Cento giorni da Ministro. Alberto Bonisoli e i primi tre mesi ai Beni Culturali
Molto attivo sui social, con certi post propagandistici che abbiamo fortemente criticato, ma non altrettanto lanciato sul piano del governo (e del cambiamento). Cosa ha prodotto nei suoi primi 100 giorni il Ministro della Cultura? Ecco cosa abbiamo trovato…
Alberto Bonisoli, ministro in quota pentastellata a capo del Dicastero dei Beni Culturali, è uno dei pochi rappresentanti dell’esecutivo con un profilo squisitamente tecnico. Laureato alla Bocconi, già professore di Innovation Management ed ex Direttore della prestigiosa NABA di Milano, è stato presidente della Piattaforma Sistema Formativo Moda e dell’AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica). Cultura, creatività, formazione e management, all’insegna di varie cariche istituzionali. Nel 2018, infine, la nomina a Ministro.
Attività politica, prima d’oggi? Nessuna. Un fatto che ha reso ancor più stonata, inspiegabile, forzata, la modalità con cui sta gestendo le sue pagine social, come abbiamo raccontato di recente: poche notizie in materia di cultura, poche segnalazioni su provvedimenti effettivi, troppi post propagandistici e di scarsissima rilevanza, a supporto del M5S e soprattutto del suo capo politico, Luigi Di Maio. Esternazioni inopportune, queste ultime, per una pagina ministeriale, ancor più incomprensibili nel caso di una figura che dovrebbe brillare per competenze specifiche, non certo per ragioni di attivismo politico: il sospetto che dietro molte pagine governative ci sia la regia unica di Casaleggio & friends viene eccome.
TANTA COMUNICAZIONE, POCA SOSTANZA. ED È ANCORA LUNA DI MIELE
Ma perché giudicare un Ministro da come gestisce i social? Non solo da quello, ci mancherebbe. Anche se – oltre a un evidente problema di neutralità istituzionale e di eleganza – il tema della “comunicazione” continua a fornire chiavi di lettura imprescindibili: è questo, oggi, il vero nodo della vita politica nazionale, nonché l’arma affilatissima impugnata del governo Di Maio-Salvini con i rispettivi, micidiali staff. Uscite studiate nel dettaglio – basti guardare la letterina sul decreto Spazza-Corrotti, scritta con un linguaggio da fumetto e condita da inquietanti slogan giustizialisti – mentre i contenuti veri fanno fatica ad arrivare. Il Governo del Cambiamento, al di là di porti chiusi, proclami anti casta e anti migranti, eventi pubblici, polemiche e una forsennata attività sui social network, si connota al momento per una serie di clamorose giravolte (dal caso Vaccini all’ILVA), che smentiscono l’iniziale spirito di contestazione e confermano la linea dei predecessori. Oltre che per una consistente dose di “niente”. Cento giorni di dibattiti accesi e di scarsissimi risultati concreti. È ancora il tempo dell’attesa, mentre la famosa “luna di miele” con l’elettorato non accenna a diminuire: numeri bulgari, acclamazioni di massa, idolatrie gonfie di fede, più che di normali speranze. Segno che la faccenda “propaganda/comunicazione” conta assai più del fattore “governo” (il quale, notoriamente, non paga: fare equivale anche a dividere, scontentare, alimentare dissenso).
SE MANCA UNA VISIONE
E la cosa, ahinoi, sembra valere anche per Alberto Bonisoli. Cento giorni a capo dei Beni Culturali – da cui è stato intanto scorporato il Turismo, passato all’Agricoltura per volere del Ministro Centinaio – e gli indizi di una svolta sono pochi, se non nessuno. Dovendo fare una prima valutazione generale, basata su percezioni esterne, sui segnali lanciati, su quanto veicolato dai media e sui canali ufficiali, non si riesce a intuire quale sia anche solo la linea intrapresa, la visione complessiva, l’idea di governance e di politica culturale che il Ministro avrebbe (in teoria) sbozzato in questi mesi. Su cosa intende puntare strategicamente? Quale l’indirizzo di massima? Quali gli obiettivi principali? Quale l’identità del suo progetto politico? Non ci sono elementi, a oggi, che facciano intravedere un’azione di riforma, un disegno organico.
