Chi sarà il nuovo direttore del Pecci? Parola alla Presidente Irene Sanesi
A poche ore dall’annuncio dei nove candidati alla direzione del Centro Pecci a Prato, la Presidente Irene Sanesi commenta gli ultimi eventi. A cominciare dagli attriti con il direttore uscente Fabio Cavallucci.
Presidente Sanesi, siamo a un momento di svolta per il nuovo Pecci. Poche ore fa sono scadute le candidature per il nuovo direttore. Come è andata?
Penso si possa dire “poche – di qualità”: 5 italiane e 4 straniere.
Cosa vi aspettate?
A breve si metterà al lavoro la Commissione che nomineremo con l’obiettivo di arrivare a una short list da sottoporre al Consiglio.
Che tipo di nomina farete?
Penso sia fondamentale entrare nel merito dei singoli curricula guardando alle competenze, all’esperienza e alle softskill.
Siete ottimisti?
Sempre, ottimisti intendo.
Intanto in un’intervista il direttore uscente Fabio Cavallucci fa capire che come Consiglio d’Amministrazione gli avete messo i bastoni tra le ruote: addirittura bocciandogli una mostra su Andy Warhol capace di bissare il successo in termini di numeri della mostra d’esordio del nuovo museo. Come è andata?
In realtà la programmazione era nelle sue mani da sempre e aveva la possibilità di lavorare a una mostra blockbuster facendo delle scelte. Sono state privilegiate mostre di altro tipo e ha avuto campo libero nel realizzarle. Al momento la copertura finanziaria per la mostra di Andy Warhol non c’è e “rischiare” la mancanza di sostenibilità sarebbe un azzardo. Oggi la reputazione di un’istituzione culturale non può prescindere dalla sostenibilità del bilancio. Su questo punto abbiamo opinioni diverse; i fatti mi danno ragione e se abbiamo chiuso il primo bilancio (2016) in avanzo è il frutto di un lavoro incredibile di controllo minuzioso sui conti.
Cavallucci dice anche che chi verrà dopo di lui non avrà vita facile: sta gufando o sta facendo una sincera e preoccupata previsione?
Questa domanda penso avrebbe la stessa risposta se la ponessimo a tutti i direttori di musei: chi ha vita facile oggi nella cultura, per di più nell’arte contemporanea? Però sì, quando parla in questi termini ci mette una buona dose di sindrome francese (non me ne vogliano i vicini di casa): dopo di me il diluvio.
Ma non era più serio e opportuno da parte del CdA riconfermare per un altro mandato questo direttore? D’altro canto non è riuscito a gestire il museo per un periodo adeguato di tempo anche a causa del protrarsi del cantiere. Non meritava una chance ulteriore?
Non dimentichiamo che una Fondazione come la nostra è soggetta alla normativa sulla trasparenza e anticorruzione che pone la rotazione degli incarichi tra i principi fondamentali. Il cantiere è sicuramente una variabile della gestione, ma non può essere un alibi: fa parte di quelle difficoltà fisiologiche che un direttore incontra sul suo cammino.
In città qualcuno dice che la scelta di cambiare direttore risponde solo a logiche di clan politico: sono arrivati i renziani e non possono confermare il direttore nominato da quelli di prima. Anche se ha fatto numeri e risultati. Commenti?
I numeri e i risultati sono il frutto di un lavoro corale e credo che il modello dell’uomo (e della donna) soli al comando sia superato. Così come ci sono passaggi che vanno ascritti ai singoli: il programma artistico sicuramente al direttore, il lavoro sul fundraising e di accountabillity alla sottoscritta. I 15.000 visitatori della domenica del Grand Opening sono il frutto di una scelta del Consiglio di aprire gratuitamente il Centro alla città e alla Toscana.
Cavallucci scadeva ad aprile scorso e poteva tranquillamente lasciare con un bilancio sicuramente positivo. Non condivido questo suo atteggiamento, non lo trovo appropriato per chi ha cariche di rilievo. La scelta della call, poi, conferma la piena volontà di aprirsi a un confronto con più candidature.
Cavallucci dice anche che per gestire una macchina complessa come il Pecci occorrono 4 milioni all’anno mentre ve ne sono due e mezzo. Quale è il punto di vista del presidente a riguardo?
L’incremento del budget è uno degli obiettivi che si è posto questo Consiglio di Amministrazione. Sappiamo che le Istituzioni pubbliche stanno già facendo molto, anche se abbiamo chiesto di fare di più. Stiamo sondando anche il fronte estero dei fondi di investimento, ma è ancora presto per pronunciarsi. Quello che sicuramente è fondamentale è “lavorare bene e parlare meglio” dell’istituzione culturale, altrimenti la perdita di reputazione è il primo grave rischio per quello che gli inglesi chiamano people’s empowerment: nuovo pubblico, donatori, soci, sponsor, comunità, follower. E ho detto tutto.
Come se non bastassero questi dissapori e questi attriti, il Museo deve confrontarsi anche con una causa legale per questioni giuslavoristiche
Si tratta di un’eredità della precedente gestione per cui la Fondazione ha un fondo rischi e oneri a bilancio: vedremo come affrontarla. Sono fiduciosa.
Il prossimo anno il Centro Pecci spegnerà trenta candeline…
Sì, un bel traguardo davvero. Lo staff è già al lavoro, perché la risorsa più grande sono le persone che danno continuità alla missione culturale. Le sfide non sono finite.
– Massimiliano Tonelli
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