Matera 2019. Tra opportunità e spreco
Mancano ormai una manciata di mesi all’inaugurazione dell’anno in cui sarà Matera la Capitale europea della cultura 2019. Eppure i preparativi non sembrano andare come dovrebbero.
Era ottobre 2014 e questo significa una cosa sola: sono passati tre anni pieni. Quel giorno la città esultò quando il Ministro della Cultura annunziò che proprio Matera, e non Siena o Perugia o Ravenna o Cagliari o Lecce, sarebbe stata Capitale europea della cultura nel 2019.
Si tratta di un titolo molto ambito, con un bell’appeal, con qualche discreto risultato in Italia in epoche remote ma soprattutto con risultati clamorosi giusto ai confini dell’Italia in epoche recenti: insomma il boom di Marsiglia 2013 lo hanno percepito e visto tantissimi italiani, data la prossimità della minimetropoli provenzale e gli ottimi collegamenti. Già, i collegamenti…
Quando l’appeal è elevato e le aspettative sono alte, cadere è più doloroso e rischia di essere fatale. E quando si cade, non cade una città, non cade un gruppo di persone: cade tutto un Paese nella sua credibilità diffusa. Fra l’altro non è il momento più propizio per far figuracce. L’Italia faticosamente prova ad agganciare una ripresa economica, faticosamente prova a rammodernare il suo apparato produttivo, faticosamente – perfino – prova a togliere dall’oblio le politiche culturali e a rimetterle, con scelte più o meno giuste, al centro di un racconto amministrativo che non prescinde dalla creatività, dai musei, dal mecenatismo contemporaneo. E proprio in questa fase delicata, proprio dopo la boa tutto sommato superata in chiave positiva di Expo Milano 2015, vogliamo inanellare un fiasco?
“È giusto che il sindaco di una cittadina da 60mila abitanti o il presidente di una regione da 500mila abbiano il potere di incrinare la credibilità di un Paese da 60 milioni, che su creatività, cultura e paesaggio campa?”
Matera 2019 sta rischiando davvero grosso e per motivazioni risibili e sciocche. La candidatura, una volta ottenuta, ha avuto già una prima imperdonabile fase di stallo. Successivamente, messasi in moto, è stata portata dalla politica locale su un binario sbagliatissimo, fatto di personalismi, clientele, narcisismi, scambi di favori, bassezze, assurde burocratizzazioni delle decisioni e di conseguenza lentezze del tutto incompatibili con una progettazione culturale degna di questo nome. Fra l’altro – e la cosa fa ancor più rabbia – alcune buone idee sono affluite, ma le risorse per finanziarle e renderle operative rimangono anchilosate nel gioco al massacro di veti tra Comune, Regione, Fondazione.
E pensare che – al di là dei pilastri contenuti nel programma di candidatura vittorioso firmato da Paolo Verri – le suggestioni erano e sono potenzialmente infinite. C’è il tema dell’architettura, a Matera semplicemente magica, che poteva stimolare un coinvolgimento dei grandi progettisti di oggi; c’è il tema del Mezzogiorno d’Italia e del Mediterraneo; c’è il tema dell’agricoltura, dell’allevamento; c’è un grandioso tema antropologico e sociale, oltre che di paesaggio culturale. Piuttosto che sviluppare in serenità e col dovuto tempo necessario queste tematiche, non si riuscirà neppure a costruire un pezzo di ferrovia per rendere dignitoso l’accesso alla città.
La speranza è che, come successo per Expo, il tempo venga recuperato all’ultimo e la manifestazione colga tutte le opportunità che presenta. Certo è che i mesi sciupati nessuno potrà darli indietro e il 2019 si avvicina a passi velocissimi. Nel frattempo Matera Capitale europea della cultura non è un tema nazionale, non se ne parla, non c’è dibattito, non c’è coinvolgimento del Paese da Trapani a Trieste, come invece dovrebbe essere per un evento di questa portata strategica.
“Matera 2019 sta rischiando davvero grosso e per motivazioni risibili”
Ed è proprio la portata strategica il punto. Può un Paese sfatto e disarticolato come l’Italia consentire che eventi di portata strategica vengano lasciati alla mercé di enti locali non sempre all’altezza? Di più: può un ente locale, uno qualsiasi, essere all’altezza di un compito simile, che invece chiama in causa la pianificazione nazionale (se continentale) di medio periodo? È giusto che il sindaco di una cittadina da 60mila abitanti o il presidente di una regione da 500mila abbiano il potere di incrinare la credibilità di un Paese da 60 milioni, che su creatività, cultura e paesaggio campa?
Il problema non riguarda soltanto Matera. Anche Roma, ad esempio, alcuni mesi fa – per meri motivi ideologici e populistici – decise di tirarsi indietro dalla competizione, nella quale era favorita a detta di molti, per ospitare i Giochi Olimpici del 2024: una grama figura per tutto il Paese, gentilmente offerta da un singolo ente locale.
Forse, dunque, è arrivato il momento che sulle grandi strategie (ancor più per quelle che riguardano la cultura) il Governo centrale sia maggiormente attento e presente, anche con nuove normative che impediscano a Regioni e Comuni di prendere con leggerezza delle decisioni (o di non prenderle, come sta succedendo a Matera) che possono poi impattare su tutti. Le decisioni che impattano su tutti le deve prendere il Governo nazionale e il Parlamento, non gli enti locali che nascono e vengono eletti per occuparsi di altre faccende.
Occorre dire che il problema di governance che poniamo se l’è posto evidentemente anche il Governo Gentiloni, se è vero come è vero che Matera 2019 e tutte le sue assurde lentezze operative sono state commissariate di fatto e da luglio 2017 Salvo Nastasi è l’uomo forte di Palazzo Chigi e del Collegio Romano in Basilicata. A questo punto però mancano meno di quindici mesi e i commissari risolvono alcuni problemi ma non sono solitamente attrezzati per i miracoli. L’auspicio è che almeno sia di lezione per le prossime volte. Ammesso e non concesso che dopo le fatiche di Expo, le incertezze di Matera e le assurdità delle Olimpiadi vi sia mai una prossima volta e che qualche organismo internazionale decida di assegnare un grande evento all’Italia.
‒ Massimiliano Tonelli
www.matera-basilicata2019.it/it
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