Da Roma a Milano. Intervista all’architetto Mario Cucinella

Dopo l’esclusiva di Artribune, con l’anteprima del nuovo Rettorato di Roma Tre dello studio MCA, abbiamo incontrato l’architetto Cucinella per un’intervista a tutto campo. Dalla Capitale ai cantieri in corso a Milano fino all’iniziativa che lo vedrà protagonista a novembre in Triennale.

Archiviata la vicenda Campidoglio 2, realizzerà un intervento nella Capitale. Quali sono i tempi per il Rettorato di Roma Tre?
Nella nuova sede del Rettorato dell’ateneo capitolino, siamo risultati vincitori di una gara di project finance: concluse tutte le procedure burocratiche, ora può partire la fase operativa. Il programma è concludere entro il 2019, ma non ho ancora una data precisa. Sarà il nostro primo progetto in città. Roma fin qui non ci ha dato ancora grosse soddisfazioni. Forse è l’unica capitale del mondo, almeno tra quelle di maggiore rilievo, ad avere un pessimo rapporto con la contemporaneità.

L’edificio ha funzioni specifiche legate alla gestione dell’ateneo, tuttavia si apre alla città. In che modo assicurerete questo duplice aspetto?
Sarà un’infrastruttura necessaria per garantire un funzionamento più fluido dell’università, ma non ospiterà solo il rettorato, con i suoi uffici. Al piano terra sviluppiamo il tema dell’accoglienza degli studenti: ci saranno le segreterie e una grande sala con i computer – la “piazza telematica” –, dove gli iscritti accederanno a una serie di servizi. Nella porzione che fronteggia via Ostiense sorgerà l’auditorium. L’abbiamo fortemente voluto trasparente e sulla strada, perché divenga una sorta di vetrina urbana. Ci sembra utile innescare un rapporto con quell’arteria e con i cittadini; passando, si vedrà cosa sta succedendo all’università. Un’altra particolarità dell’edificio – che non sarà un grande monoblocco, ma l’insieme di tre strutture a lente –, è essere dotato di una piazza pubblica, a livello stradale, e di un’altra sopraelevata. Aspetto distintivo del complesso è poi la scelta di lasciare “vuoto” il lato sud, quello più sensibile al calore e all’abbagliamento. Dal punto di vista architettonico, lo abbiamo immaginato molto semplice, leggero, trasparente, con una serie di elementi verticali che da terra arrivano fino in cima. Del resto, il linguaggio dell’architettura deve essere semplice.

Mario Cucinella Architects, COIMA, Porta Nuova, Milano

Mario Cucinella Architects, COIMA, Porta Nuova, Milano

Come sarà il progetto del verde?
I giardini li abbiamo sviluppati con l’architetto Andreas Kipar di Land Milano, uno dei paesaggisti più bravi in Italia. Sia in quota, sia a livello stradale, ci saranno essenze soprattutto mediterranee. Un tema molto complesso è quello dei giardini pensili, perché dovranno resistere nel lungo periodo e disegneranno il nuovo paesaggio per chi vive nel quartiere, che vedrà questa presenza verde affacciandosi alla finestra.

A Milano ha diversi cantieri in progress, alcuni molto attesi. Dal 18 novembre, per un mese, La Triennale ospita l’iniziativa Empatia Creativa. Di cosa si tratta? Perché questo titolo?
Abbiamo scelto questa espressione preferendola a “sostenibilità”, termine in parte consumato, che sembra rinviare a un contesto prestazionale forse più distante o tecnico. Empatia Creativa denota con immediatezza un’attitudine: essere empatici vuol dire riuscire a comprendere chi si ha davanti. E la creatività è lo strumento che permette di trasformare questa capacità in un risultato. L’architettura è una disciplina complessa, sempre più difficile: non è riducibile a un solo ambito, ha connessioni con la società, l’ambiente, la geografia, con tante sfere di interesse. In Triennale mostreremo cinque nostri progetti – sede UnipolSai e nuova sede COIMA, entrambe a Porta Nuova; Città della Salute e della Ricerca a Sesto San Giovanni; un museo in Corso Venezia; il Nuovo Polo Chirurgico e delle Urgenze per l’Ospedale San Raffaele – che incideranno sulla città metropolitana di Milano. Discuteremo di specifici temi: la cura e la salute, la frontiera digitale, il rapporto tra pubblico e privato nella sfera culturale, la comparsa di nuovi soggetti destinati ad attivare operazioni di rigenerazione urbana in futuro. Credo che il capoluogo lombardo, in questo momento, stia continuando a mettersi in discussione, lavorando con molta innovazione. Partecipando a questo processo, ci sembra appropriato essere presenti in uno dei suoi simboli.

Mario Cucinella Architects, Città della Salute e della Ricerca, Sesto San Giovanni

Mario Cucinella Architects, Città della Salute e della Ricerca, Sesto San Giovanni

Tra le cinque storie di Empatia Creativa c’è il nuovo museo che sorgerà in Corso Venezia. Cosa ci può anticipare?
Il museo è un work in progress: verrà presentato in maniera più approfondita in Triennale. Stiamo lavorando con un committente privato, in un palazzo del Novecento, nel quale verrà ricavato un museo ipogeo dedicato all’arte antica. La collezione appartiene a una fondazione privata. Il tema di progetto è individuare una nuova narrazione per questo specifico ambito della storia dell’arte: i musei archeologici sono fondamentali per la società, ma hanno bisogno di divenire luoghi narrativi, così da evitare una deriva specialistica. Si tratta di un’operazione culturale molto importante, anche per il suo essere legata a un’iniziativa privata.

