BoCs Art, ancora polemiche a Cosenza. Spuntano le foto delle opere danneggiate

Riceviamo le immagini di un deposito di opere d’arte, connesso  al nuovo Bocs Art Museum di Cosenza. Con tanto di denuncia: lavori rotti, abbandonati, accatastati alla rinfusa. Pubblichiamo la testimonianza, invitando il Comune a ribattere. E approfittando per fare alcune riflessioni sul progetto BocS Art e in generale sulle strategie politico-culturali legate a residenze e collezioni.

La querelle è esplosa sui social e i toni sono subito diventati roventi. Per il piccolo mondo dell’arte italiano è ormai una faccenda nota. Al centro c’è Alberto Dambruoso, stimato critico e storico dell’arte, allievo di Calvesi e studioso di Boccioni, docente all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, nonché ideatore del fortunato ciclo di art talk “I Martedì Critici”: la sua ira si è scatenata contro l’amministrazione comunale di Cosenza, dopo la revoca del suo incarico di curatore per il programma di residenze BoCs Art, partito nel 2015 e costruito intorno al nucleo di unità abitative che il Sindaco Mario Occhiuto aveva pensato per il lungofiume, in forma di piccole case-atelier per artisti.
Dambruoso ha gestito il progetto per due anni, invitando centinaia di artisti a vivere, lavorare, produrre ed esporre in quelle casette: viaggio, vitto e alloggio gratuiti (dietro rimborso), a fronte della donazione di un’opera. E di opere, il Comune, ne ha messe da parte tante, tantissime. Tutte destinate alla collezione del costituendo Museo d’Arte Contemporanea di Cosenza, fortemente connesso alle residenze stesse, tanto da condividerne il nome: Il BoCs Art Museum è stato inaugurato a dicembre 2017 all’interno del quattrocentesco complesso monumentale di San Domenico. La prima mostra? L’ha curata Dambruoso, presentando parte delle produzioni acquisite gratuitamente dal museo. L’accordo – da quel che si diceva ovunque e da quanto emerso sulla stampa – era chiaro: lo spazio lo avrebbe diretto colui che in questi anni aveva fatto crescere e conoscere la realtà dei BoCs. Tutto teorico, però. Di effettivi contratti non c’è mai stata traccia.

Complesso monumentale di San Domenico, sede del BoCs Art Museum

Complesso monumentale di San Domenico, sede del BoCs Art Museum

I NUOVI INCARICHI

Eppure, il direttore in pectore del nuovo museo cosentino oggi non è più direttore di niente. Né del museo, né del villaggio per artisti sul fiume. L’amministrazione decide all’improvviso di puntare su altri nomi. Stavolta a presentarsi come uno fra i responsabili della prima mostra è l’artista locale Maurizio Orrico, che – con una mossa un po’ naïf – da curatore dell’allestimento espone tra le opere (selezionate da Dambruoso, per altro) anche una sua scultura, dedicata all’”eterno dualismo tra il maiale e l’uomo”. A curare le residenze arriverà invece Giacinto Di Pietrantonio, ex storico direttore della Gamec di Bergamo, uomo forte della scena milanese, nome super accreditato nel circuito del contemporaneo nazionale.
Dambruoso, uno che notoriamente non le manda a dire, denuncia l’inattesa sostituzione e ne approfitta per battere i pugni sul tavolo a proposito della faccenda “budget”: i rimborsi di diversi artisti non sono ancora stati liquidati e lo stesso curatore rivendica circa 25mila euro di cachet che il Comune dovrebbe ancora sborsare a lui, alla sua associazione e al suo staff. I dirigenti degli uffici preposti negano, minimizzano, sostengono di aver pagato o di essere in procinto di farlo, mentre i toni s’inaspriscono e la baruffa si fa incontenibile su Facebook, con il coro degli artisti che sposa compatto la causa del curatore silurato.

IL PROBLEMA DELLA CONSERVAZIONE E GLI SCATTI INEDITI

Ma la telenovela prosegue. Ci vengono infatti consegnate una serie di fotografie digitali, scattate in quello che dovrebbe essere un deposito del Bocs Art Museum. Qui pare trovino posto parte delle opere donate, in attesa di essere esposte o collocate in qualche sede istituzionale. Lo spettacolo non è tra i più rassicuranti. E proverebbe ciò che Dambruoso stesso ha più volte denunciato: incuria, approssimazione, cattiva conservazione, arrivando al caso di opere distrutte, gettate per errore, scomparse.
E davvero le foto danno l’idea di una catasta di opere stipate alla rinfusa, danneggiate, persino rotte, non archiviate e imballate a dovere, in un contesto apparentemente non idoneo a proteggere dipinti, disegni, sculture, fotografie. Più simile alla bolgia di un’umida cantina, che non al blindato caveau destinato a beni di valore. Le immagini, che per dovere di cronaca scegliamo di pubblicare, ci sembrano documenti eloquenti, anche in assenza di nostre ulteriore indagini in loco.

