in questo senso viene dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, che ha proposto e sta sviluppando una serie di progetti distribuiti in tutte le Regioni italiane. Ai percorsi e agli eventi territoriali elaborati dal Mibact si aggiungono le quattro grandi mostre programmate in Lombardia nei sei mesi dell’Expo: il Comune di Milano ospiterà a Palazzo Reale ben tre esposizioni dedicate rispettivamente a Leonardo, a Giotto e all’Arte lombarda dai Visconti agli Sforza, mentre nella Reggia di Monza il Mibact allestirà la mostra su Il fascino e il mito dell’Italia dal Rinascimento al ‘900.
Potrebbe formulare un augurio, un pensiero, una chiave di lettura che accompagni l’apertura del Padiglione?
Il mio augurio è che attraverso il Padiglione si possa rappresentare al meglio l’orgoglio dell’Italia e l’orgoglio di essere italiani. Intento che, a mio parere, riuscirà perfettamente, date le forze della bellezza in gioco e la potenza delle energie dispiegate in campo.
Ginevra Bria
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #22
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