CityLife. Operazione grandi navi a Milano
L’area di CityLife sta lentamente portando a compimento la realizzazione del suo masterplan, con i suoi nuovi 650 alloggi a firma di Zaha Hadid e Daniel Libeskind, pronti per entrare nel mercato immobiliare. Con incertezze e tanti dubbi sul vero significato della rigenerazione urbana.
Come sarebbe Milano se avesse il mare? Se da una parte è nato un comitato creativo che promuove il mare a Milano come forma di vera rigenerazione urbana, con tanto di concorso pubblico per chi produce la più suggestiva cartolina con vista mare della città, dall’altra c’è chi ha già costruito le navi pronte per salpare. E se il primo è una forma libera e divertente di comunicazione per esercitare il diritto di poter immaginare la propria città per il futuro, il secondo è l’ennesima ripetizione dei grandi investimenti urbani nascosti sotto il nome della “rigenerazione”.
La vista che offre la via Plutarco sulle residenze di Zaha Hadid ricorda molto da vicino quella che da via Garibaldi a Venezia si può avere al passaggio delle grandi navi da crociera, tanto da aspettarsi di vedere all’orizzonte anche qualche spruzzo d’acqua. I volumi costruiti di Daniel Libeskind, dalle superfici sfaccettate e le grandi balconate, portano il nome di Milano Mozzafiato, che trascendono qualsiasi, seppur (geo)referenziata, riflessione architettonica. E per inciso, i tre grattacieli a firma degli stessi e di Arata Isozaki sono stati soprannominati “il Dritto, lo Storto, il Curvo”, per riconoscerli e distinguerli, come nelle migliori tradizioni anglosassoni.
Di fronte a queste operazioni commerciali, c’è da domandarsi se sia davvero ancora l’architettura a fare la differenza nei grandi progetti di rigenerazione urbana. CityLife è l’ennesima conferma di quanto questo strumento abbia perso il suo valore intrinseco, la sua forza poetica e politica, la sua capacità di generare comunità, nelle mani di chi lo utilizza come cartina di tornasole o mezzo commerciale, con più o meno consapevolezza e soprattutto conoscenza, proponendo modelli di trasformazione del territorio che hanno già ampiamente dimostrato essere fallimentari. Lo sviluppo della gentrificazione come motore urbano economico di investimento e rigenerazione sta già valutando i suoi limiti e tendando di riparare modificando i propri connotati, in latitudini ben più capaci di assorbire questi gradi di incisione sul territorio.
Si è ancora lontani dal poter dire se quella parte di città vedrà germogliare e scorrere la vita quotidiana (e ce lo auguriamo tutti!), in una Milano sempre più aperta e in movimento, capace di generare idee, forme di comunità, ma soprattutto di azione, al di là di quell’eccesso di spettacolarizzazione in nome della vitalità urbana, che spesso ancora la caratterizza.
Simona Galateo
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