Archiviare l’architettura. Le sfide dell’era digitale
Torino sta per ospitare “Using Archives. Questioni sull’archiviazione contemporanea dell’architettura”, un’indagine sulla gestione documentale, condotta tra i progettisti italiani. Ne abbiamo parlato con una delle curatrici della giornata studio.
Dai disegni esecutivi su supporti cartacei alle animazioni video; dai modelli tridimensionali alla documentazione fotografica, sia analogica sia digitale: di pari passo con le evoluzioni tecnologiche, il cui susseguirsi impone ai professionisti dei settori design e architettura un aggiornamento costante, emerge anche l’urgenza di offrire risposte affidabili sui fronti della conservazione e dell’accessibilità degli elaboratori progettuali. Non si tratta, semplicemente, di garantire soluzioni per ovviare all’obsolescenza dei software, degli hardware e dei supporti utilizzati per la memorizzazione o di continuare a destinare cura e tutela ai fondi dei Maestri della storia dell’architettura. Lo sforzo da compiere è incrementare il livello di consapevolezza degli addetti al settore in merito alle insidie e alle potenzialità di questo specifico ambito. Su tale argomento si concentra la giornata studio Using Archives. Questioni sull’archiviazione contemporanea dell’architettura, in programma martedì 23 maggio al Politecnico di Torino – Castello del Valentino. Nato da un’idea di Based Architecture e sviluppato in collaborazione con l’Ordine Architetti di Torino, con il Politecnico di Torino e con Anai Piemonte, l’appuntamento sarà contraddistinto dai contributi di specialisti, chiamati anche a chiarire gli orizzonti che potranno aprirsi per la formazione, la gestione e la conservazione degli archivi digitali. Abbiamo incontrato l’architetto Lucia Bosso, coautrice con l’archivista Chiara Quaranta del programma Using Archives.
L’INTERVISTA
Dalle vostre esperienze di ricerca che hanno preceduto USING ARCHIVES emerge che gli archivi di architettura siano a un punto di svolta, anche in relazione alla prevalente produzione digitale. Nessuno di noi, tuttavia, può prevedere quali formati saranno leggibili e quali saranno i supporti di cui disporremo nel prossimo futuro. Quali rischi si legano al tema dell’archiviazione?
Il primo rischio ha a che fare con la percezione del termine. Nella progettazione, “gestione documentale” spiega più correttamente l’essenza della parola “archivio”, spesso intesa come luogo remoto di deposito, anche mentale. Nel contesto digitale ha poco senso distinguere il momento di creazione dei materiali da quello di archiviazione, che non è più conseguente alla produzione, ma coincide con essa. In questo senso, è richiesto ai progettisti di essere i primi autori del proprio archivio. Un altro rischio è dato dalla fragilità e dalla limitata accessibilità nel tempo che un sistema informatico presenta rispetto ai supporti materici. La buona gestione del digitale ha ragioni, prima che storiche, di organizzazione interna allo studio. Con il rischio, se questa non esiste, di complicazioni serie – irreperibilità dei file, invecchiamento dei software –, che possono condurre fino alla perdita di dati.
Quindi quali strategie si possono quindi mettere in campo? Anche in considerazione del fatto che le metodologie di rappresentazione di un decennio fa risultano ormai superate…
La strategia per i professionisti – che appare banale, ma poi è applicata da pochi – è la messa a punto di un manuale di pratiche d’uso e manutenzione di strumenti e supporti informatici. Così si garantiscono la giusta gestione del patrimonio corrente e la possibilità di accesso e acquisizione dall’esterno. Invece, per le istituzioni devote al tema, la scelta strategica è l’aggiornamento continuo sull’argomento: la conoscenza di software e metodologie di archiviazione dev’essere la prassi per prospettare metodi e strumenti di accesso e reperibilità ai dati uniformati e condivisi.
A quali best practices, anche messe a punto in una sfera internazionale, dovremmo guardare con interesse?
Senza dubbio l’Het Nieuwe Instituut di Rotterdam. Ha orientato la missione sulla produzione digitale, intraprendendo operazioni rivolte alle implicazioni delle tecnologie sulla produzione del progetto. Una per tutte, il trasferimento di parte dell’archivio digitale di MVRDV, episodio che segna la prima acquisizione di materiali non cartacei da parte di HNI: diventa un esempio cruciale per tutte le istituzioni che si occupano di patrimonio digitale. Tra gli aspetti dell’operazione, mi ha colpito – come mi spiegò Suzanne Mulder, responsabile dell’acquisizione, in un’intervista concessa qualche tempo fa – l’evidenza di quanto la tipologia digitale dei documenti incida sul comportamento gestionale degli stessi, rendendo fondamentale la collaborazione tra studio e istituzione per definire insieme la soluzione efficace, sia sul fronte della consultazione che su quello della conservazione.
Un caso che vale la pena citare sul fronte nazionale?
Tra i professionisti italiani, menziono Mario Cucinella. Recentemente ha partecipato al Forum annuale promosso da AAA – ARCHIVI 2.0_Archiviare il progetto: professionisti, istituzioni, imprese, focalizzando da subito il problema. Archivio significa corretta gestione del proprio patrimonio, per questo è un ambito da affrontare in modo pragmatico, affinché non rischi di rivelarsi un ostacolo innanzitutto interno allo studio. E sono certa che dal prossimo sviluppo di USING ARCHIVES emergeranno ulteriori buoni esempi da citare.
– Valentina Silvestrini
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