Come il Rettorato di Roma Tre, anche la Città della Salute e della Ricerca a Sesto San Giovanni è vincitrice di un concorso di project finance. Qual è il tema forte legato a questo intervento?
La Città della Salute sarà un polo di ricerca di altissimo livello e sorgerà a Sesto San Giovanni, nell’area ex Falck. Costituirà un esempio di rigenerazione e propone il tema tanto discusso, a Milano quanto a Roma, del confine urbano, dell’espansione della città, dell’inclusione. Oltre al rilievo sanitario, questa progettazione si connette dunque alla capacità, propria di tante città del mondo, di rigenerarsi utilizzando le aree dismesse, da tempo a disposizione.

Mario Cucinella Architects, Scuola di Pacentro, L’Aquila

Mario Cucinella Architects, Scuola di Pacentro, L’Aquila

Spostandoci a sud, come procede la costruzione dell’Abitazione per la Pace a Scanzano Ionico?
A Scanzano Ionico è in corso “un atto di generosità” verso quaranta famiglie di immigrati con bambini. Stiamo cercando – perché è anche un nostro dovere – di assicurare soprattutto ai minori un’altra prospettiva per il futuro. L’Abitazione è un prototipo che ultimeremo grazie all’aiuto delle aziende locali e della Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata di Betty Williams, ispiratrice dell’iniziativa. Si basa su un principio fondamentale: sarà “fatta con la Natura”, in legno, paglia, canapa e altri materiali locali. Proviamo a ripercorrere il percorso secolare di un’architettura semplice ed efficace. Al di là di tutte le infinite burocrazie di questo Paese, l’Abitazione per la Pace riusciremo a concretizzarla: siamo in attesa di tutti i permessi e puntiamo alla primavera 2017. Continueremo a lavorarci insieme alle famiglie destinatarie, coinvolgendole nel processo di realizzazione, anche per sviluppare un sentimento di appartenenza. La loro presenza nei piccoli centri della Basilicata, intanto, ha già generato interessanti fenomeni sociali, come la riapertura di una scuola, chiusa per spopolamento. Anche questo è il bello della Storia: assistere alla rinascita dei luoghi.

Con Action Aid, a Pacentro (L’Aquila) MCA ha intrapreso un processo di progettazione partecipata per una nuova scuola. Come sarà?
Il Comune de L’Aquila ci ha messo a disposizione una casa nel centro storico e lì, insieme a un gruppo di ragazzi che hanno costituito il collettivo LAB e con Action Aid, abbiamo iniziato a ragionare sul nuovo edificio scolastico. Dopo un primo incontro pubblico in piazza, abbiamo intrapreso un percorso insieme: l’apertura di una scuola in una piccola comunità a rischio di spopolamento è un grande evento ed è essenziale che alla sua definizione aderiscano famiglie, anziani, bambini. È stato un intenso lavoro di ascolto: più che una scuola, sarà un’espressione della comunità e interpreterà un desiderio condiviso. Credo che in questo modo potrà diventare davvero di tutti: in questa fase immateriale, in cui l’edificio non c’è ancora, abbiamo iniziato a costruire una narrazione, a formare un legame affettivo. E anche l’architettura, così facendo, esce dal suo piccolo mondo e diventa altro. È già accaduto per l’asilo di Guastalla, divenuto molto di più di quanto noi potessimo immaginare.

Mario Cucinella, School Of Sustainability, @SOSarchive

Mario Cucinella, School Of Sustainability, @SOSarchive

Potrebbe essere un modello da replicare anche nella ricostruzione del Centro Italia?
Penso che bisogna agire con calma ed evitare sempre il rischio di sradicamento. Restare nei luoghi è essenziale, fosse anche per sorvegliare quelle che per noi sono macerie, ma per le vittime sono ricordo di una vita. Il rischio di allontanarsi troppo o per tanto tempo può far sì che i luoghi spariscano dalla memoria: a quel punto, privi di legami, che senso avrebbe ricostruirli? Molto spesso – e in questa accezione c’è un equivoco – la progettazione partecipata è stata interpretata come un processo per accrescere il consenso su decisioni già prese. In realtà è una costruzione condivisa, il cui risultato può essere anche l’opposto del “dov’era com’era”, una formula che, applicata frettolosamente, può finire per riprodurre anche gli errori, anche il brutto. Il terremoto deve essere l’occasione per solidificare e ricomporre una memoria collettiva: il “dov’era” credo sia fondamentale, il “com’era” non lo darei per scontato. Porto un esempio concreto: nella ricostruzione dell’Emilia, stiamo inserendo cinque edifici che non c’erano, ma che andranno a rispondere a esigenze concrete. Nel dramma umano immenso, la ricostruzione deve divenire opportunità per ripensare un territorio.

Da pochi giorni è ripresa l’esperienza della SOS School. Qual è il bilancio del primo anno?
School Of Sustainability nasce per colmare un vuoto nel post-lauream. Non ci poniamo in competizione con le università: semplicemente ci siamo interrogati sulla possibilità di dare vita a un luogo che non sia un’accademia e neppure un ambiente di lavoro: qui, tuttavia, si comincia a ragionare con un’impostazione professionale. Ci focalizziamo su un filone preciso – l’architettura sociale e sostenibile – e forniamo strumenti per fare il mestiere. Proponiamo una formazione molto tecnica, affiancandole una visione umanistica. Gli insegnanti sono professionisti e attiviamo una connessione con il mondo dell’innovazione e con le aziende, affinché gli studenti imparino a dialogare con i soggetti con cui si misureranno ogni giorno.

Valentina Silvestrini

www.mcarchitects.it
www.schoolofsustainability.it

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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