Giotto, Fiat Lux
A quasi vent'anni dal terremoto che la danneggiò seriamente, la Basilica di San Francesco d'Assisi ora guarda al futuro: e per gli affreschi di Giotto e Cimabue la perfetta conservazione passa anche da una giusta illuminazione. Ci ha pensato Osram, con una squadra di tecnici e storici dell'arte: compreso il padre di Indiana Jones...
Sembra di avere davanti Sean Connery nei panni del padre di Indiana Jones, nel film Indiana Jones e l’ultima crociata. Un po’ per una certa somiglianza fisica e di look, ma soprattutto per la passione e il trasporto con cui parla della sua passione di una vita. Lui si chiama Sergio Fusetti, e da tutta la vita la sua, di passione pressoché esclusiva, è la Basilica di San Francesco d’Assisi, della quale da oltre 40 anni è capo restauratore. È lui ad guidare la comitiva dei giornalisti sotto le alte volte gotiche che proteggono uno dei cicli di affreschi più celebri della storia, le Storie di San Francesco dipinte da Giotto sul finire del Duecento. E li rapisce con il suo racconto incalzante, che si sofferma soprattutto al 1997, quando il terremoto infierì su quelle mura inghiottendo 4 persone sotto una vela crollata di Cimabue. Lui guidò le squadre degli “angeli di Assisi”, che arrivarono da tutto il mondo per cercare di ricostruire l’affresco, come con un puzzle, frammenti piccolissimi da ricomporre, i blu con i blu, gli oro con gli oro…
Ma questa ormai è storia: quei giornalisti sono lì perché a quasi 20 anni di distanza, i restauri sono ultimati: e ora quei capolavori bisogna pensare a conservarli al meglio. E questo passa anche dall’illuminazione, argomento spinoso per una complesso articolato e stratificato come quello umbro: naturale – quasi obbligato – affidarsi a Osram, azienda che vanta esperienze su progetti specifici come l’illuminazione della Cappella Sistina, Piazza dei Miracoli a Pisa, i teleri del Tintoretto alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia. Ne abbiamo parlato con l’ingegner Roberto Barbieri, CEO & General Manager Osram Italia.
Cosa spinge un’azienda leader mondiale nel settore dell’illuminazione a impegnarsi in questi progetti culturali ?
Il costante impegno di Osram verso la sostenibilità e l’innovazione è ciò che ci spinge ogni giorno a ricercare nuove e migliorate soluzioni illuminotecniche, in particolare in settori applicativi – come l’arte – dove le sfide tecnologiche sembrano essere le più difficili e proibitive. I progetti quali l’illuminazione della Cappella Sistina e la Basilica di S. Francesco ad Assisi sono un esempio concreto del nostro impegno in tal senso.
Riguardo a Giotto, avevate già lavorato sulla Cappella degli Scrovegni a Padova. Ora questo grande progetto ad Assisi: ci sono delle affinità, dal vostro punto di vista? Quali problemi avete affrontato in particolare nella Basilica di San Francesco?
Certamente la “firma cromatica” di Giotto è stata fonte di ispirazione comune per i progettisti delle due realizzazioni, ma le oggettive diversità architettoniche dei due siti e le differenze fra le tecnologie disponibili al momento degli interventi (lontani fra loro all’incirca 3 lustri) dimostrano che le due soluzioni realizzate sono state pensate con un approccio diverso. Come detto non si tratta solo di una diversa scelta in termini di prodotti e tecnologie disponibili, ma anche di difficoltà strutturali vere e proprie. In particolare, nella Basilica di Assisi, recentemente realizzata con le nuove tecnologie LED, è stato possibile superare con successo alcuni ostacoli riguardanti la conservazione degli affreschi, richiedendo però ai progettisti un ulteriore sforzo relativo alle scelte illuminotecniche per la ricerca della migliore soluzione cromatica.
Avete già in programma altri interventi sul patrimonio culturale?
