Un nome, quello di Eugène Boudin (Honfleur, 1824 – Deauville, 1898), spesso dimenticato dal grande pubblico appassionato di Impressionismo. Ma è proprio Boudin, prima di Claude Monet, prima di Camille Pissaro e Alfred Sisley, a sfidare la tradizione pittorica spostando il cavalletto dallo studio all’aria aperta dei meravigliosi paesaggi della Normandia e di Le Havre, almeno nel suo caso.
Qualcuno potrebbe argomentare che un intervento simile era già stato avviato dalla Scuola di Barbizon in cui, appunto, il soggetto principale è lo spazio paesaggistico e le campagne popolate da contadini e animali da pascolo. Boudin, però, non sembra essere orientato verso un’espressione realista/romantica così come gli esponenti della Barbizon, quanto ai mutevoli effetti della luce. Le meraviglie naturali, le campagne, le spiagge e quant’altro, a metà Ottocento, prendono vita sulla tela del pittore attraverso l’abbandono dei contorni logici e ben delineati, così come delle rassicuranti pennellate applicate con precisione, strato dopo strato, asciugatura dopo asciugatura, per mantenere la brillantezza del colore e la resa di dettagli minuti e ben proporzionati.
Il distacco da questo approccio pittorico risulta perciò nella resa di un mondo catturato in un’immagine meno statica di un solo momento, quanto piuttosto quello di uno spazio in movimento percepito intorno all’osservatore e che il pittore raffigura grazie a linee scomposte, dinamiche, pennellate accennate, sbavature di colore denso applicato su altri strati di pittura ancora fresca in cui è la luce e l’effetto ottico che produce sulla materia, a diventare il vero soggetto delle tele. Di conseguenza anche i dettagli fisici vengono trascurati e sostituiti con lineamenti approssimati.
Nel tempo, le tele di Boudin diventano “ripetitive”, per così dire, ossia tendenti a rappresentare gli stessi soggetti ma secondo variazioni legate alle ore del giorno, delle stagioni e del clima. Tra questo genere di tele ci sono, ad esempio, Plage aux environs de Trouville (1864) o Concert au casino de Deauville (1865) Questo esercizio costante di dipingere la borghesia in attività di svago rappresenta la maggiore produzione dell’artista soprattutto verso la fase matura del suo lavoro, intorno agli Anni Settanta dell’Ottocento. I luoghi principali sono le spiagge e le nuove strutture ricreative nelle quali il circolo di benestanti si ritrova.
La rassegna quindi mette in mostra proprio questo percorso di Boudin che dall’osservazione semi-ravvicinata della classe abbiente sembra, negli anni, distanziarsi dal soggetto umano, ampliando il raggio d’osservazione e abbassando nello stesso tempo la linea dell’orizzonte. In pratica sembra allontanarsi e spostare lo sguardo leggermente verso l’alto. Il risultato è magnificente come appare evidente in lavori quali Scène de plage (1896) in cui a dominare la tela è un cielo infuocato dal rosso e l’arancione di un tramonto estivo, o Deauville (1888) e Marée montante à Deauville (1894) che sono stati dipinti pressappoco secondo lo stesso punto di vista, sullo stesso tratto di spiaggia ma in due momenti diversi riflettendo perciò luce e cieli diversi quasi come fossero due paesaggi distinti. Questa metamorfosi costante dunque, è proprio l’elemento che contraddistingue il lavoro di Eugène Boudin a cui farà riferimento, in particolare, l’amico Monet nella serie di dipinti della cattedrale di Rouen tra il 1892 e 1894. È proprio Monet che a qualche anno di distanza dalla morte di Boudin dirà che lo considerava il suo maestro, il re dei cieli.
Leonardo Proietti
Parigi // fino al 22 luglio 2013
Eugène Boudin
MUSÉE JACQUEMART-ANDRÉ
158 boulevard Haussmann
+33 (0)1 45621159
http://www.musee-jacquemart-andre.com
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