L’argomento di cui si è dibattuto di più è quello relativo alle prime domeniche del mese gratis nei musei, introdotte – con ottimi riscontri – dall’ex Ministro Dario Franceschini. Bonisoli annuncia prima di voler sopprimere il provvedimento, poi spiega meglio e – in parte – ritratta. L’dea è quella di abolire sì la giornata fissa con accesso free, ma per lasciare a ogni direttore la libertà di stabilire quando e come attuare politiche di ricerca del pubblico e di agevolazione per l’accesso a mostre e collezioni. Il tutto in base alle esigenze territoriali, ai target, ai contesti. Una libertà che si fonda su una logica corretta, in direzione di un rafforzamento dell’autonomia che i musei statali, con la riforma Franceschini, hanno ottenuto già. Il che non esclude il mantenimento di una misura che funziona. Stringendo, in buona sostanza, si tratta di una cancellazione: la legge che oggi uniforma l’ingresso gratuito ai musei di Stato – con una comunicazione unica e omogenea, dunque più efficace, con una regia coordinata, con una scelta d’indirizzo precisa – verrebbe praticamente superata. Al momento nulla è comunque deciso: sono ancora in corso confronti con i direttori e valutazioni tecniche.
ACCORDI, BANDI E VISITE UFFICIALI
Sbirciando poi tra i famosi profili social del Ministro, ma soprattutto tra i tanti comunicati stampa pubblicati in questi mesi, poco altro sembra degno di attenzione. Fioccano le visite ufficiali in luoghi di cultura e gli appuntamenti istituzionali (riunioni con i sindacati, con i vertici di Matera 2019, con ministri di paesi esteri, con i soprintendenti, etc.); spuntano comunicazioni di servizio o messaggi di prammatica (da alcune operazioni dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale al cordoglio per l’operaio morto a Palazzo Reale di Milano); si segnalano persino le audizioni nelle commissioni di Camera e Senato, mentre abbondano le presenze a opening importanti (dalla Mostra del Cinema di Venezia alla restituzione del capolavoro di Guarino Guarini nella cappella della Sindone, a Torino, passando per il rinnovato Museo Archeologico di Aquileia, il Giffoni Film Festival o la Festa della Musica). E fin qui semplice routine di palazzo.
Tre le carte si scorge qualche accordo rinnovato o bando pubblicato, sulle orme di quanto fatto nei mesi e negli anni passati, come nel caso della collaborazione tra Uffizi, Centro Fiorentino per la moda italiana e Pitti Immagine Discovery, finalizzata alla valorizzazione della moda e del museo del costume di Palazzo Pitti, o come per i bandi destinati ai “contributi selettivi ai film e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva”, con una disponibilità di risorse pari a 38,5 milioni di euro, in aumento rispetto al 2017 (36,6 milioni di euro): anche in questo caso sono disposizioni riconducibili al governo precedentemente in carica, nello specifico a un documento del 15 marzo scorso (“Riparto per l’anno 2018 del fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’ audiovisivo e modifiche ai decreti del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo del 31 luglio 2017 emanati ai sensi degli articoli 26 e 27 della legge 14 novembre 2016 n. 220”).
Nulla di nuovo anche nel caso dell’ItalianCouncil, il programma a sostegno dell’arte contemporanea italiana promosso dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane (DGAAP) del MiBACT, guidata da Federica Galloni: annunciati da poco i vincitori della terza edizione e lanciata la quarta, con il nuovo bando che stanzia 1.080.000 euro. Non un’iniziativa nuova, dunque, ma un’utile e intelligente programma lanciata nel 2016 durante il Governo Renzi, sull’esempio del British Council e della Mondriaan Fonds, “per incrementare”, come spiegò l’allora Ministro Franceschini, “le collezioni pubbliche attraverso la promozione e l’acquisizione di opere di artisti italiani contemporanei, sia per rafforzare la presenza dei nostri autori sulla scena internazionale“.
