Biennale Architettura in 10 padiglioni nazionali. Le immagini
Dalla terrazza temporanea del Regno Unito all’evocazione delle stazioni ferroviarie russe; dal restauro del padiglione canadese alla “prateria” australiana: una panoramica dai Giardini.
Salire verso l’alto; oltrepassare, gradino dopo gradino, la dimensione fisica degli storici padiglioni nazionali; concedere ai visitatori la vista di un nuovo orizzonte e la possibilità di sperimentare, in prima persona, uno “spazio libero” fin qui sconosciuto: ai Giardini della Biennale, in occasione di Freespace, è questa la strada proposta da Regno Unito e Ungheria. Nel caso del chiacchieratissimo Island, una terrazza – piazza progettata da Adam Caruso e Peter St John sovrasta il vuoto dello spazio espositivo canonico e apre viste panoramiche sulla Laguna. Premiato con la Menzione Speciale, il padiglione britannico definisce un luogo “di esilio e di rifugio”, ma incline all’incontro e allo scambio. Nel secondo caso – Liberty Bridge. New Urban Horizons – la forza e chiarezza narrativa con cui viene raccontata la temporanea occupazione da parte dei cittadini di Budapest di uno dei ponti cittadini sul Danubio, chiuso al traffico per lavori, è accompagnata da un’installazione che permette di esplorare l’edificio come mai prima d’ora.
TRA NATURA EVOCATA E PRESENTE
Modalità espositive più consuete caratterizzano gli allestimenti dei padiglioni Spagna, vincitore nel 2016 del Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale, Stati Uniti, Francia e Germania. Con Unbuilding Walls, quest’ultimo Paese ricorre alla densa successione di pannelli dall’aspetto ambivalente, conseguendo un risultato di minore efficacia visiva rispetto al 2016. Oltre a rispondere al tema Freespace con una mostra, l’appena restaurato padiglione Canada libera la propria storia, ripercorrendo una vicenda progettuale che porta la firma dello studio italiano BBPR. In Svizzera 240: House Tour, cui va il Leone d’Oro 2018, l’esperienza di visita di una successione di interni domestici, privi di arredi, ma costantemente mutati nella scala dimensionale, genera un labirinto irriverente; nel padiglione Paesi Nordici, la ricerca dell’Another Generosity, tra natura e ambiente edificato, finisce per amplificare (ulteriormente) l’eterna poesia dell’opera di Sverre Fehn. In Station Russia, tra cataste di valigie vintage e “binari ferroviari” che si inerpicano sulle pareti, divenendo cornici per pannelli espositivi, non manca neppure lo schermo – finestrino nel quale contemplare distese di ghiaccio siberiane. Rimanda invece a verdeggianti – e fragili – paesaggi australiani, Repair, il terzetto di installazioni – attenzione a restare sufficientemente a lungo, fino a vedere con il ciclo di proiezioni e le variazioni illuminotecniche proposte nel soffitto – con cui l’Australia, dopo la piscina, proposta nel 2016, concede al pubblico soprattutto un luogo di sosta e contemplazione.
–Valentina Silvestrini
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