Biennale d’Arte di Venezia 2019. L’Italia ancora non ha nominato il suo curatore. Quando lo farà?
Le incertezze del quadro politico rischiano di pregiudicare una ottimale partecipazione nazionale dell'Italia alla prossima Biennale d'Arte di Venezia prevista per il 2019. Il Ministro in carica dovrebbe nominare il prescelto senza aspettare un nuovo esecutivo che non appare all'orizzonte
Probabilmente ormai molti cittadini lo hanno dimenticato e neppure ci pensano più, ma si darebbe il caso che siano passati qualcosa come due mesi dalle scorse elezioni politiche e i politici, che ne sono scaturiti, ancora non sono riusciti a trovare un accordo per formare un nuovo esecutivo che governi l’Italia. Tutto ciò ha naturalmente delle conseguenze diffuse sulla vita di tutti i cittadini, ma anche sul funzionamento delle istituzioni. Non fanno eccezione le istituzioni culturali e, prima fra tutte, il Ministero della Cultura. Le attività non si fermano mai, le nomine si susseguono e le incombenze si accumulano. E se sommi due mesi di campagna elettorale a due mesi di vacatio governativa, hai un quadrimestre di nebbia istituzionale in cui si rimandano le scelte e si posticipano gli annunci. Già, peccato che il mondo non stia ad aspettare l’Italia e ci si trovi, come ci si sta trovando, con importanti decisioni che vanno prese e che non vengono prese.
LA PROSSIMA BIENNALE ARTE A VENEZIA
Il caso esemplare è quello della Biennale di Venezia. Quella d’arte, non quella d’architettura che sta per svolgersi in Laguna tra poche settimane. La Biennale è tra un anno, occorre nominare il curatore del Padiglione Italiano dopo l’ottima prova dell’anno scorso quando Dario Franceschini, con la scelta di Cecilia Alemani (ufficializzata il 24 aprile del 2016, come si vede sono i numeri a dirci che siamo in ritardo), riuscì a portare la presenza tricolore ad uno standard di livello internazionale. Occorre nominare, e non si fa. Non si fa perché c’è la campagna elettorale, non si fa perché ci sono le elezioni, non si fa perché lo deve fare il prossimo governo. E così via. Intanto i tempi stringono e gli altri paesi hanno fatto l’unica cosa che è necessario fare per proporre al pubblico della mostra più importante del mondo un ottimo progetto: lavorare per tempo.
L’ITALIA “IN RITARDO”
Non che il Governo precedente non si fosse mosso, intendiamoci. Anzi Dario Franceschini aveva ben approntato la sua survay interna, aveva chiesto un progetto a dieci curatori italiani di ottimo livello, aveva dato loro (poco) tempo e aveva chiesto (tanto) impegno per partecipare alla call, praticamente il requisito era un progetto bello e anche sviluppato. La consegna degli elaborati? In febbraio. Il risultato? Sconosciuto. Sono passati quasi tre mesi ed è escluso che al Ministero stiano ancora dibattendo su quale sia il curatore da incaricare, semplicemente sono fermi per mere questioni politiche di opportunità, di educazione istituzionale o altro di simile. Sono fermi nonostante non ci sia una prospettiva sulla formazione del nuovo Governo. Se gli accordi politici non si troveranno affatto e si deciderà di andare a nuove elezioni in settembre l’Italia cosa farà? Rinunzierà a presentarsi alla Biennale col suo Padiglione? Facciamo appello dunque al Ministro, che è pienamente in carica seppur solo per gli affari correnti e le emergenze, di considerare questa nomina una emergenza o, come è, un affare corrente da ratificare. Dopo la buona prova del 2017, l’Italia non può per nessun motivo steccare il 2019.
– Massimiliano Tonelli
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