“La Nuvola di Fuksas è costata troppo”. Analisi di una sciocchezza
Inaugurare un’architettura “pubblica” e tener fuori i cittadini è un atto miope e insensato. Ma da qui a concentrarsi su presunti sprechi e ruberie ce ne passa. E invece è stato questo il focus del sindaco di Roma, Virginia Raggi, all’apertura della Nuvola di Massimiliano Fuksas a Roma.
QUANDO L’ARCHITETTURA NON È PUBBLICA
Il commento che avevamo pronto per il dopo-Nuvola verteva sul concetto di “apertura”. Su cosa significa “inaugurare” una grande opera pubblica con la consapevolezza che debba essere pubblica per davvero, che debba essere digerita, difesa, apprezzata e considerata propria dal più alto numero di cittadini possibile.
Ieri, a Roma, la città è stata tenuta fuori: per entrare all’inaugurazione c’era una lista di invitati (noi eravamo ampiamente compresi, dunque non scriviamo per risentimento), i cittadini fuori dalle transenne a guardare le luci e ascoltare i suoni da lontano.
Intendiamoci: è comprensibile che si voglia organizzare un opening a inviti. Probabilmente è anche giusto. Ma poi? Un Paese serio fa seguire questo evento a una giornata, aduna due giorni, magari a una tre giorni di apertura a tutti. Permettere a chiunque, romano o ospite (tra l’altro l’appeal turistico dell’iniziativa non sarebbe stato da poco) di percorrere una nuova architettura è il primo ineludibile passo per fare in modo che la gente la senta poi propria, non la consideri un corpo esterno. Così non è stato fatto e a nostro avviso Eur ha compiuto una scelta grave.
TUTTI CONTRO GLI ARCHITETTI
Tuttavia questa riflessione su “apertura”, “restituzione alla città”, “partecipazione” è stata superata dagli eventi che si sono svolti all’interno e durante l’inaugurazione stessa. Le parole di Virginia Raggi meritano una riflessione perché riguardano il rapporto tra gli enti pubblici, il governo di prossimità, la trasformazione urbana, la nuova architettura, il rispetto del lavoro degli architetti – che sono quei signori grazie ai quali, oggi, Roma è Roma.
A nostro modo di vedere, volendo anche ammettere la presenza di sprechi, ruberie, inefficienze e costi maggiorati, tutte queste anomalie vengono perdonate un po’ a tutti i settori del pubblico amministrare, ma molto meno al settore delle infrastrutture e delle costruzioni. La mediocre politica e la cattiva amministrazione dilapidano soldi dovunque, ma 100 lire dilapidate per costruire ferrovie, musei o centri congressi risultano sempre enormemente più inaccettabili. Gravi a tal punto da portare un sindaco, come è successo ieri sera alla Nuvola di Massimiliano Fuksas, a prendere posizioni totalmente fuori luogo, peraltro senza un briciolo di preparazione sui dati, senza uno straccio di approfondimento.
Gli edifici pubblici, le grandi scelte urbanistiche, le opere di trasformazione urbana in Italia – e ancor più a Roma – non hanno il rispetto che meriterebbero, non hanno autorevolezza. Puoi dire “è costato troppo” anche se non sai nulla sui dati, tanto l’attacco funziona sempre, fa presa sempre. Sul Centro Congressi dell’Eur è sufficiente ripetere “è costato troppo” aggiungendo che però “è bellissimo” per contentare il popolino che ascolta (non la platea di addetti ai lavori, tuttavia, che correttamente fischia) e che si riconosce in quel che dici. Poco importa che magari non sia affatto vero che l’opera è bellissima (parliamone) e che non sia certamente vero che è costata troppo. Basta buttarla lì, come a un comizio di quart’ordine. Senza saperne in realtà nulla, senza aver studiato i dati, senza essersi abbassati a prepararsi prima, senza aver fatto confronti. Questo ha fatto Raggi. Ma non lo ha fatto necessariamente in cattiva fede, lo ha fatto perché tanto, contro l’architettura contemporanea, il rispetto non è dovuto, non è necessario. L’architettura contemporanea non è una cosa seria e si può parlarne bene o male senza necessariamente essersi preparati prima.
LA NUVOLA E I COSTI DEGLI EDIFICI
In primo luogo bisogna sottolineare che, se ci sono state delle malversazioni e delle ruberie (e difficilmente non è così in ogni grande lavoro pubblico in Italia) e se qualche pubblico amministratore ne è a conoscenza, è alla Procura della Repubblica che deve recarsi. Chi ha preceduto Virginia Raggi al Campidoglio faceva così: si trovavano magagne e si portavano le carte ai PM in Tribunale, di continuo. In secondo luogo bisognerebbe spiegare al Sindaco di Roma che, senza progetti folli, senza costi folli, senza tempi folli non ci sarebbe stata storia dell’architettura. Basta aprire un qualsiasi volume e passare in rassegna gli edifici che hanno segnato l’identità occidentale negli ultimi cinquecento anni: costi pazzeschi, tempi assurdi, progetti utopistici. Si è fatta così la storia e nessuno al mondo ci convincerà che ora è necessario interrompere il processo per far felice qualche demagogo intellettualmente insicuro. Il fatto, poi, che chi su questo ruba debba marcire in galera è pleonastico. In terzo luogo, infine, occorrerebbe porsi la domanda: la Nuvola è davvero costata molto? Sul serio un edificio di quelle caratteristiche è stato “caro” per 240 milioni di euro? Quanto sono costati edifici simili (chessò, la Filarmonica di Herzog & de Meuron ad Amburgo, il nuovo Auditorium di Firenze di ABDR, la nuova ala della Tate Modern a Londra) inaugurati negli ultimi mesi o anni? Davvero sono costati meno della Nuvola? Davvero è stato necessario meno tempo per costruirli? Qualcuno ha effettuato questi raffronti internazionali?
Ma noi siamo dalla parte di Virginia Raggi e diamo per buono il fatto che vi sia stato un aumento dei costi. Ipotizziamo – cadendo nel ridicolo – che la Nuvola dovesse costare, boh, la metà? Ipotizziamo che dovesse costare 100 o 150 milioni in meno. Stiamo parlando, nell’orizzonte dei quindici anni necessari alla sua costruzione, di circa 10 milioni di euro all’anno. Ripetiamo: 10 milioni di eventuale e difficilissimamente comprovabile extracosto all’anno. Se sono 10 milioni di mazzette, tangenti e ladrocini è gravissimo, intendiamoci. Ma parliamo di 10 milioni l’anno.
Come mai 10 milioni di euro l’anno sono così scandalosi da giustificare un sindaco di una grande città occidentale a fare quello che ieri ha fatto la Raggi? Arrivare al punto di “rovinare la festa” e di buttarla su sprechi e ruberie proprio di fronte alla platea di buyer internazionali che nelle prossime settimane dovrà decidere se e quali eventi portare nella nostra capitale rendendo sensato quell’investimento. Il motivo è semplice: l’architettura non ha rispetto, non ha considerazione, un edificio può essere iconico quanto gli pare e magari avere le potenzialità cambiare la storia di un territorio, ma se costa un centesimo in più di quanto preventivato si becca tutti gli attacchi possibili e immaginabili semplicemente per il fatto che è popolare farlo. Il populismo è un minimo denominatore molto comune nella politica italiana, ma sulle nuove architetture e sulle trasformazioni urbane si gonfia come un pavone.
DI SPRECHI E INVESTIMENTI
Ma da che pulpito viene la predica? In soli quattro mesi di governo, l’amministrazione di Virginia Raggi ha, volontariamente o involontariamente, imbalsamato qualsiasi attività economica che abbia relazioni con il Comune. Qualsiasi imprenditore (quelli che a Roma sono rimasti) viene lasciato da prima dell’estate semplicemente senza risposta dagli uffici preposti, l’economia ristagna e la disoccupazione aumenta, le aziende si concentrano su lavori fuori dalla città. Le azioni dell’attuale amministrazione hanno – solo per restare alle opere di trasformazione urbana – determinato una perdita netta di almeno 45 milioni di euro sulla ex Fiera di Roma, inflitto un danno incalcolabile sulle ex Torri delle Finanze dell’Eur (che ieri, mentendo, Raggi ha raccontato come futura sede di Telecom: lo sarebbero stato se il suo assessore all’Urbanistica non avesse bloccato il progetto) e stanno minando il progetto del nuovo Stadio dove ballano quasi 2 miliardi di investimenti e 400 milioni di opere pubbliche. La città continua a portarsi dietro problemi annosi di malgoverno che (dalla gestione delle affissioni all’affittopoli degli edifici comunali per arrivare all’evasione sui trasporti pubblici) comportano sprechi che lo stesso attuale vicesindaco ha quantificato in un fortunato libro in un miliardo all’anno. Ma un miliardo all’anno di sprechi è meno grave di un milione investito, se questo investimento riguarda una nuova architettura, un edificio importante, una costruzione firmata da un grande progettista che nella vulgata popolare è per definizione “inutile”.
L’intera cifra necessaria alla costruzione della Nuvola potrebbe essere recuperata in toto da Virginia Raggi se solo la sua amministrazione procedesse alla riforma del commercio ambulante (settore che, nonostante gli interventi di Ignazio Marino nell’area del Colosseo, umilia aree storiche e turistiche) mettendo a reddito cespiti e risorse oggi preda di autentici racket rispetto ai quali il Comune chiude entrambi gli occhi da decenni. Se l’amministrazione è così attenta alle finanze pubbliche, perché combatte per mantenere il settore nel caos e per aggirare una riforma tra l’altro imposta dall’Europa? Ovviamente è solo un esempio che funziona esattamente per ogni comparto della vita economica cittadina a Roma.
COS’È IL PONTE DEI CONGRESSI
Se Virginia Raggi è così attenta alle finanze pubbliche, come mai, nel suo discorso, ha messo tra le cose “che stiamo facendo”, vantandosene, anche il Ponte dei Congressi? Si tratta, appunto, di un ponte, un semplice ponte che servirà a rendere un po’ più agevole l’arrivo in città dall’aeroporto internazionale di Fiumicino. Nulla di particolarmente rivoluzionario, semplicemente un’infrastruttura volta a migliorare il comfort di chi sceglie l’automobile invece che il treno per arrivare in città. Costo? 145 milioni. Per un ponte. Laddove 240 milioni per un edificio della complessità della Nuvola sono uno scandalo che giustifica qualsiasi dichiarazione fuori luogo. In base a quale calcolo algoritmico o in base a quale ragionamento politico 145 milioni per il Ponte dei Congressi (ammesso che poi, aperti i cantieri, basteranno) sarebbero una medaglia da appuntarsi al petto e 240 milioni per la Nuvola sarebbero una vergogna da sputtanare in diretta Rai? Forse perché la Nuvola ha richiesto quasi vent’anni di lavori dal concepimento all’inaugurazione? Beh, il Ponte dei Congressi ha un iter che è partito – sempre con Francesco Rutelli sindaco – nel 2001 e i cantieri si apriranno, forse, nel 2017…
Un’amministrazione comunale che per incapacità o inquietante ideologia declinista fa in quattro mesi danni per miliardi, tutti facilmente misurabili, poi si erge a moralizzatrice per presunti sprechi da poche decine di milioni invece di concentrarsi sul potenziale volano di sviluppo (la Nuvola, se fatta funzionare e messa nelle condizioni di farlo, recupera in un anno il costo necessario a realizzarla). Invece di occuparsi dei miliardi di incontrovertibili sprechi annui riguardanti il Comune di Roma, che vengono alimentati invece che combattuti, la Sindaca Virginia Raggi ha ritenuto opportuno occuparsi di qualche decina di milioni di ipotizzabili sprechi annui riguardanti una società, l’Eur Spa, di proprietà dello Stato italiano.
“La verità è scomoda” ha detto il sindaco di Roma. Proprio così!
Massimiliano Tonelli
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