Ancora dal passato arriva l’Unità per la Sicurezza del Patrimonio Culturale, istituita nel 2017 e non ancora entrata in funzione. Bonisoli si attiva e sceglie come Direttore generale Fabio Carapezza Guttuso, figlio di Renato Guttuso. Un’idea altrui, che il corso degli eventi politico-elettorali aveva congelato e che il Ministro ha il merito di riprendere e rilanciare.
L’ANNUNCIO DI NUOVE ASSUNZIONI
Piccole cose da segnalare, ma certo utili, sono ad esempio l’avvio della cooperazione turistica e culturale tra la Direzione Generale del MiBACT e la testata giornalistica China EconomicDaily (controllata dal Primo Ministro della Repubblica Popolare Cinese), nell’ambito delle iniziative per il “2018 Anno del Turismo Europa-Cina”, annunciato nel 2016 e inaugurato a Venezia nel gennaio 2018, dall’ex Premier Paolo Gentiloni. Fu Bonisoli a firmare l’accordo, lo scorso giugno, quando ancora la divisione Turismo non era passata all’Agricoltura.
Nessuna traccia di nuovi accordi internazionali, di provvedimenti sostanziali in materia fiscale, di stanziamenti o spostamenti di risorse, di nuove normative relative alle gestione dei siti, di fondi straordinari intercettati tramite associazioni filantropiche o grossi mecenati. E nessun eventuale piano di riforma per il sistema museale e le soprintendenze. Al momento non v’è traccia di rivoluzioni. E la domanda è: rispetto all’operato di Franceschini, sarà rottura radicale o piena continuità?
Qualcosa si muove, pare, sul piano “assunzioni”, di fondamentale importanza per un settore che penalizza giovani professionisti, con qualifiche di alto profilo e nessuna prospettiva, e che però sconta in molti casi un surplus di burocrati inadeguati e poco motivati. Giusto il 6 settembre, in un comunicato stampa, il Ministro spiegava:”Ho già attivato un canale con la Funzione Pubblica per indire alcuni concorsi, il primo dei quali dovrebbe vedere la luce all’inizio del prossimo anno. Ho anche spiegato quali sono le mie priorità: innanzi tutto la messa in sicurezza dei beni, problema sul quale mi sono già mosso nei giorni scorsi con l’istituzione di una nuova unità operativa. Ma la carenza di personale è una delle emergenze che mi sta più a cuore. Sono partito con una serie di proposte normative che sono già a punto anche rispetto al quadro esigenziale di tipo finanziario. Ad esempio sulla questione annosa dei cosiddetti ‘funzionari ombra’, vincitori di concorso rimasti senza adeguamento contrattuale ed economico”. Non c’è che da attendere, augurandosi un bel ricambio di idee e di talenti.
Certo, cento giorni sono pochi. Ma sono anche l’occasione preziosa di un avvio, di un racconto da coniugare al futuro, schizzato su una pagina bianca. Immaginando tempi, modi e strategie di lavoro. E contano l’imprinting, la velocità, la creatività, il carattere e il pragmatismo. Pochi tre mesi, ma qualcosa in più ce l’aspettavamo.
“Massimo impegno per valorizzare e rendere fruibile, con un’attenta programmazione e una gestione oculata delle risorse, l’immenso patrimonio artistico del nostro Paese”. Così aveva esordito Alberto Bonisoli, lo scorso 4 giugno, al margine del suo insediamento ai vertici dei Beni Culturali, nel nuovo studio di via del Collegio Romano, poco dopo il passaggio di consegne con Franceschini. E se tanti rimpiangono già l’ex Ministro – figura politica e non tecnica, che seppe circondarsi di ottimi collaboratori e che attuò un rinnovamento forte, sulla base di una chiara visione personale – a Bonisoli non c’è che da consigliare una bella accelerata. Meno comunicazione inutile (a partire dai tanti post fuori fuoco sui social) e più concretezza. Che poi sarebbe il vero cambiamento auspicabile per l’improbabile governo Conte: lavorare, innovare, riformare. Assumendosene il rischio e riponendo l’ombrello comodo della propaganda. Dalla luna di miele al divorzio, in certi casi, il passo è breve.
– Helga Marsala
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