Le palme di Piazza Duomo? Non una stravaganza a caso. Dietro c’è l’esperto Marco Bay
Tra chi si lamenta per l’aspetto troppo africano, chi proprio non si abitua alla visione, chi ne fa un discorso politico e chi, invece, apprezza. Non mancano nemmeno i vandali, purtroppo. Ma ad aver concepito il palmeto di Piazza Duomo c’è un professionista, che si occupa di giardini e di verde urbano…
“Queste piante le potrei considerare come lombarde, perché vivono felici da più di cent’anni nei giardini segreti milanesi. E io ho voluto portare in città l’eleganza milanese di questi luoghi, eleganza che già Stendhal aveva ammirato e ricordato. Non ho fatto che compiere un gesto contemporaneo nel disporre le piante in questo modo. E poi è un allestimento che dura tre anni, non un giardino”.
Così ha commentato la sua opera, in un intervista a Repubblica, l’architetto Marco Bay, ideatore di un allestimento green a Piazza Duomo. Dietro l’operazione c’è il colosso del caffè made in USA, Starbucks, che sta per aprire una nuova sede a Piazza Cordusio. Un omaggio della multinazionale, dunque, per la nuova avventura meneghina, nel segno della più felice collaborazione fra pubblico e privato.
La polemica, com’è noto, è insorta fra i media, i social network e le aree politiche di destra e centrodestra, qui per ragioni di valutazione estetica, lì per sciocchi ideologismi nazionalisti, provando a scongiurare l’”africanizzazione di Milano”.
MARCO BAY, UN ESPERTO DI VERDE URBANO A MILANO
Piaccia o non piaccia, il progetto ha avuto l’ok del Comune e della Soprintendenza, e l’architetto si è aggiudicato il lavoro grazie a un bando. Tutto secondo le regole, quindi.
Ma chi Marco Bay? Milanese, laureatosi nel ‘93 in architettura al Politecnico, s’innamora dell’estetica dei giardini e inizia a studiare in Inghilterra quelli di Geoffrey Jellicoe. Da allora il centro della sua ricerca diventa l’architettura del paesaggio e, inaugurato il suo studio nel 1997, comincia a realizzare opere in aree pubbliche e private: restauro di giardini storici, riqualificazione ambientale di spazi commerciali e industriali, nuovi insediamenti urbani, campi sportivi e spazi museali all’aperto. Tra il 2005 e il 2009 fa parte della commissione edilizia per il comune di Milano e proprio nella sua città realizza diversi interventi botanici, dall’Hangar Bicocca al Palazzo Campari, dal Cortile di Palazzo Reale al terrazzo di piazza Beltrade, passando piccole oasi in via Brera e via del Lauro. Insomma, un professionista, con una lunga esperienza e una visione. Certo è forte la proposta per il Duomo: nella piazza della più grande cattedrale gotica d’Italia, dove coltri di nebbia e luci adamantine definiscono l’orizzonte, Bay ha inserito un boschetto esotico in cui dominano palme, banani, graminacee, canne e fiori dalle tonalità del rosa. Manco fosse il Marocco. Per qualcuno un’immagine che stride troppo col contesto, per altri un meraviglioso innesto, che dischiude un teatro lussureggiante.
NIENTE PAURA PER I RIGIDI INVERNI
E al di là del gusto, potrebbe essere un problema (con eccessivo dispendio di risorse) la cura dell’inedito giardino? Magari col rischio che gli arbusti non resistano al freddo? Senza considerare il tema dell’identità italiana, che ha spinto dei teppisti a dare fuoco ad alcune palme appena piantumate, sulla scia di certa propaganda fascista. Ma Bay rassicura su entrambi i fronti: “È una palma che cresce nei giardini milanesi. Vive a temperature rigide e sta qui da 100 anni: se ha superato 100 inverni…”. Stessa cosa dicasi per i banani, di cui esistono specie tipiche delle zone montane. E poi, quel che conta è l’effetto finale, di cui si potrà avere contezza solo in primavera inoltrata, a cantieri finiti e nel mezzo delle fioriture: la sua “architettura vegetale” – così l’ha definita – è fatta per generare sorpresa, seduzione, straniamento. Che è un po’, a detta sua, la vocazione di chiunque costruisca giardini. Ai milanesi l’ultima parola.
– Helga Marsala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati