Una delle certezze dell’estate londinese, la Summer Exhibition è ancora oggi un obiettivo prestigioso per ogni artista che si rispetti. Ma nella Londra del primo Ottocento la mostra annuale della Royal Academy era il culmine di un anno di duro lavoro: poteva consacrare un artista. O distruggerlo. In quest’atmosfera così competitiva, i pittori non esitavano a ricorrere a ogni sorta d’inganno per ottenere un vantaggio. Ne sanno qualcosa William Turner (Londra, 1775 – Cheyne Walk, 1851) e John Constable (East Bergholt, 1776 – Londra, 1837), che nel 1832 videro le loro tele esposte una a fianco all’altra.
Immaginate Turner che osserva preoccupato Constable applicare gli ultimi ritocchi di rosso al suo imponente The opening of the Waterloo bridge. Accanto alla vibrante tela del rivale, il suo Helvoetsluys sembra piatto e monotono. E allora abbandona la sala in tutta fretta per poi ritornare pochi minuti dopo con la sua tavolozza e piantare una pennellata di rosso fiammeggiante sul grigio del mare. La macchia diventa una boa ondeggiante nelle acque del porto. Un gesto che trasforma un altrimenti banale paesaggio marino in un capolavoro. E che farà esclamare allo sgomento Constable: “È stato qui, e mi ha tirato una fucilata”. Inutile dire che la mostra fu un fallimento per Constable e un successone per Turner. Se i due non si detestavano già, quello fu il momento in cui iniziarono.
Nati a un solo anno di distanza, questi due giganti del paesaggio britannico sono diversi per fisico e per temperamento. Personaggio eccentrico e solitario, Turner è l’ambizioso figlio di un barbiere di Covent Garden, determinato a diventare un pittore grande come Claude Lorrain. Basso, rozzo e grassoccio, non si sposò mai, preferendo la compagnia dei suoi pennelli a quella di altri esseri umani. L’esatto opposto di Constable (bello, elegante, raffinato, marito e padre felice) che, nato in una famiglia della ricca borghesia di campagna della contea del Suffolk e destinato a una carriera nell’azienda di famiglia, si scopre pittore quasi per caso.
Ciò che li accomuna – oltre al fatto di aver entrambi studiato alla Royal Academy (anche se Turner ne diventa membro a tutti gli effetti nel 1802, a soli ventisette anni, mentre Constable deve aspettare i cinquantatré) e che entrambi non sembrano essere in grado di rappresentare la figura umana – è il modo in cui guardano al paesaggio cercando di catturarne lo spirito anziché l’esatta topografia. Turner si concede enormi licenze poetiche per trasmettere uno stato d’animo; Constable si sforza di raccontare la natura così come la vede. Veduta emozionante versus veduta emozionata, direbbe Argan. Ma chi ha ragione?
Quella sul chi sia il più grande paesaggista britannico è una diatriba vecchia di centocinquant’anni, che proprio in questo periodo è stata rinvigorita da due grandi mostre proposte dalla Tate Britain e dal Victoria and Albert Museum. Certo, se Constable era l’eroe di Lucien Freud, quando si è trattato di scegliere tra i due artisti, il regista Mike Leigh non ha avuto esitazioni: al contrario di quella di Constable, la vita di Turner fu un continuo tumulto di passioni, esperienze, viaggi e incontri. Un perfetto soggetto per un film, insomma. E visto il successo che il film Mr Turner sta riscuotendo al botteghino, il grande pubblico pare ancora dargli ragione.
Paragonati a quelli di Turner – che rischiava la morte scalando le Alpi per creare gli spettacolari acquerelli amati dai suoi numerosi acquirenti in patria – i semplici paesaggi di Constable sembrano soggetti modesti e provinciali. Turner viaggiò molto e molto lontano, visitando la Germania, la Danimarca, l’Italia, la Francia e la Svizzera, mentre Constable non lasciò mai l’Inghilterra: il suo universo era nella campagna del Suffolk, nelle colline di Hampstead e nel cielo che li copriva.
