Dopo Saraceno anche Christo ha la sua bolla: ed è la più grande al mondo. Conto alla rovescia nella Ruhr per l’inaugurazione di Big Air Package, 180mila metri cubi d’aria in un etereo involucro di plastica
Suona come una involontaria ma intrigante sfida a distanza, giocata sul filo del vecchio adagio per cui le dimensioni – anche in arte, anche in questo caso – contano eccome. Metabolizzato il successo del lungo soggiorno all’Hangar Bicocca Tomàs Saraceno impacchetta la sua bolla interattiva sognando di trasferirla alle Maldive, nel miraggio di replicare in […]
Suona come una involontaria ma intrigante sfida a distanza, giocata sul filo del vecchio adagio per cui le dimensioni – anche in arte, anche in questo caso – contano eccome. Metabolizzato il successo del lungo soggiorno all’Hangar Bicocca Tomàs Saraceno impacchetta la sua bolla interattiva sognando di trasferirla alle Maldive, nel miraggio di replicare in quel contesto il tuffo straniante nella dimensione collettiva di On space time foam; gli fa eco, dal cuore della vecchia Europa, l’ultima monumentale installazione di Christo. Il nostro annuncia l’ormai imminente svelamento di quella che, numeri alla mano, dovrebbe essere una tra le più grandi sculture al coperto mai realizzate; in maniera pressoché inoppugnabile la maggior struttura di plastica ed aria mai costruita senza il sostegno di una infrastruttura metallica. Una bolla alta novanta metri, con un diametro di cinquanta e un volume di quasi 180mila metri cubi: un pallone – e l’accrescitivo è mai come in questo caso calzante – in fase di allestimento nel gasometro di Oberhausen, nella Ruhr, spazio industriale rinato come piattaforma per le arti (nel 2003 ha ospitato anche una personale di Bill Viola); lo svelamento chiude un lungo e laborioso progetto commissionato fin dal 2010. Il sipario su Big Air Package si alza venerdì 15 marzo, l’opera resta fruibile dal pubblico fino a fine anno: Christo promette effetti quasi olistici, per un immersione dagli echi uterini che prova a suggestionare con effetti sonori e luminosi. Un ritorno sul luogo del delitto per l’artista, a quindici anni pressoché esatti dall’installazione del programmatico The Wall: era il 1998 quando insieme alla compianta Jeanne-Claude montò all’interno dello stesso gasometro un muro costruito con 13mila barili di petrolio. Eloquente.
– Francesco Sala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati