Torino. Luca Beatrice lascia il Circolo dei Lettori. L’intervista
Non vuole assolutamente rientrare nella conta delle cosiddette “figure apicali” che sono costrette a lasciare il proprio ruolo a Torino. Sta di fatto che Luca Beatrice, da otto anni presidente del Circolo dei Lettori, è stato invitato a fare un passo indietro. Qui però c’entra la Regione più che il Comune. E la “patata bollente” del Salone del Libro. Abbiamo chiesto un po’ di dettagli al diretto interessato. Che, come al solito, non ha risparmiato stoccate a nessuno: da Giovanna Melandri a Massimo Bray a Nicola Lagioia.
Hai fatto il presidente del Circolo dei Lettori per otto anni. Qual è il bilancio?
Ottimo, eccellente. Sono stati otto anni di una bella esperienza umana, soprattutto. Ho avuto l’occasione di lavorare con uno staff giovane, composto da quasi tutte donne, preparato, entusiasta: mi ha arricchito molto. Pensa che ho anche imparato a fare l’amministratore di denaro pubblico, senza sprechi, calcolando gli interessi passivi – di solito chi fa i bilanci crede che non esistano. È stata un’esperienza che mi ha insegnato molto soprattutto nell’ambito della gestione.
Al tuo arrivo, in che situazione era il Circolo?
Quando sono arrivato, il Circolo aveva quattro anni di vita. Era stato voluto da Antonella Parigi [attuale assessore alla Cultura della Regione Piemonte, N.d.R.] al tempo delle Olimpiadi Invernali del 2006 quando – ti ricordi? – c’erano un sacco di soldi. Era un momento particolarmente felice per la nostra città. Il Circolo era un esperimento pilota e ha funzionato.
Che tipo di luogo era?
Ho trovato un luogo molto ben messo a livello di struttura, forse poco avvezzo alle contaminazioni linguistiche, poco capace di comunicare. In otto anni credo che l’abbiamo trasformato in un luogo che è diventato l’incrocio di tante culture diverse, decisamente più aperto alla città.
In otto anni di presidenza, quanti eventi sono stati organizzati?
Migliaia e migliaia! Calcola una media di cinque eventi al giorno per sei giorni alla settimana (ma qualche volta anche alla domenica) per undici mesi all’anno. Senza contare festival come Torino Spiritualità… Insomma: tanta roba.
Il Circolo ha poi iniziato anche a uscire da se stesso.
È stato un volere della Regione Piemonte, che ha voluto dargli una vocazione meno torinocentrica, con l’apertura a Novara, poi Exilles per l’estate, probabilmente in futuro anche Rivoli.
Non sei stato vittima del meccanismo dello spoil system quando la Regione è passata dal governatore Cota al governatore Chiamparino. Com’è successo?
Io sono stato scelto da Michele Coppola [all’epoca assessore alla Cultura della Regione Piemonte, N.d.R.], che ringrazio sempre per l’opportunità che mi ha dato. È vero che questo è un lavoro che non è mai stato retribuito…
È la dura vita di tutti i presidenti, no?
Beh, non proprio tutti.
Cioè?
Io non sono come la Melandri, che cambia gli statuti per farsi dare uno stipendio [il riferimento è al suo ruolo di presidente della Fondazione MAXXI di Roma, N.d.R.]. Io sono ligio alle istituzioni: nel momento in cui accetto di rivestire un incarico, lo faccio con le regole esistenti.
“Il fatto che io sia stato al Circolo dei Lettori per otto anni anziché otto e mezzo, ecco, cambia poco. Non sono il personaggio che resta alla guida di un’istituzione per vent’anni, perché è una cosa insana”.
Torniamo allo spoil system che non c’è stato.
Sergio Chiamparino – con la direttrice del Circolo, Antonella Parigi, con la quale avevo lavorato per quattro anni – mi ha confermato.
Com’è stato lavorare con la Parigi?
Lo dico senza piaggeria: nonostante il suo carattere non semplice, nonostante i suoi sbalzi d’umore spesso repentini, è una delle persone più intelligenti che io abbia conosciuto negli ultimi anni. Visionaria, un po’ folle, con grandi aperture mentali… L’ho confermata nel ruolo di direttore quando il vento politico tirava in un’altra direzione, perché mi sembrava assurdo privarmi di una figura così capace. Probabilmente lei e Chiamparino mi hanno a loro volta confermato ritenendo che allo spoil system era preferibile la continuità.
Quando sarebbe stata la scadenza naturale del tuo mandato?
Sarebbe coincisa con l’approvazione del Bilancio preventivo, quindi nella primavera del 2019.
Abbiamo letto il tuo signorilissimo post su Facebook. Ci puoi dire qualcosa di più che giustifichi la scelta delle tue dimissioni?
Non è che ho deciso di andarmene. In questo caso la politica, l’azionista di maggioranza del Circolo, ovvero la Regione Piemonte, ha chiesto al CdA di fare un passo indietro e di dimettersi perché ha in mente una diversa governance sulla questione libro a Torino.
Che vuol dire Salone del Libro.
Quella è la patata bollente, l’evento Salone. Avendo sostanzialmente liquidato la Fondazione per il Libro [l’ente che dal 1994 ha organizzato, fra le altre cose, il Salone del Libro, N.d.R.], c’è bisogno di qualcuno che organizzi il Salone. In questi ultimi mesi c’è stato un balletto fra Comune e Regione, e ora pare che siano addivenuti a questa soluzione. Mi auguro che sia quella più percorribile e che il Salone non cannibalizzi il Circolo.
Quindi la Regione, attraverso il Circolo dei Lettori, organizzerà il Salone del Libro?
Esatto, il Circolo diventa il braccio organizzativo del Salone, prendendo al suo interno due figure: una se vuoi più istituzionale, che è quella di Massimo Bray, in qualità di presidente; l’altra, quella di Nicola Lagioia, come direttore artistico, diciamo così…
“Diciamo così”?
A lui piace molto farsi chiamare direttore. Secondo me, anche quando va a fare la spesa alla Lidl, si fa chiamare direttore.
E a te non andava di metterti in mezzo a questa grana?
Prima di tutto, nessuno me l’ha chiesto. Penso di aver svolto il mio ruolo con grande senso civico nei mesi in cui mi è stato chiesto di apporre firme ai limiti, sapendo che la situazione del Salone era terrificante, soprattutto dal punto di vista della situazione debitoria nei confronti dei fornitori. Terrificante. Probabilmente sarebbe stato peggio non farlo, quindi – anche se ho avuto qualche titubanza nei mesi della preparazione dell’edizione 2018 – alla fine ha prevalso il senso di responsabilità. È chiaro che, in una governance nuova, Bray doveva avere questo ruolo primario.
“Il Circolo diventa il braccio organizzativo del Salone, prendendo al suo interno due figure: Massimo Bray e Nicola Lagioia”.
È la figura giusta, a tuo avviso?
Il Salone è un evento che dura cinque giorni, un macro evento che è sicuramente il più importante per l’editoria in Italia. Il Circolo dei Lettori – se così continuerà a essere – ha invece una vita quotidiana, che ha bisogno di una presenza anch’essa quasi quotidiana. Probabilmente nomineranno un vicepresidente.
Non te lo vedi Bray a svolgere un ruolo così continuativo?
Al massimo fa una conference call! Poi viene a prendersi gli applausi quando c’è la conferenza stampa del Salone… Lui è un perfetto Ministro della Cultura per un qualsiasi governo, di qualsiasi colore, dal Movimento 5 Stelle e Lega al PD e Forza Italia: potrebbe stare dovunque. E, secondo me, quello vuole fare.
In un paio d’anni Torino ha perso una quindicina di “figure apicali”. Cosa sta succedendo?
Non sono d’accordo. Il fatto che io sia stato al Circolo dei Lettori per otto anni anziché otto e mezzo, ecco, cambia poco. Non sono il personaggio che resta alla guida di un’istituzione per vent’anni, perché è una cosa insana. Penso di aver fatto bene il mio lavoro e che ora sia giusto che qualcun altro venga al mio posto. Noi siamo dei professionisti della cultura: arriviamo, partiamo, cambiamo… Sono contrarissimo alle roccaforti di potere!
Ora cosa farà Luca Beatrice?
Mostre!
Anche con l’insegnamento mi pare che tu sia parecchio coinvolto.
Io faccio il docente da ventisette anni! Fra i tanti lavori che faccio, quello è l’unico che mi riconduce al senso della realtà. La formazione di individui giovani è una grande responsabilità civile. Fare una mostra o un libro più o meno belli, invece, non cambia niente: è una questione di narcisismo.
Come ti vedresti nel ruolo di direttore dell’Accademia Albertina di Belle Arti?
Non lo farò mai! Il direttore dell’Accademia è uno che deve lavorare tutti i giorni, tutti i santi giorni!
Dai, sii serio!
L’Albertina dovrebbe essere chiusa per un paio d’anni e completamente ristrutturata, perché ora non si può lavorare. Ma chi si prende questa responsabilità?
– Marco Enrico Giacomelli
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