“Turner è il mago, Constable il tecnico”, concede Mark Evans, il curatore di Constable: The Making of a Master,la grande mostra del Victoria and Albert Museum. Ma “paragonare Turner e Constable è come paragonare Mark Rothko a Lucian Freud”. Impossibile.
Come Jane Austen, Constable ha l’innata capacità di vedere il grandioso nel quotidiano, ma come per la sua celebre contemporanea, proprio la quieta bellezza della sua arte lo ha relegato all’ombra di più drammatici rivali. Una lettura semplicistica che il V&A è deciso a riesaminare, affiancando i capolavori dell’inglese a quellidei maestri che lo hanno ispirato – da van Ruysdael a Thomas Gainsborough, da Claude Lorrain a Canaletto – per dimostrare che in Constable-artista c’è molto di più di un semplice gentiluomo di campagna che dipinge graziosi paesaggi. Ma la vera anima di Constable è nei piccoli schizzi a olio che brillano sulle pareti della mostra: non rovine romantiche o epiche storie, ma la spiaggia bianca di Brighton, prati verdi e nuvole. Soprattutto nuvole, che l’artista disegna in modo ossessivo, documentando la direzione del vento, della luce e l’ora della giornata. Resi con larghe pennellate cariche di colore, questi schizzi su cartasono opere straordinarie, spesso molto più espressive delle grandi tele finite. Qui Constable oltrepassa un invisibile confine pittorico ed entra nel mondo di Turner.
Late Turner – Painting Set Free comincia nel 1835, quando Turner ha sessant’anni e si concentra sulle opere prodotte negli ultimi quindici anni della sua carriera. L’obiettivo? Sfatare il mito che, negli ultimi anni della sua lunga vita, la mano di Turner non fosse più la stessa, dimostrando come proprio alcune delle sue opere più audaci furono create tra il 1835 e il 1850. Un periodo di eccezionale energia e vigore creativo per l’artista, ma anche molto difficile, in cui il suo declino fisico va di pari passo con quello della sua fama. Attaccato dai critici, offesi dalle sue stravaganze pittoriche, Turner trova tuttavia nella ricca borghesia vittoriana di John Ruskin una nuova generazione di ammiratori che vede nella sua opera un inno alla modernità. Come Constable, è affascinato dal cielo, meglio se luminoso come quello di Claude Lorrain, e la gloriosa eredità del francese si riflette nella luce iridescente del porto al tramonto di Regulus (1828 e 1837)o dell’orizzonte infuocato di The Fighting Temeraire (1839). Ma, al contrario del rivale, Turner di rado dipinge all’aperto, e anche quando lo fa, le città e i luoghi dei suoi dipinti sembrano spesso lontani dalla realtà.
Sperimentazione estrema o una brutta cataratta (come alcuni sostengono) che gli ha offuscato la vista? In qualsiasi modo lo si veda, il mondo di Turner non cessa di ammaliare. E quanto più i suoi ultimi quadri anelano alla libertà dalle costrizioni della materia, tanto più sembrano allontanarsi dal mito che lo vuole precursore dell’Impressionismo: non perché non sia vero (basta guardare The Blue Rigi perché la mente vada agli strati di velature delicate di Impressione. Levar del sole di Monet), ma perché è grazie alla rivoluzione pittorica di Constable che l’opera di Monet e compagni ha potuto svilupparsi.
E allora, luce e dramma o la quieta bellezza della natura? L’autodidatta pittore di città o il gentiluomo di campagna? L’innovatore o il conservatore? In breve, chi è il più grande paesaggista britannico?
Paola Cacciari
Londra // fino al 25 gennaio 2015
Late Turner: Painting Set Free
a cura di Sam Smiles con David Blayney Brown ed Amy Concannon
TATE BRITAIN
Millbank
+44 (0)20 78878888
[email protected]
www.tate.org.uk
Londra // fino all’11 gennaio 2015
Constable: The Making of a Master
a cura di Mark Evans
VICTORIA AND ALBERT MUSEUM
Cromwell Road
+44 (0)20 79422000
[email protected]
www.vam.ac.uk
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