Juan Muñoz all’Hangar Bicocca. Simbiosi dell’impenetrabilità
L’attivazione di spazi intermedi rievoca la complessità narrativa di un artista alla ricerca dell’illusione. Quindici opere, da “The Wasteland” a “Double Interior”, occupano la navata centrale dell’Hangar Bicocca. In una mostra dall’anima doppia e dallo statuto monumentale.
“Quando Juan inaugurò nel 2001 ‘Double Bind’, installazione realizzata per la Turbine Hall della Tate Modern”, rimarca Vicente Todolí, “non ero ancora direttore dell’istituzione londinese e nemmeno avrei immaginato, un giorno, di diventarlo. Lui era semplicemente un mio amico e io lavoravo a Porto, alla Fundação de Serralves. Non appena, però, ho visto la sua installazione, ho capito immediatamente che quella sarebbe stata la usa Cappella Sistina, la sua opera totale”. Con queste parole di introduzione prende avvio Double Bind & Around, il percorso più esteso mai dedicato a Juan Muñoz (Madrid, 1953-2001) dalla sua scomparsa.
I fari biancastri accesi alla massima potenza creano un manto di ombre teatrali che accompagnano con costanza i 5.300 mq di HangarBicocca dedicati all’artista spagnolo. Il percorso curato da Todolí propone l’intersecarsi di quindici opere, con oltre cento figure scultoree, includendo anche una cortina dipinta a proscenio, assieme ai suoi lavori più rilevanti, tra i quali, in ordine di apparizione: The Wasteland (1986), Waste Land (1986), Ventriloquist Looking at a Double Interior (1988-2000), Conversation Piece, Dublin (1994), The Nature of Visual Illusion (1994-97), Many Times (1999) e diversi Conversation Piece, gruppi scultorei sviluppati dai primi Anni Novanta.
Grazie allo studio ingegneristico e architettonico di CO3, Todolí ha potuto allestire una mostra che non rievoca e nemmeno cita rigorosamente Double Bind, mai più esposta dal 2001; ma ne incorpora e ne estende la presenza formale. Double Bind & Around, infatti, si ripropone piuttosto come un dispositivo monumentale, un mondo di mondi della finzione. Un monologo atto a ricostruire un racconto intimo della solitudine che attraversa qualsiasi figura, o qualsiasi gruppo individuale, dalle sembianze umane. Tra acrobati, ventriloqui, ballerine, nani solitari e reietti ridanciani che con la loro voce portano la parola stessa, e dunque il linguaggio umano, ad ascoltare il silenzio della profondità.
Sebbene il percorso presenti un portamento retrospettivo, prevale lo studio della figura umana e l’ambiguità sardonica, illusoria dei pupazzi di bronzo, così come delle controfigure in resina di poliestere. L’itinerario, infatti, prende avvio con The Wasteland (1986), formata da un pavimento optical e dal pupazzo di un ventriloquo poggiato su una mensola, Waste Land (1986), dove un altro pupazzo da ventriloquo è collocato su un muretto, come un’antica divinità a protezione di qualsiasi passaggio attraverso una soglia. Ma l’universo di Muñoz mostra il suo reale, doppio legame con l’illusione, nello spessore sospeso dei metri quadrati che precedono il Cubo (all’interno del quale è stato inserito Many times, del 1999). Lì dove carotaggi in profondità rivelano l’insondabilità della vita di superficie (Double Bind, 2001).
Ginevra Bria
Milano // fino al 23 agosto 2015
Juan Muñoz – Double Bind & Around
a cura di Vicente Todolí
HANGAR BICOCCA
Via Chiese 2
02 853531764
[email protected]
www.hangarbicocca.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/43402/juan-munoz-double-bind-around/
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