Artisti da copertina. Parola a Luca Loreti
Intervista all’autore dell’ultima copertina di Artribune Magazine, nuovo talento “scoperto” da Daniele Perra.
Luca Loreti nasce a Chiavari nel 1990 per pura casualità: i suoi erano in vacanza nella cittadina ligure. Sin da subito ha uno spiccato talento per il disegno che lo spinge a intraprendere un percorso artistico e a lavorare anche quando dorme. Frequenta il Liceo Artistico, dove viene bocciato al terzo anno. Ma è grazie a questa bocciatura che incontra il suo mentore e da lì l’arte diventa la sua vita. Trova interessante l’essere umano e il sesso perché ci dice: “Cosa c’è di più bello di essere eccitati e fare l’amore?”.
Carta d’identità.
Sono nato nel ’90 a Chiavari ma ho sempre vissuto a Milano, dove ho frequentato prima il Liceo Artistico, poi l’Accademia di Belle Arti di Brera, indirizzo Pittura. Lo scorso dicembre ho conseguito il diploma specialistico.
Quando hai capito che volevi fare l’artista?
Mia mamma racconta che, dopo aver visto Guernica di Picasso, sono tornato a casa e l’ho riprodotta per come me la ricordavo. Questo disegno non esiste da nessuna parte, quindi credo sia solo una bella leggenda.
Hai uno studio?
Sì, un luogo dove lavorare è necessario.
Quante ore lavori al giorno?
Lavoro anche quando dormo.
Che musica ascolti, che cosa stai leggendo e quali sono le pellicole più amate?
Quasi esclusivamente Punk Rock. Ho finito da poco la biografia su Joe Strummer di Chris Salewicz e ieri sera ho rivisto Bastardi senza gloria di Tarantino.
Qual è il tuo bilancio fino ad oggi?
L’opera di oggi è più bella di quella che ho realizzato ieri.
Un progetto che non hai potuto realizzare ma che ti piacerebbe fare?
Nel 2015 ho iniziato un progetto che si chiamava Frat /77: un film su come si realizza un’opera d’arte. Lo sto portando avanti più lentamente di quanto mi piacerebbe, ma al momento non ho la tranquillità economica per realizzarlo come vorrei.
Su cosa stai lavorando?
Ho finito da poco la tesi all’Accademia di Bella Arti di Brera, con il prezioso supporto di Giacinto Di Pietrantonio. È stato un bel momento per ragionare su tutto quello che ho fatto finora. Sto quindi riguardando e facendo evolvere il lavoro. Mi riferisco in particolar modo all’installazione che ho realizzato per la collettiva Exhibition of the year 2016 e alla serie di opere Slap/Snap che ho avuto la possibilità di esporre alla Bocconi Art Gallery dal 2016 al 2017.
Come ti vedi tra dieci anni?
Sicuramente più vecchio.
Sei un appassionato di musica Punk Rock e per un periodo hai cantato in un gruppo. Questo ti ha aiutato nei tuoi lavori performativi?
Ho avuto un gruppo Punk Rock per qualche anno ma da quando ho quattordici anni ho sempre frequentato l’ambiente. A gennaio 2017 ho avuto la possibilità di fare una performance dove, insieme ad altri quattro amici, abbiamo suonato tre pezzi dei Ramones. Non vedo l’ora di rifare qualcosa di simile.
Hai fondato /77 ma da poco hai concluso quell’esperienza. Cosa porti con te di quell’attività di natura più curatoriale?
/77 è stato fondato da Alessandro Moroni e Giulia Ratti, ai quali Nicole Colombo e io ci siamo uniti dopo la prima mostra. Io e Nicole avevamo appena concluso un altro progetto di organizzazione mostre durato tutto l’anno precedente. Durante queste esperienze ho incontrato tanti artisti. Ora cerco di ridare quello che ho ricevuto come mi riesce, realizzando opere, organizzando progetti o insegnando. Credo siano solo diverse sfaccettature di un unico percorso.
Mi ha colpito molto del tuo lavoro la capacità di creare quadri che si fanno scultura. La superficie bidimensionale con te si fa tridimensionale. Di che cosa si tratta?
Gioco col linguaggio dell’arte. Ho lavorato una lastra di ferro fino a farla assomigliare ad un tela tesa su un telaio, verniciandola con un procedimento industriale e lasciando arrugginire il disegno che ho realizzo al centro. La ruggine diventa pigmento. C’è tantissima pittura all’interno di questo processo, ma non uso né il pennello né un solo tubetto di colore. È una scultura appesa alla parete eppure sembra un quadro fino a quando non ti ci trovi davanti.
Da cosa nasce il tuo interesse per il fumetto e come si colloca nella tua ricerca?
Si è conclusa da poco la serie Rat-Man di Leo Ortolani con un finale emozionante. Ecco, per me Leo è un artista. Il suo modo di scrivere, raccontare, disegnare è emozionante. Non ci siamo mai conosciuti ma allo stesso tempo ci conosciamo (credo) dal 2003. Cerco nel mio lavoro di mettere tutto ciò che ho imparato fruendo di racconti come questo.
Le tue illustrazioni prendono forma attraverso sagome leggere. Installazioni più che racconti su carta.
Non aggiungerei altro.
Blowjob è una scultura luminosa in vari formati che ricorda le lampadine sugli specchi dei camerini di un teatro. Che ruolo hanno l’erotismo e il sesso nel tuo lavoro?
Trovo interessante l’essere umano, trovo interessante il sesso e quello che produce la mia generazione. Quando ho realizzato il primo Blowjob stavo riflettendo sui termini di ricerca da usare sui siti porn-free. Mi piace fermarmi e pensarci su. Cosa c’è di più bello di essere eccitati e fare l’amore?
Com’è nata l’immagine che hai creato per la copertina di questo numero?
È una foto del processo di realizzazione della serie di lavori esposti alla Bocconi Art Gallery di Milano nel 2016. Un fermo-immagine sulla ruggine che si forma sulla lastra e dà vita al disegno.
‒ Daniele Perra
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #42
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