Apre a Londra la New Tate. Il museo del XXI secolo
Dai serbatoi sotterranei di cemento ai nuovi ambienti per la didattica, fino alla terrazza panoramica al decimo piano. Entriamo nel volume puro, scultoreo, muscolare di quello che è già stato ribattezzato “il museo del XXI secolo”. Firmato da Herzog & de Meuron.
EFFETTO BILBAO, VENT’ANNI DOPO
L’apertura al pubblico dell’ampliamento della Tate Modern di Londra – venerdì 17 giugno – rappresenta l’apice di quel ciclo di grande vitalità che, dal 1997, con l’apertura del Guggenheim di Bilbao, ha portato i musei contemporanei ad attraversare una nuova, brillante stagione.
Un boom che ha permesso la proliferazione di spazi firmati da grandi architetti, dedicati ad accogliere esposizioni sia permanenti che temporanee. L’enorme operazione – architettonica, commerciale, culturale e urbana – portata qui a termine dal duo svizzero Herzog & de Meuron, in collaborazione con tutti gli attori coinvolti nel processo, racconta cioè quanto, ancora, per i colossi dell’arte sia strategico potersi esprimere allargando il raggio d’azione su campi paralleli dell’industria artistica.
“Art changes, we change” il motto, a dimostrazione che il museo del XXI secolo ha smesso definitivamente di essere un’istituzione statica, per divenire magnete, luogo di crescita, coinvolgimento, sperimentazione e intrattenimento. Un museo esemplare questo, che ha trovato la forza di rinascere dalle ceneri di un fabbricato industriale, riqualificando un’intera porzione di città e divenendo catalizzatore di senso, con l’inaspettato numero di fruitori che ormai supera i 5 milioni l’anno, rendendolo in assoluto il più visitato al mondo per l’arte contemporanea.
LA SWITCH HOUSE, UN IMPONENTE PRISMA DAL CUORE BRUTALISTA
Prodotta grazie ad una faraonica campagna di crowfunding che ha raccolto 260 milioni di sterline – ottenuti grazie alla partecipazione di Governo, Autorità della Grande Londra, Consiglio Comunale di Southwark e di alcuni generosissimi enti privati – la nuova annessione si somma, pur nella sua autonomia, al fortunato complesso dell’ex centrale elettrica, inaugurato nel 2000.
In che modo? Aggiungendo ai metri quadri già disponibili ulteriori dieci piani collegati da passerelle. Un imponente prisma piramidale dal cuore brutalista, denominato Switch House, sagomato per piegature e tagli, nel quale il museo dedica spazi destinati all’arte meno statica e più performativa: video, fotografie, spettacoli, danza, installazioni che nella stecca originaria non trovavano adeguata sistemazione.
La collezione, riallestita dall’équipe di curatori della Tate Modern guidata dalla neo direttrice Frances Morris, è oggi composta da 800 opere di 300 artisti provenienti da 50 Paesi: narra la più completa storia dell’arte moderna e contemporanea degli ultimi 100 anni. Ma su questo aspetto torneremo nei prossimi giorni.
UN CANTIERE DURATO UNDICI ANNI
Fortemente voluta dallo storico direttore Nicholas Serota, la Switch House, realizzata in undici anni, dal 2005 al 2016, aumenta le dimensioni della Tate Modern del 60%, offrendo ai visitatori una vasta gamma di nuove esperienze spaziali, oltre che di visione artistica. Si articola infatti dai serbatoi sotterranei di cemento ai nuovi spazi per i corsi, fino alla magnifica terrazza panoramica al livello 10, che regala una nuova, mozzafiato, prospettiva sulla città.
Un volume puro, scultoreo, muscolare, ma allo stesso tempo integrato, che dialoga con lo skyline, posizionato alle spalle del vecchio complesso per non intaccare l’eloquenza dell’iconica ciminiera e il rapporto profondo del museo con l’acqua. Un’inaugurazione in grande stile, che apre nuovi scenari per l’arte, per le pratiche curatoriali e per il modo di intendere gli spazi in relazione al mondo che cambia.
Giulia Mura
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati