Simongini stronca Luca Bergamo, citando un’intervista di Artribune. La cultura a Roma muore?
Storico dell’arte, saggista e docente, Gabriele Simongini scrive un articolo che boccia la linea di Luca Bergamo in termini di cultura. E lo fa ripescando una recente intervista all’assessore, pubblicata su Artribune. Paralisi o rivoluzione? Chi ha ragione?
Ci è andato giù duro, Gabriele Simongini. Il suo lungo articolo, pubblicato giovedì 23 febbraio sulle colonne de Il Tempo, ha sferrato un colpo deciso all’amministrazione romana targata M5S, bocciando la linea di Virginia Raggi e del vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo. Storico, critico d’arte e saggista, docente all’Accademia di Belle Arti di Roma, Simongini mette in fila vuoti, impasse e vacuità, che starebbero paralizzando l’immenso potenziale della Capitale, in termini di prestigio e valorizzazione culturale. Insomma, il giudizio è tragico: quasi 9 mesi sotto il cielo pentastellato in Campidoglio e il vento non è cambiato per niente. Anzi.
Analisi in parte condivisibile, che inizia dal tema dei direttori museali: tante poltrone vacanti, in attesa di chissà cosa. Prima della lista la dirigente comunale ed ex direttrice del Macro nell’era Tronca, Federica Pirani: scaduto il suo incarico, “nessuno ha pensato bene di rinnovarglielo, nonostante l’ottimo lavoro svolto”. E nessuno l’ha però sostituita. Idem per il Museo in Trastevere, Palazzo Braschi e la Galleria Comunale di Via Crispi. Perché? Fino a quando?
Intanto la delibera 126 dello scorso dicembre mette nero su bianco il futuro Polo del Contemporaneo, che farebbe capo all’Azienda Pala Expo e includerebbe Macro, Pelanda e Ara Pacis. Ma con quale modello gestionale? E qui l’autore cita la lunga intervista fatta da Artribune a Bergamo, a partire dal passaggio in cui l’assessore sostituisce al concetto di “mostre” quello di “produzione”: non un principio sbagliato, in realtà, come sembrerebbe intendere Simongini. Ché il senso non era, evidentemente, “aboliamo le mostre”, ma trasformiamo i musei in luoghi capaci di generare progetti, anziché importare pacchetti precotti o limitarsi a mettere insieme prestiti e pezzi di collezioni: qui Bergamo ha ragione e Simongini si rivela troppo critico. D’accordo, ma come? Con quali budget? Con quale idea di governance? Con quale strategia di coinvolgimento dei privati? Con quali figure professionali? Tutte cose su cui la giunta Raggi non ha, ad oggi, fornito alcun segnale.
Il MAAM, L’ACCADEMIA E IL POLO CHE VERRÀ
Insomma, non basta dire, come disse Bergamo in quella stessa occasione, che “Il pubblico frequenterà il Polo del Contemporaneo non per vedere cose, ma per vivere un’esperienza”. Frase affascinante, quanto fumosa. E un po’ fumoso, astratto (ancorché preparato) pare a volte l’assessore. Tanto che si capisce poco dove inizi la sostanza e dove finiscano le metafore, l’attendismo e un certo autocompiaciuto gusto per la retorica.
E poi, perché scegliere per i musei di Roma un “modello di abusivismo culturale come il MAAM – Museo dell’Altro e dell’Altrove”, mentre nessuna attenzione viene rivolta all’Accademia di Belle Arti? È questo un ulteriore cruccio del critico, che mal digerisce l’inusuale riferimento dell’assessore: ispirarsi a uno spazio occupato, privo di una direzione definita, di una selezione curatoriale, di un peso istituzionale, e dimenticare chi – come l’Accademia – in questi ultimi anni sta spingendo sul fronte delle collaborazioni internazionali, dei dibattiti, delle attività espositive, culturali, editoriali.
Dunque, mentre Milano cresce, corre, vola, Roma resta al palo. Aspettando che si realizzi “un dialogo fattivo e concreto tra Stato, ovvero Mibact, e Comune, ovvero Assessorato alla Crescita Culturale, coinvolgendo nei modi giusti i privati”. Il Maxxi? “Mostre troppo deboli e per addetti ai lavori”; Palazzo delle Esposizioni? “In crisi nera“. Mentre nell’elenco delle grandi mostre milanesi compaiono giganti come Rubens, Keith Haring, Manet, Kandisky, Basquiat.
A sentire Bergamo c’è solo da aspettare: “Io penso che alla fine del mio mandato nulla resterà come prima”, ci aveva detto; e sempre in tema musei, “Stiamo costruendo un oggetto che a Roma non c’è, un mestiere che non esiste, che non fanno neppure Maxxi o Galleria Nazionale”. Ambizione che chiede pazienza. Sperando che non sia il solito vento delle rivoluzioni annunciate, consumate sui media e naturalmente mai compiute.
– Helga Marsala
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