Elezioni politiche 2018. La cultura nel programma del centrosinistra

Il 4 marzo si vota – per chi sceglie di farlo – per dare un nuovo Parlamento e un nuovo Senato, e magari pure un Governo, al nostro Paese. Ma cosa dicono i partiti e le coalizioni a proposito di cultura e turismo? Ieri vi abbiamo raccontato del centrodestra (con una stupefacente Lega), oggi passiamo alla compagine di centrosinistra, guidata dal Partito Democratico.

A destra, per anni e tuttora, c’è un esercizio retorico che sostiene una tesi semplice e non del tutto errata: la “cultura” è stata per decenni appannaggio della sinistra. Non è questa la sede per discuterne la validità, ieri e oggi, e le ragioni che l’hanno generata. Ci si aspetterebbe però che fosse in qualche modo confortata da programmi elettorali che alla medesima cultura assegnino un ruolo rilevante. Ma non è così. Fatto salvo per il ruolo non certo irrilevante del ministro Franceschini all’interno del Partito Democratico, le proposte provenienti dal centrosinistra sono tutt’altro che rivoluzionarie. Quando ci sono.

CIVICA POPOLARE E INSIEME

Partiamo dai due partiti che, almeno a quanto dicono i sondaggi, sono i minori della coalizione a quattro del centrosinistra. Da un lato c’è Civica Popolare, il Partito della ministra Lorenzin, famigerata per alcune campagne di comunicazione (non entriamo nel merito dell’oggetto delle stesse) impostate in maniera ambigua e divisiva. Ora che si arriva all’appuntamento elettorale, il panorama si fa desolante. Di cultura, infatti, nel programma c’è appena una coppia di accenni, ed entrambi con una funzione che definire ancillare è un eufemismo. Si parla infatti di un non meglio definito “Ius Culturae” nelle 8 (OTTO) righe dedicate al capitolo Immigrazione; e di “iniziative culturali” rivolte ai giovani in un quadro “educativo” che ha come obiettivo la… Sicurezza. Fine.
Ancora più rapida si fa la lettura per quanto riguarda Insieme, formazione politica che raccoglie Partito Socialista Italiano, Verdi e Area Civica. La questione cultura, infatti, non è pervenuta.

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Se si tratti di una bolla oppure no, lo sapremo la notte del 4 marzo. Intanto il Partito guidato da Emma Bonino, erede dei Radicali, sembra godere di un seguito inaspettato.
Sul fronte cultura qualcosa si dice, anche se non moltissimo. E la prospettiva è quella “liberale” che dà un’impronta netta al programma nel suo complesso. Così si sottolinea come vada potenziata la capacità dei beni culturali di “generare progresso sociale ed economico” e come l’Italia sia “al penultimo posto nell’Unione Europea per investimenti pubblici in cultura”, a fronte di “90 miliardi di euro di giro d’affari, che corrisponde ad oltre il 6% del PIL”. Chiaro l’obiettivo, chiari i dati.
Che fare? “È necessario stimolare le imprese, profit e non profit, del comparto culturale e creativo a ‘fertilizzarsi’ reciprocamente e offrire all’industria culturale opportunità in termini di investimenti, disponibilità di fondi per ricerca e innovazione, accesso al credito e a nuove forme di finanziamento”. Tutto ciò con “investimenti strutturali” che ragionino in termini di medio-lungo periodo, al fine di “trasformare le imprese culturali italiane e gli artisti da ‘specie protetta’ in nuovi protagonisti della società”. Ebbene sì, esiste in Italia una forza politica che nel proprio programma cita gli artisti.
Fin qui si resta tuttavia nel vago. Le proposte più pratiche arrivano subito dopo: 1. Potenziamento della “Legge del 2%” (rarissimamente applicata) al fine di “attivare processi di innovazione sociale e culturale e di creazione di bellezza, così come sperimentazioni legate all’utilizzo delle nuove tecnologie da parte degli operatori culturali”; 2. Maggiori investimenti sulla formazione “degli addetti all’industria culturale e creativa”, con particolare riferimento a “soft skill, contaminazione con altri settori e altre culture”; 3. Affiancamento all’Art Bonus di “una legge che semplifichi e agevoli il mecenatismo culturale”.

Emma Bonino

Emma Bonino

IL TURISMO SECONDO IL PARTITO DEMOCRATICO

Il principale partito della coalizione di centrosinistra, di cui è espressione l’attuale governo, dedica ai temi del turismo e della cultura alcune pagine del proprio programma.
Il turismo è inserito nel capitolo sul lavoro (Più lavoro. E più qualità del lavoro), dunque inquadrato in una logica di “sviluppo economico e sociale”. E, similmente a quanto scrive la Lega nel proprio programma, anche il PD sottolinea la rilevanza del web a proposito di prenotazioni alberghiere e di altra natura. Ma mentre il Partito di Salvini pigia il pedale dell’acceleratore sulla necessità di favorire gli operatori italiani, il Partito Democratico punta a “sviluppare competenze e sistemi che permettano la promozione digitale dei propri prodotti”.
Con un triplice obiettivo: “La destagionalizzazione dei flussi, l’aggiornamento delle procedure di prenotazione e l’offerta di itinerari che coinvolgano le destinazioni minori per allungare il soggiorno”.