Magazzino del BoCs Art Museum di Cosenza

Magazzino del BoCs Art Museum di Cosenza

Secondo quanto riferitoci da alcuni artisti il magazzino si troverebbe nel complesso monumentale di San Domenico, adiacente al chiostro dell’ex convento e in prossimità del Bocs Art Museum: un locale al piano terra, senza finestre, privo di chiave o di lucchetto, quindi accessibile a chiunque da ben due ingressi (come le stesse foto lascerebbero intendere, mostrando persino una semplice rete di protezione bucata).
La parola va naturalmente all’amministrazione comunale di Cosenza, affinché possa confermare o smentire, facendo luce sulla vicenda. Anche in considerazione della tipologia di contratto tra le parti, cofirmato dal Comune e dagli stessi donatori: le clausole parlano di “idonee coperture assicurative per i danni materiali”, di “obbligo” dal parte dell’ente donatario di custodire “con diligenza” i beni e di sostenere i costi di “manutenzione”, “allestimento” e “valorizzazione”, “garantendone la fruizione e la tutela a mezzo di personale qualificato”.

Magazzino del BoCs Art Museum di Cosenza

Magazzino del BoCs Art Museum di Cosenza

CONSIDERAZIONI AL MARGINE DI UN PROGETTO DI RESIDENZE

Ora, al di là dei problemi con i rimborsi, gli incarichi e le opere, c’è qualcosa nella gestione complessiva che non convince. E che fa apparire ancor più stonata l’improvvisa rimozione del curatore, proprio quando si poteva cominciare a raccogliere dei frutti, in termini di sviluppo e di progettualità.
Se è infatti vero che i 27 “bocs” hanno contribuito a rivitalizzare il territorio attraverso la creatività contemporanea, coinvolgendo i cittadini e riqualificando una zona periferica tradizionalmente poco valorizzata, ci pare altrettanto evidente che la formula individuata in origine dall’ amministrazione avesse ormai esaurito la sua funzione. Il format BoCs Art si era un po’ incartato in un meccanismo di accumulazione compulsiva e prolungata: flussi di centinaia di nomi e opere, nell’equivoco che qualità e quantità fossero quasi sinonimi. Selezionare pochi artisti avrebbe certo significato collezionare poche opere; ma con un filtro più orientato e serrato il progetto ne avrebbe guadagnato in coerenza.

BoCS Art Cosenza 2016

BoCS Art Cosenza 2016

Sono poi mancati investimenti utili a una migliore articolazione del programma, così da offrire agli artisti stimoli significativi, al di là della mera esperienza di soggiorno in comitiva: sessioni di studio, workshop tematici, progetti site specific sulla città, collaborazioni istituzionali, masterclass con intellettuali e curatori, convegni, fellowship, esperienze con tutor internazionali. Tutto questo però ha un costo, in termini di organizzazione e di economie. Si tratta allora di strategie differenti: spendere per pagare treni e pranzi a 300 artisti, oppure invitarne 30 e investire su percorsi di ricerca, spazi, ospiti e magari sull’acquisto di alcune opere?
All’interno di questa cornice, la creazione di un museo per il contemporaneo diventava il vero sbocco di una pur lodevole intuizione. Su cui, certamente, il direttore designato contava parecchio: nel futuro quartier generale poteva finalmente nascere un’attività di produzione culturale più strutturata.

Alberto Dambruoso con Danilo Eccher

Alberto Dambruoso con Danilo Eccher

E IL FUTURO?

E così diventava centrale l’idea di una collezione, pur se costruita tramite mere donazioni: pratica purtroppo diffusa, nella penuria di fondi che oggi sacrifica visioni e bilanci di quasi tutte le amministrazioni. Generosi gli artisti, a sposare la causa; ma nella convinzione che le opere meritassero la dovuta attenzione, in quanto a valorizzazione e conservazione. Le foto consegnate ad Artribune sembrano raccontare una storia diversa.
E allora, che fine ha fatto e farà il cospicuo fondo messo insieme dal Comune di Cosenza? Quale sarà l’identità del museo, al di là della semplice rotazione dei lavori accumulati in questi anni (alcuni interessanti, altri molto meno)? Quale vocazione, regia, programmazione? Sarà forse Di Pietrantonio a prenderne le redini, come nuovo direttore? Che ruolo avrà invece Orrico? E come si svilupperanno le residenze? Insomma, BoCs prova davvero a fare un salto in avanti, come sostengono gli amministratori? Nell’attesa di scoprire i dettagli del nuovo corso, il dibattito sulle politiche culturali locali resta centrale, anche e soprattutto per quelle aree del centro-sud in cui la costruzione di un sistema efficiente del contemporaneo è ancora tutta da verificare, da ripensare.
Cosenza ci sta provando, tra meriti ed errori. Placare le polemiche, difendere quanto di buono è stato fatto (e chi ha lavorato fin qui), mettere a punto gli aggiustamenti necessari, guardare a modelli internazionali più rodati e articolati: e se BoCs Art ripartisse da qui?

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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