Alma Viva, il Festival Internazionale della Cucina Italiana d’autore. Intervista a Gualtiero Marchesi
Lo chef degli chef, un maestro del gusto e della cultura culinaria italiana. Gualtiero Marchesi è un mito del settore, da sempre innamorato anche dell'arte contemporanea; lo abbiamo incontrato in occasione del Festival di Alma, la sua scuola internazionale di alta cucina, a Parma
Servizio di Federica Polidoro
Produzione: Artribune Television
Nell’ambito delle eccellenze italiche un nome che si distingue in ambito culinario è senza dubbio quello di Gualtiero Marchesi. Meritevole di aver sdoganato la ristorazione italiana, liberandola dalla vecchia patina regionale e riportandola all’attenzione internazionale, Marchesi è riconosciuto universalmente come il capostipite della Nuova Cucina Italiana, nonchè l’unico a poter vantare l’immediata riconoscibilità di almeno una dozzina di piatti di propria concezione, come il Dripping di Pesce, il Raviolo Aperto o lo stranoto Riso e Oro, ragione di vanto nazionale all’estero.
Noto anche per la sua sensibilità artistica, fin dagli esordi dedica molta attenzione al rapporto tra cibo e arte, ispirandosi per gli accostamenti a seducenti sinestesie sensoriali: risultati compositivi dall’ alto impatto visivo, giocati su contrasti che si risolvono in armonie palatali. Un atteggiamento che negli anni ha dato vita a creazioni come l’Uovo al Burri, le Acrome di Branzino (Piero Manzoni), il risotto mantecato al profumo di tartufi bianchi e… neri (Hsiao Chin).
Nei giorni scorsi si è tenuto il Festival Internazionale Alma Viva, presso la splendida sede del palazzo Ducale di Colorno, a pochi chilometri da Parma, con tre giorni di grande festa in cui si sono concentrate attività disparate, dalla degustazione di vini e formaggi di alto livello, allo street food internazionale, passando per le cene di gala in cui non è mancata l’attenzione per l’arte, tra una serie di concerti e ospiti come Philippe D’Averio ed Ermanno Olmi.
Oggi, Gualtiero Marchesi è infatti Rettore de l’Alma, la più prestigiosa e autorevole scuola di cucina Italiana nel mondo, situata nel cuore della Food Valley Italiana. La scuola mette a disposizione dei suoi studenti un corpo docente iper qualificato, con alcuni tra i migliori cuochi e pasticceri al mondo, oltre a grandi conoscitori dei prodotti alimentari italiani ed accreditati esperti in nutrizione, igiene degli alimenti, storia della cucina e del vino.
L’offerta? Quattro corsi tecnici legati alla cucina e alla pasticceria, un master in manager della ristorazione, corso e master da sommelier nella sezione Wine Academy e partenership worlwide con le più prestigiose scuole di cucina internazionali, dal Messico a Hong Kong, all’Australia, alla Malesia, all’India, senza citare l’International Culinary Center di New York, l’Italian Culinary Institute di Seoul, il George Brown College Chef School di Toronto e un’altra decina di sedi sparse in tutti gli angoli del globo.
Da due anni poi è nata anche la Fondazione Marchesi col preciso intento di “custodire e valorizzare il sapere”, per la diffusione “del bello e del buono”. approfondendo le ispirazioni artistiche fondamentali per la cucina creativa.
Noi abbiamo partecipato alla prima serata di gala dal titolo Gli Anni Verdi di Marchesi, dove si sono susseguite sei portate “musicali” scandite da ritmo e ironia e servite da un’equipe, neanche a dirlo, impeccabile.
Durante la kermesse anche la presentazione del progetto Worldwide Cuisine, un innovativo sito web di carattere enciclopedico dedicato alla conoscenza delle cucine del pianeta, che raccoglierà ricette, nomi di chef, ristoranti e prodotti delle cucine di tutto il mondo. Un’idea firmata ALMA in collaborazione con le scuole del network internazionale, incaricate di curare le sezioni dedicate ai vari paesi di rappresentanza. Uno strumento pensato in vista dell’importante appuntamento con l’Esposizione Mondiale di Milano 2015, il cui titolo e tema è “Feeding the Planet, energy for life.” Durante la serata abbiamo incontrati lo Chef degli Chef, un uomo affabile e gentile, di grande statura morale e slancio affettivo, per cui l’appellativo di “Maestro”, che echeggiava tra i corridoi della Reggia, sembrava davvero il più azzeccato.
– Federica Polidoro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati