ArtVerona. La collezione di Mauro De Iorio al Festival Veronetta
Dal 13 al 16 ottobre, a Verona, il quartiere Veronetta, sull’asse di via XX Settembre, ospita eventi diffusi che affiancano un fitto programma di live session, dj set e appuntamenti di sound art al Teatro Camploy, al Colorificio Kroen e nel Polo Universitario di Santa Marta. Ma all’interno di questi percorsi, ecco emergere anche la voce di una significativa collezione privata veronese.
Mentre ArtVerona promette di presentare e tracciare al meglio il venire a galla di realtà emergenti, di qualità, all’interno del centro cittadino il pubblico della fiera verrà sospinto a conoscerne le differenze. Proprio come al civico 13 di via XX Settembre, dove la Collezione De Iorio presenterà gli interventi di tre artisti: Benni Bosetto, Gabriele De Santis ed Helena Hladilová, quest’ultima invitata dall’art project Treti Galaxie. Tre progetti autonomi che propongono una riflessione su tre differenti ricerche artistiche contemporanee in uno spazio inusuale, diventato espositivo per l’occasione. Abbiamo intervistato Mauro De Iorio, per approfondire scelte e temi che percorreranno fiera e fuori-fiera a Verona.
La sua specializzazione medica in diagnostica per immagini come ha condizionato la ricerca, attraverso determinate sensibilità, all’interno dell’arte contemporanea?
La mia passione per lo studio del corpo umano si è sempre accompagnata a quella per lo studio della psiche e dei suoi processi. Oltre alla diagnostica per immagini mi sono, infatti, sempre interessato anche alla psicanalisi. Quando ho cominciato a collezionare arte contemporanea mi sono accorto che i miei gusti nella scelta delle opere erano condizionati dagli archetipi più presenti nel mio immaginario e questo mi ha portato a una maggiore consapevolezza di me stesso.
Come si è modificata, negli ultimi dieci anni, la sua propensione verso le disposizioni politiche degli artisti contemporanei? Esiste un trait d’union ricorrente che potrebbe legare quasi tutti i lavori da lei scelti?
Sinceramente non ho avvertito particolari tensioni politiche nelle opere dei giovani artisti contemporanei, forse perché, con il tramonto delle ideologie, la scena politica non ha suscitato grandi entusiasmi. Mi sembra piuttosto di cogliere un interesse verso le questioni sociali come le migrazioni planetarie, il cambiamento climatico, i disastri ambientali, le nuove tecnologie e le loro implicazioni, le battaglie civili, come quelle sulla identità sessuale e sui diritti delle minoranze culturali.
Per quanto riguarda il trait d’union delle opere della mia collezione, credo che sia il fatto che tutte suscitano in me delle emozioni e, anche se alcune scelte sembrano contraddittorie, esse riflettono i molteplici aspetti della mia personalità.
Qualche anno fa Giuseppe Panza di Biumo sosteneva che collezionare significa non solo preservare, ma anche rimettere le ‘proprie’ opere d’arte a disposizione degli altri. Che cosa significa, per lei, vivere la propria collezione?
La mia collezione la vivo come uno spazio mentale in cui mi confronto con le opere che ho scelto e in cui traggo piacere dai significati che ciascuna di esse ha per me.
Certamente chi ha la fortuna di poter collezionare opere d’arte ha anche il dovere di metterle a disposizione della collettività. Se le istituzioni pubbliche siano poi interessate, questa è un’altra questione. Resta sempre la possibilità di creare degli spazi privati aperti al pubblico, cosa che comporta costi notevoli e quindi chi può farlo è certamente un benemerito.
Molto spesso, oltre a lavori di artisti internazionali, nella sua collezione rientrano artisti emergenti italiani. Quali sono, secondo lei, teoretiche e urgenze che gli under 35 stanno affrontando in maniera preponderante?
Non sono in grado di esprimere un giudizio motivato sulle urgenze dei giovani italiani perché non studio a tappeto l’intera scena nazionale, ma la approfondisco solo parzialmente, prendendo in esame gli artisti che arrivano alla mia osservazione, magari casualmente attraverso il web, e che hanno delle assonanze con il mio gusto, quindi che praticano un’arte più immaginifica che concettuale.
Come, secondo lei, creare un dialogo più proficuo tra collezionisti e istituzioni? Quale modello, come ad esempio quello americano, affrontare?