L’URBANISTICA SECONDO IL PARTITO DEMOCRATICO

Spicca per originalità – e basterebbe questo a dimostrare quanto sia basso il livello dell’offerta – l’attenzione che il PD dedica all’urbanistica, andando oltre il condiviso e vuoto slogan dell’attenzione alle periferie. Che anche qui c’è (“non può mancare un piano per la riqualificazione delle periferie”), ma inquadrato in un generale percorso di “rigenerazione delle città che, oltre a bloccare il consumo di suolo, devono incentivare interventi di manutenzione, recupero, riqualificazione del patrimonio esistente”.
Il problema centrale risiede, secondo il PD, in “norme urbanistiche esistenti, nate per rispondere alle esigenze del dopoguerra, [che] risultano superate e necessitano di un nuovo testo normativo moderno che si occupi dei nuovi problemi delle città, in particolare di quelli legati alla rigenerazione dei centri storici e alla trasformazione di funzioni oggi non più necessarie”. In questo senso, anche l’intervento nelle periferie assume – o dovrebbe assumere – connotazioni nuove, e il programma richiama la “cultura del rammendo” propugnata da Renzo Piano, nonché la Biennale Architettura del 2016 (intendendo il Padiglione italiano di quell’edizione, presumibilmente) come best practice da incentivare e rendere strutturali in un eventuale prossimo Governo.

Beatrice Lorenzin

Beatrice Lorenzin

LA CULTURA SECONDO IL PARTITO DEMOCRATICO

Si chiude con il capitolo Più cultura. Scuola e università al centro il programma del Partito Democratico. E se l’apertura è dedicata a un legittimo plauso per l’operato di Dario Franceschini, d’altro canto si scrive chiaramente che “cultura non vuol dire soltanto passato. E non vuol dire soltanto sapere umanistico”.
In una chiave inclusiva e sviluppista si fa allora riferimento, fra gli altri, alle “imprese culturali e creative”, al fatto che “cultura è design, è moda, è cibo, è capacità di progettare e di applicare la nostra arte ai canoni della produzione e alle esigenze dell’impresa” e – last but not least – “cultura sono le discipline scientifiche e tecnologiche che forse l’Italia ha colpevolmente, negli ultimi decenni, sottovalutato”. Ecco, l’unico macroscopico errore in questa parte del programma risiede in quel “forse”.
Al di là della retorica gaudiosa (“Cultura è ricerca, è la sfida della scoperta del nuovo e dell’inatteso, è il pensiero divergente che sovverte e rivoluziona antiche certezze, è la resilienza dei nostri ricercatori…”), al di là della legittima sottolineatura di quanto è stato fatto nella legislatura che si va concludendo (durante la quale “abbiamo puntato tutto sulla cultura”: qui l’estensore del programma si è fatto prendere la mano), quali sono le proposte concrete per i prossimi cinque anni di eventuale governo? Le proposte sono articolate in quattro macro-punti: 1. Rigenerazione culturale diretta alle “aree dismesse, sottoutilizzate, periferiche, segnalate da enti locali, reti locali di operatori, artisti o semplici cittadini, sul modello del progetto Bellezza@. Tutti potranno segnalare, utilizzando anche una mail, luoghi pubblici e spazi da ristrutturare, recuperare o reinventare: un fondo strutturale sarà destinato alla realizzazione di questi progetti”; 2. Istituzione di un fondo chiamato Patrimonio al sicuro, dedicato a “piccoli interventi di messa in sicurezza dei beni culturali in aree ad alto rischio sismico”; 3. Promozione di una sorta di mecenatismo dal basso, “incentivando e semplificando micro-donazioni di cittadini e turisti grazie all’uso di nuove tecnologie”; 4. Infine, il paesaggio, con la “tutela e valorizzazione sostenibile” dello stesso, ma anche maggiore attenzione “alle nuove forme di arte e architettura contemporanee”: buono il proposito, auguri per l’equilibrio (o meglio: l’equilibrismo) che comporta l’applicazione di linee guida siffatte.
Quanto finora descritto è rivolto al patrimonio esistente. Ma il PD ha anche qualche idea sul fronte della produzione. In sintesi: 1. “Sostegno alla produzione e alla tutela contemporanea”, con riferimento alle “imprese culturali e creative che investono in innovazione tecnologica”; 2. Una nuova “legge sull’editoria […] con misure di sostegno per tutte le filiere del libro”; 3. “Strategia integrata per la lettura e il ragionamento logico matematico”, che in fondo in fondo pare significhi sostenere “la rete delle biblioteche scolastiche”; 4. “Incentivi premiali” nel campo del teatro, della lirica, della musica e della danza; 5. “Piano nazionale per la cultura digitale”, col fine di (a) “istituire un fondo unico che raccolga tutti i finanziamenti già esistenti per completare la digitalizzazione e catalogazione del patrimonio culturale italiano”, (b) “introdurre la formazione al digitale obbligatoria, permanente e strutturale degli operatori”, (c) “potenziare le infrastrutture (banda larga in tutti i musei, archivi, biblioteche e altri luoghi della cultura pubblici entro il 2023)” [2023, non è un refuso]; 6. 18App, ovvero “rendere strutturale il bonus cultura per i neo-diciottenni”; 7. Erasmus della cultura.
Troppo poco? Troppo vago? Da uno dei migliori ministri della cultura del dopoguerra ci saremmo aspettati qualcosa di più, questo è certo. Anche restando al di qua di promesse impossibili da mantenere.

Marco Enrico Giacomelli

https://programma2018.partitodemocratico.it/
https://piueuropa.eu/
www.civicapopolare.it/
www.insieme2018.it/

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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