Illuminare
L’esposizione rientra nel progetto IDEA COPERNICO inaugurato nel 2016 all’interno del CDD “Il Melograno” di Milano, con l’obiettivo di sviluppare e sostenere una collaborazione tra artisti e artisti con disabilità, attraverso un percorso d’incontri e laboratori.
Comunicato stampa
“Illuminare” è il titolo della mostra che dal 9 febbraio al 3 marzo propone al pubblico le opere di Barbara Bigoni, Manuela Ferrante, Loredana Gerace e Fabrizio Zagarella.
L’esposizione rientra nel progetto IDEA COPERNICO inaugurato nel 2016 all’interno del CDD “Il Melograno” di Milano, con l’obiettivo di sviluppare e sostenere una collaborazione tra artisti e artisti con disabilità, attraverso un percorso d’incontri e laboratori.
L’artista coinvolta per questa edizione è stata Donatella Izzo, che, in linea con la propria ricerca artistica, ha proposto agli ospiti del Centro un workshop sulla fotografia e l’interazione con altri mezzi espressivi come il collage e la pittura.
Grazie alle diverse abilità di ciascuno, la Izzo ha sviluppato un diverso approccio alla fotografia, intesa come acquisizione del visibile, mediante l’utilizzo di uno scanner elettronico, sostituendolo alla macchina fotografica.
In un alternarsi di gioco e sperimentazione, gli artisti hanno appoggiato su di esso svariati materiali, sintetici e naturali, nonché parti del proprio corpo che attraverso un processo di “illuminazione” venivano restituiti in un’immagine digitale.
Tale immagine poteva quindi essere semplicemente stampata in scala 1:1, oppure ingrandita in una sua parte per evidenziarne particolari affascinanti e inaspettati, per scoprire nuove sfumature e altrettanti incontri di linee e colore. Non solo, tale immagine poteva anche essere re-interpretata introducendo interventi materici.
Ecco allora alternarsi foglie raccolte in giardino a stoffe e fili, carta e plastica, colori e trasparenze, elementi scelti liberamente da ciascuno, lasciandosi trasportare da spinte sensoriali tattili e visive, immediate o ragionate.
Donatella Izzo sottolinea che le opere proposte, pur nella loro diversità contenutistica, sono accumunate da un filo conduttore chiaro e marcato, segno di un’efficace acquisizione della pratica esperita durante il workshop: “I lavori trasmettono una tangibile sensazione di energia e vitalità capace di coinvolgere lo spettatore e di renderlo partecipe di un’emozione: non in forma passiva, propria di chi solo guarda, ma stimolandolo a reagire con commozione.
I nostri artisti hanno abbracciato il potere della pratica artistica, comunicando senza il bisogno dell’intermediazione della parola, non temendo giudizi e non ponendo filtri di interpretazione alcuna, concedendoci tuttavia la possibilità di entrare in un mondo silenzioso e di scoprirne una quasi inaspettata vivacità.
Energici, decisi, impulsivi sono i tratti di colore che Barbara Bigoni ha utilizzato per ricoprire la pelle del palmo della sua mano, precedentemente scansionato insieme a un trifoglio.
In entrambe le composizioni si nota che il tratto convulso investe solo la pelle e si ferma, seppur faticosamente, in prossimità della foglia, quasi a volerne preservare l’identità e il colore naturale.
Di grande eleganza espressiva è l’opera realizzata da Fabrizio Zagarella, il quale sceglie di utilizzare un’immagine di grandi dimensioni per produrre nello spettatore un forte impatto visivo. Sceglie con sicurezza alcuni particolari di un filo bianco scansionato su fondo nero in diverse posizioni e ne cura la relazione costruendo la composizione finale. Forme nitide che emergono dal buio e che la luce valorizza per contrasto, in un susseguirsi e incrociarsi di passaggi tonali e luministici di grande raffinatezza estetica, per nulla scontata.
L’opera di Manuela Ferrante è un trittico che ci invita a un momento di raccoglimento e riflessione. Un’immagine di apparente calma e serenità viene improvvisamente investita da gesti irrequieti e volubili che termineranno solo quando anche l’ultimo centimetro di foglio bianco non verrà colmato da tratti colorati.
L’artista decide però che le due immagini devono coesistere quasi a voler indicarne l’indivisibilità e la compresenza necessaria per mettere in relazione due realtà apparentemente antitetiche.
Infine, l’ultima parte del lavoro è una teca trasparente chiusa, nella quale sono custoditi tutti gli elementi utilizzati per la composizione. È intuibile che Manuela ci vuole rendere partecipi del suo processo d’intenti e, contemporaneamente, desidera sottolineare il possesso esclusivo degli attrezzi utilizzati che ci è permesso osservare ma non toccare.
L’opera di Loredana Gerace ci trasmette sensazioni tattili quasi percettibili a pelle. Lo scanner fotografico ha rappresentato per quest’artista uno strumento di allegra scoperta, di restituzione dell’immagine della propria mano, attraversata dalla luce elettronica mentre si diverte a sfiorare tessuti e materie differenti. Le stratificazioni e le venature dei tessuti si mimetizzano tra le righe della sua pelle, a volte affiancandosi altre volte sovrapponendosi. Il risultato è un’incalzante rincorrersi di colori e forme, un curioso gioco di fuggevoli apparizioni ed effimere sparizioni”.