Ho la sensazione che le istituzioni non abbiano un particolare interesse per il collezionismo in genere e che spesso si rivolgano a noi solo perché hanno bisogno di alcune opere per i loro allestimenti, ma non certamente per instaurare un rapporto organico e collaborativo.
Questo lo si evidenzia anche vedendo la composizione dei CdA dei vari musei e istituzioni in cui non trovano spazio i collezionisti e dove, invece, abbondano imprenditori e persone legate al mondo della politica.
ArtVerona è fra le tre fiere più in crescita del nord Italia. A suo modo di vedere, perché, durante questa kermesse, il collezionismo privato, emergente e affermato, ha trovato maggiore terreno fertile, una voce differente? Quali strategie ha affrontato, come ad esempio il Comitato d’Indirizzo?
La fiera ha voluto coinvolgere in maniera effettiva i collezionisti che avevano voglia e tempo di impegnarsi con le loro idee e proposte nell’organizzazione dell’evento fieristico e del fuori fiera. Il clima tra i collezionisti e lo staff dirigenziale è stato fin da subito molto positivo. Il risultato di questa collaborazione è la nuova edizione di ArtVerona, dove hanno trovato spazio alcune nostre idee e già ne stiamo raccogliendo di nuove per l’edizione dell’anno prossimo.
Potrebbe raccontarci in breve come la Collezione De Iorio parteciperà al Festival Veronetta? Quali saranno le tematiche valorizzate del percorso?
Il Festival Veronetta è un progetto che si è sviluppato intorno a un’idea di Christian Caliandro con l’intento di creare, attraverso il coinvolgimento artistico del quartiere di Veronetta, un processo di integrazione e collaborazione della sua componente multietnica. Sono convinto che questo progetto entusiasmante dimostri il nostro impegno in un campo che trascende i tradizionali interessi di una fiera; l’originalità e la sua valenza sociale possano essere di esempio per altre città.
Perché scegliere, per esplicitare la propria presenza in questa edizione, il lavoro di Benni Bosetto, Gabriele De Santis ed Helena Hladilová, invitata dall’art project Treti Galaxie?
In questo Festival sono entrato casualmente quando Gabriele, di cui sono già un entusiasta collezionista per la fantasia e l’ironia dei suoi lavori, mi ha chiesto di aiutarlo a trovare un luogo dove realizzare un progetto che aveva in mente. Quando mi sono imbattuto in un ex ristorante di Veronetta, che Marina Ruggieri, una cara amica che lavora nel mondo dell’arte, mi ha messo a disposizione, vedendo che gli spazi erano molto articolati, ho pensato fosse l’occasione per me di promuovere altri progetti che mi stavano a cuore. Il mio pensiero è andato subito a Benni Bosetto, il cui lavoro mi affascina particolarmente e che seguo da tempo. Di Helena Hladilová mi avevano molto colpito alcuni lavori visti da Treti Galaxie e soprattutto un magnifico tappeto pieno di riferimenti mitologici e fantastici visto a Palermo nello spazio Ascensore.
In Brasile, alcuni anni fa, un ristretto, ma agguerrito, numero di collezionisti riuscì a modificare una legge-tagliola che regolamentava la tassa su importazioni e esportazioni, impedendo a galleristi stranieri di approdare a SP-Arte. Se potesse esistere una corporazione di collezionisti in Italia, quali leggi, quali sgravi o incentivi chiedere al Governo italiano?
La prima cosa che mi viene in mente è che dovrebbero essere uniformate in tutti i Paesi europei le tariffe IVA per le opere d’arte, mentre attualmente esistono delle grandi differenze che favoriscono, conseguentemente, le gallerie di alcuni Paesi stranieri rispetto a quelle italiane. Inoltre, sarebbe auspicabile che si trovassero delle forme di detrazione fiscale per le sponsorizzazioni di eventi culturali e che venissero introdotte delle agevolazioni dell’IVA per gli acquisti finalizzati ai depositi museali a lungo termine (10/20 anni).
Potrebbe esprimere un pensiero che accompagni la tredicesima edizione di Art Verona?
Più che un pensiero è un invito, rivolto ai collezionisti e agli operatori coinvolti nel sistema dell’arte, a venire ad ArtVerona, visitare la fiera e i suoi eventi collaterali, e a comunicarci osservazioni e consigli per migliorare le prossime edizioni.
‒ Ginevra Bria
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