Osram valuta costantemente nuove proposte di collaborazione per interventi sul patrimonio artistico e culturale. È sicuramente un ambito di interesse che abbiamo coperto negli anni con interessanti progetti sia di arte contemporanea che classica. Oltre a Cappella Sistina e a quelli già citati, ricordo ad esempio l’illuminazione interna del Carapace, opera di Arnaldo Pomodoro realizzata per la famiglia Lunelli. Speriamo quindi di procedere in questa direzione e di avere presto un nuovo progetto da illustrarvi.
Se Osram ha fornito la tecnologia, ad Assisi c’è stato poi tutto un pool di studiosi e tecnici impegnati ad applicare questi imput sulo specifico ambiente della Basilica. Di questo, dell’esperienza “sul campo”, abbiamo parlato con Marco Frascarolo, il coordinatore dell’azienda FABERtechnica che ha studiato il nuovo progetto di illuminazione.
Quali sono le priorità stabilite per un intervento come questo?
Innanzitutto la qualità della percezione visiva, quindi fare in modo che l’edificio, le architetture e le pitture vengano percepite al meglio dai visitatori. Poi c’è l’aspetto liturgico: questo non è un museo, per cui deve mantenere determinate atmosfere al di là della fruizione artistica. C’è un altro aspetto centrale, ovvero quello della conservazione, con la necessità di individuare un tipo di luce che sia meno invasiva possibile, che rispetti le opere garantendone la durata. E non dimentichiamo gli aspetti del risparmio energetico e della facilità di manutenzione…
E questa scala di priorità, come è stata applicata ad Assisi?
Il primo imput progettuale atteneva alla conservazione: la risposta è caduta su led – che non ha ultravioletti – con uno spettro non troppo ricco di blu, un po’ troppo invasivo. Sono stati scelti dei led caldi, ma equilibrati su tutte le componenti. In queste scelte si media fra le diverse esigenze: mettendosi a tavolino con i conservatori e gli storici dell’arte, che fra diverse opzioni contribuiscono a scegliere quella più indicata e rispettosa della storia dell’opera. In questo caso poi si è inserita un’esigenza che possiamo dire “liturgica”: quella dei frati, che – sembra banale – hanno bisogno che si possano leggere i testi sacri.
Voi avete lavorato con Osram anche sull’illuminazione della Cappella Sistina: quali le differenze sostanziali fra i due progetti?
Beh, sulla Cappella Sistina si lavorava con grossi budget, con tempi più allungati, era un progetto cofinanziato dall’Unione Europea: in quel caso tutte le tecnologie erano specificamente pensate per quella situazione. Qui la condizioni permettevano un approccio più standard, anche se per esempio dovevamo utilizzare lampadari storici preesistenti. Osram si è appoggiata a una realtà italiana, la ILM Lighting, quasi artigianale, pur ad alto contenuto tecnologico: loro hanno lavorato qui sul posto, personalizzando assieme a noi le soluzioni ottimali.
Lavorare sulla Cappella Sistina è qualcosa di emozionante per chiunque. Ci può raccontare qualche aneddoto?
Fra i tanti citerei questo: nella Cappella Sistina è stata allestita una camera climatica controllata, dove sono stati inseriti dei campioni di pigmenti ricostruiti in laboratorio ma equivalenti a quelli degli affreschi. Questi sono stati sottoposti per un anno a un flusso luminoso 100 volte maggiore di quello previsto per le pareti, che equivale grosso modo a sottoporli al flusso scelto per 100 anni. I risultati sono stati analizzati dai laboratori dei Musei Vaticani: e il degrado è risultato ampiamente inferiore alle soglie fissate. Perchè tante premure? Perchè in quel periodo dall’Olanda era circolata la notizia che un dipinto di van Gogh aveva avuto danno nella superficie pittorica dall’illuminazione a led, e quindi l’allarme era alto. Poi si è verificato che in quel caso si trattava di led di vecchia generazione, con molte componenti blu, e quindi effettivamente più impattanti.
Massimo Mattioli
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