Frank Lloyd Wright, l’Italia e l’architettura. A Torino
L’ultimo soggiorno in Italia del famoso progettista del Guggenheim Museum di New York gli era valso un incarico a Venezia. Ma non se ne fece mai nulla per l’ostilità a una nuova architettura in un contesto storico. Prende in esame anche questo episodio la rassegna a lui intitolata dalla Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli a Torino.
Tutti conoscono Frank Lloyd Wright (Richland Center, 1867 – Phoenix, 1959) come artefice di una delle più importanti architetture del XX secolo, il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, ma pochi conoscono il suo rapporto con l’Italia. Un legame che nasce nel 1909, quando soggiorna a Firenze e a Fiesole per diverso tempo. Qui termina i disegni per la pubblicazione delle Prairie Houses, case progettate a Chicago e dintorni, caratterizzate da piante aperte, tetti piani, finestre a nastro e decorazione astratta in sintonia con la piatta natura circostante delle praterie del Midwest e punto di partenza della sua carriera, negli Stati Uniti e in Europa. E si conclude sempre nella stessa città toscana nel giugno 1951, verso la fine del suo lungo cammino professionale, quando Wright trascorre parecchie settimane nel Belpaese per promuovere la “mostra italiana”, come la chiamava lui stesso, allestita a Palazzo Strozzi, con quasi novecento disegni e sedici modelli a sottolineare le sue teorie sull’architettura organica: un’alternativa alla sterilità che permeava il modernismo europeo.
LA MOSTRA
Il percorso espositivo di Frank Lloyd Wright tra America e Italia ‒ presentato dalla Avery Architectural & Fine Arts Library, Columbia University, in collaborazione con la Miriam & Ira D. Wallach Art Gallery, Columbia University presso la Pinacoteca Agnelli di Torino ‒ attraverso fotografie, cataloghi, litografie e disegni originali, si apre e si chiude nello stesso modo; incarnando le idee di un’architettura organica in armonia con la natura che i più eminenti progettisti, critici e storici italiani, come Bruno Zevi, Giuseppe Samonà, Giancarlo De Carlo e Carlo Scarpa, assoceranno sempre agli ideali democratici di libertà e individualità. Una fascinazione tanto forte che procurerà all’architetto americano un incarico nel Belpaese. L’allestimento essenziale e misurato della mostra si conclude, infatti, con un approfondimento sull’unico progetto ‒ mai realizzato – ideato da Wright per l’Italia: il Masieri Memorial (1951-55), pensato per il Canal Grande di Venezia. Un progetto nato al fine di commemorare uno dei suoi discepoli italiani, Angelo Masieri ‒ morto tragicamente in Arizona mentre stava completando un grand tour dell’America per lavorare con il maestro americano ‒ e che, nella combinazione di modernismo e di forme e materiali tradizionali veneziani, era un vero e proprio saggio sugli scambi culturali tra Wright e l’Italia.
‒ Claudia Giraud
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