Illustrare la Grande Guerra. Tra passato e presente
Cosa ci fa una graphic novel di Gipi in una mostra sulla Prima Guerra Mondiale? E perché nel Salone del Parlamento, agli affreschi di Giovanni da Udine, raffiguranti la Battaglia di Lepanto del 1571, si sovrappone un videomapping tratto da “La Grande Guerra” di Joe Sacco? Il mistero si svela nelle sale del castello di Udine.
Tutto comincia nel 1930, quando Augusto Luxardo dona alla municipalità di Udine la sua collezione di periodici, volantini, libri e documenti sulla Grande Guerra: un patrimonio che comprende autentiche rarità e che il Comune ha appena riordinato, catalogato e digitalizzato. Dalla consistente mole di materiali – 5.700 pezzi – i curatori della mostra hanno disegnato una mappa che ricostruisce quel che leggevano e come ridevano i soldati in trincea: l’analisi si è concentrata sui giornali di trincea voluti dal Servizio Propaganda, dopo la disfatta di Caporetto, per distrarre, divertire, far giocare i soldati al fronte e le cifre stampate sui pannelli sono impressionanti: “Nei soli ultimi mesi del conflitto il numero dei materiali cartacei scambiati al fronte, sganciati sulle linee nemiche o diffusi all’interno del Paese raggiunse l’iperbolica cifra di 62 milioni di pezzi fra riviste, cartoline, manifesti, bollettini”. Roba da far impallidire qualsiasi rotativa contemporanea.
UN ALLESTIMENTO EFFICACE
Fin qui, ci si aspetterebbe una mostra documentaria, un po’ noiosetta e destinata agli addetti ai lavori, ma non è così. L’allestimento gioca un ruolo non secondario nel coinvolgimento del pubblico: si comincia con il videomapping nel Salone del Parlamento, si procede con touchscreen che consentono di sfogliare alcune riviste, ci si ferma a leggere le direttive destinate ai direttori delle riviste, ci si diverte a raccogliere i ciclostili stampati in trincea, a giocare con installazioni didattiche e a osservare le prime animazioni cinematografiche americane.
GLI ILLUSTRATORI DI IERI E DI OGGI
Chi conosce il panorama artistico del primo Novecento troverà grande soddisfazione rintracciando le firme di chi dirigeva e illustrava quei giornalini: Giorgio de Chirico, Carlo Carrà, Ardengo Soffici, Mario Sironi, per fare solo i nomi più celebri. Come nota Anna Villari, gli artisti, ancora abituati al sentire liberty di inizio secolo, chiamati dallo Stato Maggiore dell’esercito a “confortare e rinvigorire la fede patriottica delle truppe anche attraverso la diffusione di giornali illustrati […] si trovano dunque in un certo senso impreparati, anzi quasi ‘imbarazzati’, chiamati a svolgere un nuovo ruolo […]: quello della comunicazione”. Sfogliando San Marco, La Tradotta, Il Montello, La Ghirba, Signorsì, si scovano le illustrazioni di Umberto Brunelleschi, di Antonio Rubinio e di tanti autori che in tempo di pace segneranno la storia dell’illustrazione italiana.
Ma torniamo a Gipi. E a Hugo Pratt, Joe Sacco, Manuele Fior, Laura Scarpa, Jacques Tardi: tutti, per motivi differenti e in epoche differenti, si sono occupati della Prima Guerra Mondiale. L’hanno illustrata, chi con un libro leporello che raffigura la battaglia della Somme, chi affondando la penna nelle trincee, chi raccontando strazianti storie sanitarie, chi recuperando i racconti del bisnonno. Un’operazione di memoria e di creatività che, dalle antiche pagine ingiallite, giunge a edizioni che ancora profumano di inchiostro e che possiamo comprare in ogni libreria.
– Marta Santacatterina
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